Zille,Luisa - Eco

" Mi no so altro.
che sto inseminimento.
de tera dura.” *

Luisa Zille,
Eco.


*("altro non sono, che questo torpore,questo non comprendere, di terra indurita")
 
Ultima modifica di un moderatore:
"Al vento mi sbandoni
i verdi rami,leandro,
cussi' i me cavei grisi mi a la vita".*

L.Zille, "Leandro",da ECO.p.25


*(Al vento abbandoni/i verdi rami oleandro/cosi' i capelli grigi io alla vita")
 
Allora la riporto integralmente,se ti è piaciuta.
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Al vento mi sbandoni
i verdi rami,leandro,
cussi' i me cavei grisi mi a la vita.

Aria mogia me passa drento i ossi
rami marsi de piova
pensieri insenarii
ne la ombra.*
L.Zille

*(aria umida penetra nelle ossa/rami marciti nella pioggia/pensieri inceneriti/nell'ombra)
 
Opere di Luisa Zille

-Un varco a fatica. Presentazione di Franco Di Carlo, Forlì, Forum/Quinta Generazione, 1982

-Sentire il male. Presentazione di Giacomo Cacciapaglia. Nota di copertina di Gianfranco Folena, Forlì, Forum/Quinta Generazione, 1984

-Schiribissi (1974-1978), Venezia, Edizioni Helvetia, 1985

-Eco. Introduzione di Andrea Zanzotto, Venezia, Marsilio, 1996

-Zòghi de foghi e altri versi, a c. di Michele Bordin, Venezia, Marsilio, 2000.
 
Questa vi piacerà di meno,piu' scura,viscerale,personale.. per lei.
T.
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"Ansia
implosione
d'innervate furie
groppo viscerale
premente i precordi

rimorso di essere in vita
nella morte atroce
di ogni giorno

i lavori pendono
gravi cordoni ombelicali
feti informi
grembo oscuro
del forse domani."

L.Zille, Ansia, da "ECO" p.119
 

skitty

Cat Member
Sarà meno allegra... ma è davvero molto bella, come le altre, nel bene e nel male trasmette molte sensazioni :)
 
Vi "salvo",vi "salvo"........torniamo alla elegante venezianità di Luisa,con una di quelle da me piu' amate e frequentate(da tanti anni).
T.
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"In tuti i lòghi indove ti te va
la aria odora de viole e la erba è verda.

Indove dolse amigo te andarà
cressarà fiori rossi e fruti de oro.

Indove el to nòme e 'l to pensier riva
i canta i osèi e la anema ze viva

In tuti i loghi co mi portarò
tuto quelo che de ti gavarò

De ti mi gnènte perdo
tuto de ti mi tègno

Là indove ti te va, là mi anca so
là indove ti ze ti
cansone supia Amor."

L.Zille,Là Indove,da ECO.pp103-104
 
* “In tutti i luoghi dove tu vai/l’aria profuma di viole e l’erba è verde/ Dove dolce amico tu andrai/nasceranno fiori rossi e frutti d’oro/ Dove il tuo nome giunge e il tuo pensiero arriva/cantano gli uccelli e l’anima è viva/ In tutti i luoghi con me porterò/tutto quello che da te avrò// Di te nulla perdo/di te tutto serbo/ Là dove tu vai,là anche io sono/là dove tu sei/ Amore suona canzoni.”

La Indove, L.Zille
 
Saro' contenta
di Luisa Zille


"Malenconica e freda ze la casa
sensa de ti. Me fruo tuta pensando
ti verà de boto,la vose dolse
calda,sgiansante razi de oro
ne la aria, sora i muri
e mi saro' contenta." *




*(Maliconica e fredda è la casa/senza di te.Mi consumo tutta pensando/verrai tra poco,la tua voce dolce/ calda schizzando raggi d'oro /nell'aria,sui muri/e io saro' contenta.)
 
Storie di sete
di Luisa Zille

I.

ripete
"quando tutto persiste" "leso" "liso"
-ne' mai si apri'-
vita macigno
chiude il respiro
nessun varco
tutto ricade
inutile
ripete
ripete
ripete.



