Straub, Peter - Ghost story

Bobbi

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Ho scelto di leggere Ghost story perché era consigliato da King (il primo suggerimento seguito è stato per Shirley Jackson, La casa degli invasati). Straub non è un autore molto noto in Italia, e la notorietà di cui gode la deve principalmente alla stesura a quattro mani de Il talismano e La casa del buio con lo stesso King. Soprattutto il primo è un po’ diverso, io trovo, dal King “solista” e per questo mi sono accostata a questo corposo libro con un po’ di perplessità e una sottile vena di timore. Invece ho trovato un libro che, sorprendentemente, almeno nella prima parte sembrava quasi un King, sembrava cioè più kinghiano del semikinghiano Talismano. La cosa mi ha fatto un po’ sorridere e mentre, da una parte, mi ha ben disposto, dall’altra ha reso il paragone con King, sebbene un po’ assurdo e ingeneroso, inevitabile. E’ stato un processo che la mia mente ha fatto in modo automatico, senza che potessi evitarlo.
Ho letto un po’ di commenti e le critiche più frequenti erano due: che la storia sa di “già letto e già visto” e che la trama è molto confusa.
Per quanto riguarda la prima critica ci sono due cose da dire: la prima è che è un libro scritto nel 1979, quindi verosimilmente molte delle cose che il lettore percepisce come già viste sono però posteriori al romanzo; la seconda è che lo stesso King riporta, a quanto ricordo, che la precisa volontà di Straub era per l’appunto inserire una sorta di compendio della narrativa gotica americana, onde è del tutto naturale che ci siano elementi già presenti altrove.
Sulla presunta confusione della trama non posso che dissentire: secondo me la trama è complessa, non confusa. Ci sono due grandi momenti distinti: l’inizio del romanzo rappresenta i momenti prima della fine della vicenda; poi c’è il lungo flashback che descrive la genesi della situazione appena letta. L’ultima parte riprende l’inizio e contiene lo scioglimento della vicenda. All’interno della parte centrale, quella del flashback, ci sono ulteriori micro-flashback rappresentati da racconti e pagine di diario. Questa complessità della trama è invece uno degli elementi più positivi del romanzo.
Anche la scrittura è senza dubbio buona.
La storia è un racconto relativamente “classico” di mostri e fantasmi. Si sente l’eco fortissima di altri autori, per esempio c’è la ripresa quasi letterale del finale di Giro di vite di James (che ho letto di recente), inserita in uno dei racconti della Chowder Society, e naturalmente non è certo un plagio ma una precisa volontà dello scrittore.
Come ogni racconto gotico classico anche qui la vicenda viaggia sul doppio binario del male esteriore e del male interiore: fino a che punto il male proviene dall’esterno? Fino a che punto esso ha una forza oggettiva? Non è forse vero che il male trae alimento e forze dal male dentro di noi? E se il male, invece, fosse esclusivamente dentro di noi e quello esteriore una semplice proiezione? Qual è la verità? E se fosse solo pazzia?
Anche Straub ricorre al tema della florida piccola cittadina di provincia come palcoscenico, e una buona fetta della cittadinanza come orchestrali, sebbene non la dovizia di particolari e la maestria di King. Tuttavia è un esperimento ben riuscito.
Anche i personaggi sono ben tratteggiati, sebbene alcuni, ancorché protagonisti, rimangano un po’ in ombra rispetto ad altri. Non si possono non amare Ricky e Sears!
Mi ha lasciata un po’ perplessa il finale, che non sono neppure sicura di aver capito bene…a parte questo, un buon romanzo, un classico gotico che val la pena leggere.

(p.s. è la prima recensione che inserisco, spero di non aver fatto errori...)
 
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