Manzoni, Carlo (Carletto)- Cinquanta scontri col signor Veneranda

Zefiro

da sudovest
Carletto Manzoni è stato giornalista, romanziere ed umorista attivo negli anni '50 e ’60. Collaborò sia col Bertoldo che con il Candido di Guareschi.

Creatore tra l’altro di uno stranissimo personaggio, il signor Veneranda, un tipo assurdo con l’incredibile capacità di far andare completamente di matto le persone. Questi brevi raccontini, sono raccolti in un libretto: “Cinquanta scontri col signor Veneranda”. Io li trovo oltremodo surreali e divertenti.

Alcuni facilmente reperibili in rete. Ne posto qualcuno.

Lettura divertente e gradevolissima; consigliato: 3,2/5
 
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Zefiro

da sudovest
Davanti al portone

Il signor Veneranda si fermò davanti al portone di una casa, guardò le finestre buie e spente e fischiò più volte come volesse chiamare qualcuno.
A una finestra del terzo piano si affacciò un signore.
- È senza chiave? - chiese il signore gridando per farsi sentire.
- Si, sono senza chiave - gridò il signor Veneranda.
- E il portone è chiuso? - gridò di nuovo il signore affacciato.
- Si è chiuso - rispose il signor Veneranda.
- Allora le butto la chiave.
- Per fare cosa? - chiese il signor Veneranda.
- Per aprire il portone - rispose il signore affacciato.
- Va bene, - gridò il signor Veneranda - se vuole che apra il portone, butti pure la chiave.
- Ma lei deve entrare?
- Io no. Cosa dovrei entrare per fare?
- Ma non abita qui lei? - chiese il signore affacciato, che cominciava a non capire.
- Io no - gridò il signor Veneranda.
- E allora perché vuole la chiave?
- Se lei vuole che apra il portone non posso mica aprirlo con la pipa, le pare?
- Io non voglio aprire il portone, - gridò il signore affacciato - io credevo che lei abitasse qui: ho sentito che fischiava.
- Perché, tutti quelli che abitano in questa casa fischiano? - chiese il signor Veneranda, sempre gridando.
- Se sono senza chiave si! - rispose il signore affacciato.
- Io sono senza chiave - gridò il signor Veneranda.
- Insomma si può sapere cosa avete da gridare? Qui non si può dormire - urlò un signore affacciandosi a una finestra del primo piano.
- Gridiamo perché quello sta al terzo piano e io sto in strada - disse il signor Veneranda - se parliamo piano non ci si capisce.
- Ma lei cosa vuole? - chiese il signore affacciato al primo piano.
- Lo domandi a quello del terzo piano cosa vuole, - disse il signor Veneranda - io non ho ancora capito: prima vuol buttarmi la chiave per aprire il portone, poi non vuole che io apra il portone, poi dice che se fischio debbo abitare in questa casa. Insomma io non ho ancora capito. Lei fischia?
- Io? Io no... perché dovrei fischiare? - chiese il signore affacciato al primo piano.
- Perché abita in questa casa - disse il signor Veneranda -; l'ha detto quello del terzo piano che quelli che abitano in questa casa fischiano! Be', ad ogni modo non mi interessa, se vuole può anche fischiare.
Il signor Veneranda salutò con un cenno del capo e si avviò per la strada, brontolando che quello doveva essere una specie di manicomio.
 