Da ECO di L.Zille
 
Due note biografiche sulla cara Luisa.
che anch'io ricordo con affetto negli anni veneziani e nei non rarissimi incontri -come di sfuggita e dediti ad altro.
E che qui ricordo.

Tavolo


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Incontro con Luisa Zille (M.Bordin)
09 gennaio 2004

Incontro postumo con Luisa Zille



Nata a Fossò (Venezia) nel 1941 e morta - suicida - a Venezia nel 1995, Luisa Zille è stata figura dai molti interessi intellettuali e dalla sofferta vicenda esistenziale. Formatasi dapprima come musicista, rinunciò a intraprendere una carriera di pianista, cui sembrava destinata da un non comune talento, per abbracciare gli interessi storici del marito Gaetano Cozzi, sposato nel 1962. Alle fatiche della ricerca - rivolta in modo pressoché esclusivo alle opere dello storico e politico veneziano del Seicento Paolo Sarpi - cominciò ben presto ad alternare momenti di scrittura creativa, segnatamente poetica. Una prima raccolta di versi fu pubblicata nel 1982; un secondo volumetto apparve nel 1984, seguito da una plaquette non venale l'anno successivo. Postumi sono invece apparsi i due maggiori libri della Zille: Eco, nel 1996 e Zòghi de foghi, nel 2000.
La ricerca poetica di Luisa è in grandissima parte originata dall'insorgenza di turbe psichiche e dalla loro progressiva radicalizzazione in crisi depressive, violente e sempre più prolungate (fino all'estrema del febbraio 1995). I motivi principali dell'incomunicabilità, della solitudine, dell'esaurirsi di ogni linfa e slancio vitale in un soggetto che pur si presenta e offre come naturalmente "amoroso", ricevono ulteriore concretezza e luce di verità dall'adozione, a fianco dell'italiano, di un dialetto di fondo veneziano ma contaminato e quasi sfregiato da apporti rurali, presenti nella memoria dell'autrice (figlia di un medico di campagna) o accortamente piluccati da dizionari vernacoli. Nella citata plaquette, intitolata Schiribissi, il dialetto viene modulato anche in senso bozzettistico e narrativo, mentre nelle raccolte successive il suo impiego sarà vòlto esclusivamente a registrare situazioni personali e sommovimenti interiori.
In simile, doloroso progredire, la sensibilità musicale di Luisa, unitamente alla vasta cultura letteraria, le permette di attingere un'espressione ferma e a suo modo equilibrata, in aperto ma suggestivo contrasto con le sollecitazioni telluriche provenienti dalla psiche e dal cuore. Il «male di vivere» farà a volte tutt'uno con pene d'amore realmente presenti e patite fino allo strazio, tra la quotidiana dialettica di incontro-scontro o assenza-presenza imposta dal vincolo coniugale e possibili quanto improvvide deviazioni di transfert in sede di terapia analitica. In ogni caso la figura polisemica della patiens si misura con un alter maschile distaccato e forse non solidale, o perlomeno non quanto richiesto. Da questa, essenziale angolatura, l'esperienza e la poesia di Luisa sono pienamente sintoniche a quelle di molte altre scrittrici, se il richiamo al "genere" può avere qualche fondamento in materia di creazione artista. E all'inizio di una dolente schiera di poetesse i cui campioni ultimi potranno essere Amelia Rosselli, Alda Merini o la più giovane e "manierata" Patrizia Valduga, non spiace immaginare una Gaspara Stampa, a sua volta musicista provetta e lungamente devota - nei versi se non nella vita - lei, donna di fuoco, a un uomo di ghiaccio (sonetto XLI).
