Mi sembra che qui si stia solo tentando di smontare lo scritto, il mio de-pensiero scritto. Lasciamo pure da parte i salti logici, i sillogismi che non stanno in piedi. Qui la questione è un altra: o afferri (sei afferrato) da qualcuno dei significanti che malamente escono dalla tastiera, oppure no. Finora mi sembra la tua discussione sia fondata su attacchi formali. Prescindiamo dalla forma del linguaggio, dal quantificare le qualità.
I pensieri che mi hanno trovato non sono molti, e si fondano tutti su una questione piuttosto elementare: l'uomo è un bug evolutivo, una sorta di errore della natura, alla pari di certi batteri che producono (per necessità, e quindi per caso) i geni che portano all'estinzione della loro stessa specie.
L'uomo si distingue dagli animali in quanto fortemente autocosciente (non è il ragionamento che fa la differenza, pure alcuni animali inferiori "ragionano", certo prescindendo dalle forme (dis-forme) del linguaggio). L'identità è una conseguenza di tale autocoscienza, il riflettersi su se stessi. L'io è l'uomo allo specchio. Pure l'uomo è dotato di un cervello che ordina la realtà in cause conseguenze (per via della struttura chimico-fisica-elettrica del cervello). L'uomo è quindi naturalmente portato a finalizzare la realtà, l'azione, pure l'oggetto. Finalizzare se stessi è solo una conseguenza della natura del nostro cervello. Dall'io quindi passiamo al Dio come conseguenza della necessità teleologica che ci è propria. L'uomo è pure potenzialmente più-che-autocosciente, è in grado di vedersi dal di fuori (non più allo specchio). Vedi "es" Freudiano. In questi momenti, più che autocoscienti, si è in grado di vedere dal di fuori tutto il meccanismo di riflessione e finalizzazione di cui ti ho parlato. Si è anche in grado di capire che è un meccanismo assolutamente naturale, ovvero utile al perpetrarsi della vita umana. Si prende coscienza quindi della propria animalità umana. Fino a qui spero di essere stato abbastanza chiaro (ne dubito). Ora passiamo al passo successivo. L'uomo che si vede dal di fuori, può quindi misconoscere il valore assoluto, condiviso dell'identità e della deità, fuori da un contesto prettamente evolutivo strutturale. Io e Dio non sono altro che creazione, che sensazioni (dare senso) cui l'uomo è naturalmente portato. Il nostro cervello è per sua natura potato alla contraddizione, si figura un Io, un Dio ed è in grado di misconoscerne il valore (fuori dalla necessità della specie). Ma l'uomo è portato alle attribuzioni di valore, di senso (vedi qualche riga sopra). Quando queste cadono (l'uomo è pure in grado di vedersi dal di fuori) si è nella crisi, nel nulla del sé.
Bene e male non diventano altro che questioni di sopravvivenza (bene è ciò che è conveniente per sé e per gli altri...vedi non belligeranza, pace, male ciò che porta alla morte di un sé o del sé d'un altro...chi uccide ha buone probabilità di essere ucciso). Pure la morale perde il suo valore assoluto. C'è un’ ulteriore questione, che non sto qui a tentare di spiegare. La butto li come provocazione. Questa contraddizione fra il cervello che sensa la realtà e il cervello che potenzialmente può misconoscerne il valore non è adatta alla vita. Sospetto che l'uomo sia inadatto alla vita perché pur misconoscendo io e dio, non può rinunciarvi. Anche l'ateo più convinto in un momento di dolore lancinante prega Dio perché finisca. Anche il più efferato misconoscitore dell'identità non può che riferirsi a sé e agli altri adoperando questi termini. Primo perché sono propri della struttura del nostro cervello, secondo perché sono parte del linguaggio (altra mega-cazzata-che ci fotte di brutto) che si usa continuamente. Perché l'uomo è inadatto alla vita?...perché quando si imbatte nel non-senso (ed è brutto davvero, per questo tutti fuggono da tali considerazioni e vi sono fastidiati) non può che misconoscere il valore della sua stessa intelligenza, dell'io, di dio, del valore di un qualsiasi progetto, di una qualsiasi morale-etica fuori dalla mera convenienza animale (non esiste libero arbitrio...chi avesse la possibilità di essere onnisciente anche solo per un istante, conoscerebbe subito tutto il passato e tutto il futuro dell'universo...vedi determinismo-materialismo. Non come un veggente ma come colui che conosciute tutte le cause prevede ogni conseguenza)...So che non mi sono spiegato bene, il discorso è molto complesso. Ad ogni modo un paio di considerazioni alla portata di tutti possono aiutare: L'uomo sta distruggendo il proprio ambiente, e sarà l'unica specie ad auto estinguersi... Si tende alla morte, e non è una considerazione spazio-temporale, è una conseguenza dell'immane idiosincrasia che ci pervade.