Mendelssohn, Kurt - L'enigma delle piramidi

Zefiro

da sudovest
Le piramidi egizie sono uno degli argomenti più abusati che si possa immaginare, a dire: pubblicazioni di questionabile qualità in merito si ne trovano facilissimamente ed in quantità tali da render difficile distinguere non dico la pula dal grano ma finanche semplicemente l'imbattersi in qualcosa di semplicemente accettabile.

Perla rara quindi questo eccezionale ed interessantissimo saggio oltre che di scorrevolissima lettura “L’enigma delle piramidi” di Kurt Mendelssohn, che non era un egittologo ma un fisico delle bassissime temperature che deve la sua fama alla realizzazione della prima macchina per liquefare l' elio ed al fatto che fu tra i primi ad occuparsi di superconduttività.

Perché gli egizi si presero una briga del genere, accingendosi con inesplicabile continuità in un qualcosa di così ciclopico? La risposta, argomentata con lineare e scientifica semplicità è sorprendente: non erano tanto le piramidi in quanto tali ad interessare, ma la loro costruzione in sé, per precise ragioni politiche ed economiche.

Pregevolissimo insight sulla struttura politica, ideologica ed economica dell’antico egitto. Davvero brillante inoltre l’analisi del perché proprio di quella forma, nonché la descrittiva (e comprensibilissima) disamina critica delle tecniche realizzative dispiegate per porre in essere strutture così complesse e mastodontiche.

Le ultimissime righe del libro, che lasciano intravvedere quale siano poi le moderne piramidi, (cioè le nostre...) sono a parer mio di notevole spessore storico e filosofico

Consigliatissimo: 3,7/5.
 
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asiul

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Le piramidi e gli Egizi sono una mia (altra,ne ho innumerevoli) passione.:sbav:
Me lo sono già appuntato sull'agenda...
 

Zefiro

da sudovest
stralci dall'introduzione

Per completezza di recensione, riporto qui alcuni stralci tratti dall'introduzione del libro scritta da KM stesso. I grassetti su alcuni dei passaggi sono miei.

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"Questo libro tratta di una scoperta scientifica. Io, che ho dedicato la mia vita alla scienza, l’ho scritto e composto come avrei fatto per presentare qualsiasi altra scoperta. L'esperienza dello scienziato pone delle limitazioni, alle quali non è di solito costretto lo storiografo. Innanzi tutto, lo scienziato deve guardarsi dal pericolo sempre presente di accostarsi ai suoi argomenti con teorie preconcette, che egli poi espone per provarne la correttezza. Per fortuna, nel presente caso questo pericolo non ci fu affatto, semplicemente perché non possedevo alcuna teoria sull'argomento. (…)

La tesi presentata in questo libro è molto semplice. Le piramidi d'Egitto sono immensamente grandi, antichissime e — a detta di tutti — completamente inutili. Queste fantastiche montagne costruite dall'uomo, costituite nel loro insieme da più di venticinque milioni di tonnellate di calcare estratto da cave e con uno spazio interno assai limitato, furono innalzate in poco più di un secolo. Ciononostante, per quanto inutili esse ci possano apparire, devono essere state considerate estremamente utili dagli egizi, dal momento che essi, con una fatica incredibile, le costruirono. Nel corso della storia si fecero tentativi per spiegare la funzione delle piramidi come osservatori astronomici, granai, rifugi dalle inondazioni, luoghi in cui erano depositate profezie ispirate dalle divinità e perfino come opera di visitatori provenienti da altri pianeti.

L'evidenza archeologica, ad ogni modo, non lascia dubbi nel ritenere che le piramidi servirono come monumenti funerari degli antichi faraoni. Si discuterà più oltre se esse furono il luogo effettivo di sepoltura, come i più credono, o se fossero semplicemente dei cenotafi. Tutto ciò è, in ogni caso, di secondaria importanza per le nostre considerazioni. Rimane il fatto che tutti i ritrovamenti archeologici e letterari attestano l'esistenza di riti funerari e di una classe di sacerdoti dediti alle pratiche funerarie, in connessione con le piramidi. Sulla base di questa inevitabile conclusione, si doveva presumere che questa antica civiltà avesse mobilitato tutte le sue risorse e avesse convogliato l'intera manodopera disponibile per erigere niente di meglio che una gigantesca tomba reale. Tale assunto è reso ancora più difficile dal fatto che il periodo delle grandi piramidi fu relativamente breve e che, per molti secoli, sia prima che dopo, i faraoni furono sepolti con assai minore ostentazione e certamente con molto minor dispendio economico.

La nostra tesi è che la conclusione generalmente accettata, che le grandi piramidi siano cioè niente di più che tombe reali, può essere basata su un sottile errore logico. Ammettendo senz'altro che le piramidi servirono come mausoleo reale, ciò non significa necessariamente che questo fu il solo scopo della loro costruzione. Infatti, questo non fu probabilmente neppure lo scopo principale. E la scoperta di tale scopo principale è il soggetto di questo libro. (…)

Trattando delle piramidi d'Egitto, è inevitabile che il pensiero si rivolga anche alle grandi piramidi che furono costruite nell'America centrale. E abbastanza singolare che il tipo di sviluppo della piramide in Messico sia strettamente parallelo a quello avvenuto in Egitto. Anche qui ci troviamo di fronte a un primo periodo relativamente breve, nel quale furono erette gigantesche piramidi, preceduto e seguito da strutture alquanto più modeste. La nostra conclusione tenderà a chiarire le ragioni di somiglianza tra la costruzione di queste enormi piramidi e quelle innalzate in Egitto. Le sole differenze sono, innanzitutto, che la piramide egiziana ebbe la funzione di tomba mentre quella messicana servì per compiere sacrifici umani e secondariamente che le epoche di questi due tipi di piramidi sono separate tra loro da due millenni e mezzo. Fortunatamente ho avuto diverse occasioni di studiare le piramidi nella Valle del Messico e nello Yucatan prima di aver visto una piramide egiziana. In appendice c'è quindi un capitolo sulle piramidi nell'America centrale e sul loro rapporto con la nostra tesi generale (…)

Come molte storie poliziesche, anche questa ha inizio da una vacanza esotica. Dopo aver passato parte dell'inverno 1964-65 all'Università di Kumasi, nel Ghana, mia moglie e io pensammo che una breve vacanza al Cairo poteva facilitare il passaggio dal clima caldo-umido dell'Africa occidentale a quello invernale inglese. Avevamo viaggiato attraverso l'Egitto diversi anni prima e di tutti i tesori visti e i luoghi visitati, le piramidi avevano esercitato su di me un fascino particolare. Non mi interessavano né la loro antichissima età, né la loro dimensione, ma la combinazione dei due aspetti. Qui, quasi ai primordi della nostra civiltà, l'uomo aveva eretto una serie di monumenti così giganteschi che mai in seguito si tentò di realizzare, nella nostra orbita culturale, nulla di neppure vagamente simile alla loro grandezza. Pensai improvvisamente che qui, nella pianura desertica prospiciente il Nilo, l'uomo si era dato alla sua prima avventura tecnologica su vasta scala. Poiché non esisteva alcun archetipo, l'organizzazione del lavoro deve essere stata superba, per permettere di raggiungere con successo questo sorprendente risultato. Che cosa c'era dietro tutto questo e come fu ideato l'intero progetto? (…) "

KM, L'enigma delle piramidi
 
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