Ma l'urgenza e la piena del sentire, che la poetessa del Cinquecento incanala e smorza in misurati sonetti, come vuole il suo secolo e la sua petrarchesca educazione, tanto da farle chiedere ad Amore di poter almeno adeguare la penna alla pena (sonetto VIII), cioè l'esercizio dello stile ai tormenti della passione per il volubile Collaltino, in Luisa si pongono invece in rapporto di tensione estrema con il mezzo espressivo. Ed è proprio grazie a un senso del limite profondamente interiorizzato che le spire melanconiche e i vortici amorosi non erompono mai nella più esibita dismisura, pur arrivando in zone prossime all'afasia. Il discorso, per quanto segmentato e paratattico, non viene mai meno alla sua precipua funzione comunicativa: foss'anche per dire dell'incapacità di dire.
La produzione ultima e più convincente della nostra ha trovato sistemazione nelle due opere apparse postume ma rispondenti pressoché perfettamente alla volontà dell'autrice. Nella prima, Eco, il mito classico della ninfa, figlia dell'aria e della terra, che si lasciò morire per l'amore non corrisposto di Narciso, finché le sue ossa si trasformarono in pietre e di lei rimase soltanto la voce, funge da mise en abîme dell'opera. In essa trascorrono infatti, dando vita a mobilissimi intrecci, come di pesci multicolori guizzanti nell'acqua, apparizioni del soggetto autobiograficamente determinato e sue possibili maschere, scelte dal mito o dalla letteratura (insieme alla ninfa Eco, il Minotauro, la Sirena, Ercole al bivio, l'eroe wagneriano Sigfrido, il martire cristiano Sebastiano); variazioni-riscritture di altre voci poetiche (Saffo, Da Ponte e i librettisti verdiani, Leopardi, Zanzotto); suggestivi trapassi dal dialetto alla lingua al latino (si veda il "dittico" gnessulógo-nusquam, pp. 67-69).
Nella seconda e integralmente dialettale (la cui autonoma silhouette è stata ritagliata all'interno degli stessi materiali utilizzati per Eco), l'immagine tematica è quella del giocare con il fuoco, che l'autrice ricava dall'amatissimo Biagio Marin. Ma nel poeta gravisano la constatazione che «la vita xe fiama» equivale alla serena accettazione del principio dell'eterno svanire di ogni cosa, dell'incessante combustione della vita ad opera della vita, se vivere significa in sostanza imparare a congedarsi da tutto. Nella poesia della veneziana l'immagine è invece bivalente seppur unitaria quanto a genesi psichica: ora autobiografica (il salto di improvvisati fuochi agresti, nell'infanzia), ora metaforica, nel senso di una rischiosa partita amorosa giocata tuttavia dal solo soggetto con l'inafferrabile alter-analista. Dal ricordo infantile all'esperienza adulta il fuoco che sollecita la sfida appare come il correlativo oggettivo di un'angoscia tanto profonda quanto segreta, dissimulata, e perciò stesso si tramuta in lente ustoria, in energia che consuma senza speranza di rigenerazione.
Per atroce contrasto l'irrimediabile involuzione della vita ha sortito la decisa evoluzione della poesia di Luisa Zille verso una pronuncia intensa e artisticamente affinata. Nel momento stesso in cui le luci si faranno livide e i colori smorti, quando la donna si sentirà sempre più simile a una foglia secca, o a uno scheletro che batte i denti, o quando ancora avvertirà di essere inghiottita da una palude senza fondo, solo allora sarà in grado di raggiungere la sua "perfezione" di creatura che, al modo dei suicidi danteschi, stilla «parole e sangue»: tragico sberleffo dunque o forse crudelissimo privilegio della sorte.

Michele Bordin

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Opere di Luisa Zille

Un varco a fatica. Presentazione di Franco Di Carlo, Forlì, Forum/Quinta Generazione, 1982
Sentire il male. Presentazione di Giacomo Cacciapaglia. Nota di copertina di Gianfranco Folena, Forlì, Forum/Quinta Generazione, 1984
Schiribissi (1974-1978), Venezia, Edizioni Helvetia, 1985
Eco. Introduzione di Andrea Zanzotto, Venezia, Marsilio, 1996
Zòghi de foghi e altri versi, a c. di Michele Bordin, Venezia, Marsilio, 2000.
 
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