Zefiro
da sudovest
Quintet, di Robert Altman, 1978. Film di fantascenza che si sviluppa nella media parte come un giallo.
Cast d’eccezione Fernado Rey, Paul Newman e Vittorio Gasman.
In un lontano ed imprecisato futuro dove l’umanità è in bilico sulla sua fine, non più capace di guardare oltre, di immaginare un qualsiasi domani, finanche di riprodursi dopo una tremenda glaciazione. La società è divisa in caste ed ai suoi vertici si trovano i giocatori di Quintet, gioco da tavolo ed al contempo ritualizzazione della violenza fine a se stessa dove l’unica cosa che conta è vincere e sopravvivere.
Il Quintet è metafora e quindi incarnazione dell’umano esistere cioè, nella cruda visione altmaniana, del nulla, se non di quell’ultimo brivido che è capace di dare l’esser sfuggiti, ancora una volta, alla morte.
Bella la trovata tecnica di sfumare i bordi i del campo visivo, come se oltre non ci fosse ormai nulla da vedere.
Resta l’imponderabile, o meglio, un segno che l’imponderabile, qualunque cosa sia, forse può accadere. Accorgersi, metaforicamente nel film, di dove volano le anatre, e la forza di seguirle: forse una speranza è ancora possibile.
Ritmo lentissimo, specie nella prima parte, poi prende quota e trasporta via in questo futuro freddo sicuramente, lontanissimo non saprei.
Consigliato 3,6/5
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dal dialogo Gasman (Sir Cristopher) / Newman (Essex)
GSC: Amico... Non sentivo questo vocabolo da tempo!
NE: E cosa usate al suo posto?
GSC: Alleato
Cast d’eccezione Fernado Rey, Paul Newman e Vittorio Gasman.
In un lontano ed imprecisato futuro dove l’umanità è in bilico sulla sua fine, non più capace di guardare oltre, di immaginare un qualsiasi domani, finanche di riprodursi dopo una tremenda glaciazione. La società è divisa in caste ed ai suoi vertici si trovano i giocatori di Quintet, gioco da tavolo ed al contempo ritualizzazione della violenza fine a se stessa dove l’unica cosa che conta è vincere e sopravvivere.
Il Quintet è metafora e quindi incarnazione dell’umano esistere cioè, nella cruda visione altmaniana, del nulla, se non di quell’ultimo brivido che è capace di dare l’esser sfuggiti, ancora una volta, alla morte.
Bella la trovata tecnica di sfumare i bordi i del campo visivo, come se oltre non ci fosse ormai nulla da vedere.
Resta l’imponderabile, o meglio, un segno che l’imponderabile, qualunque cosa sia, forse può accadere. Accorgersi, metaforicamente nel film, di dove volano le anatre, e la forza di seguirle: forse una speranza è ancora possibile.
Ritmo lentissimo, specie nella prima parte, poi prende quota e trasporta via in questo futuro freddo sicuramente, lontanissimo non saprei.
Consigliato 3,6/5
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dal dialogo Gasman (Sir Cristopher) / Newman (Essex)
GSC: Amico... Non sentivo questo vocabolo da tempo!
NE: E cosa usate al suo posto?
GSC: Alleato