Zefiro

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L'ufficio postale

Il signor Veneranda entrò nell’ufficio postale. "Scusi" disse il signor Veneranda all’impiegato allo sportello; "è arrivato un pacco per me?" "Non è arrivato nessun pacco per lei" rispose l’impiegato; "se fosse arrivato, lei avrebbe ricevuto l’avviso. Ha ricevuto l’avviso?" "Non ho ricevuto nessun avviso" disse il signor Veneranda; "ma a me l’avviso non serve a niente; mi servirebbe il pacco, perché dentro al pacco c’è sempre qualcosa". "L’avviso serve per avvertirla che le è arrivato un pacco". "Ecco, proprio questo volevo, il pacco che è arrivato per me". "Ma non è arrivato nulla per lei". "Ma come, ha appena detto, e sono le sue parole, l’avviso serve per avvertirla che le è arrivato un pacco; ed io sono qui a ritirare il pacco". "Io ho solo detto che l’avviso serve solo per avvertirla che le è arrivato il pacco". "Ah, ho capito, lei mi manda un avviso per avvertirmi che è arrivato il pacco; allora, guardi, faccia a meno di mandarmi l’avviso perché io sono già qua a ritirare il pacco". "No, non ci siamo capiti, le dicevo che qualora arrivasse un pacco per lei, solo allora le manderemmo un avviso per avvertirla che da noi c’è un pacco per lei; ci siamo capiti ora?" "Certo che ci siamo capiti, mi crede imbecille; ma, mi dica, da dove arriva il pacco?" "Io… – balbettò l’impiegato – io non so da dove le venga spedito il pacco; io non ne so nulla; lo saprà lei da dove aspetta il pacco". "Io non aspetto nessun pacco" disse il signor Veneranda "e non ho nessuna idea di chi potrebbe spedirmi un pacco; ma se lei dice che mi arriverà un avviso che mi avverte che c’è un pacco per me da lei, io vengo da lei per sapere da dove mi arriva il pacco". "Io… io non ne so nulla del suo pacco!" "Ma allora perché mi dice che mi deve arrivare un avviso per ritirare un pacco?" esclamò il signor Veneranda arrabbiandosi; "ma guarda un po’ che tipo! Prima mi dice che mi arriverà un avviso, poi che devo passare qui a prendere il pacco, poi casca dalle nuvole! Oh, ma che razza di servizio postale!" E il signor Veneranda si allontanò scuotendo la testa e brontolando.
 

Zefiro

da sudovest
In autostrada

Il signor Veneranda si fermò all'ingresso dell'autostrada Milano -Torino.
"Torino" disse il signor Veneranda al bigliettaio.
Il bigliettaio guardò il signor Veneranda e poi si guardò attorno nel piazzale deserto dove non sostava nemmeno un'automobile.
"Ma..." balbettò il bigliettaio, "e la macchina?"
"Che macchina?" domandò il signor Veneranda, stupito.
"L'automobile," disse il bigliettaio, "lei non ha l'automobile?"
"Io no," disse il signor Veneranda, "io non ho l'automobile. Perché? Cosa c'è di strano? C'è tanta gente che non ha l'automobile e perché la dovrei avere io? Le pare che io abbia la faccia di uno che dovrebbe avere l'automobile?"
"Io non so," balbettò il bigliettaio, "ma se lei vuole andare a Torino con l'autostrada, dovrà pure avere un'automobile."
"Io non vado a Torino con l'autostrada," disse il signor Veneranda. "Non posso andarci appunto perché non ho l'automobile. E poi cosa dovrei andare a fare a Torino?"
"Non so... è lei che ha detto Torino," balbettò il bigliettaio che non sapeva cosa dire.
"Io ho detto Torino, certamente" disse il signor Veneranda, "questo non lo nego. Ma tutti possono dire
Torino quando vogliono, le pare? Non capisco perché quando uno dice Torino dovrebbe, secondo lei,
andarci in automobile."
"Va bene, ma allora lei, che cosa vuole da me?" balbettò il bigliettaio sempre più confuso.
"Io niente," disse il signor Veneranda. "Ho detto Torino come potevo dire Roma o Genova o un'altra città. Le dispiace?"
"No, ma... senta, se lei non entra in autostrada con l'automobile, mai lasci in pace," brontolò il bigliettaio.
"Eh, accidenti!" gridò il signor Veneranda perdendo la pazienza, "adesso dovrò comprarmi un'automobile per far piacere a lei! Ma sa che è un bel tipo? Ma guarda che razza di gente!"
E il signor Veneranda voltò le spalle al bigliettaio e si allontanò brontolando.
 

skitty

Cat Member
:mrgreen: Veramente spassosissime!!!
Al giorno d'oggi mi sa che se esistesse davvero, lo farebbero fuori al secondo dialogo poveretto, con la poca pazienza che c'è in giro! :roll:
Se non ricordo male, mi sembra che alle elementari o alle medie :? leggevamo alcuni di questi brani in classe! :)
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Ah, ah...bellissimi! Anch'io avevo letto qualche racconto da piccola, se non sbaglio come dice skitty li pubblicavano nelle antologie scolastiche.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
ho aggiunto il nome Carlo, anche perchè conosciuto pure come Carletto ma i suoi libri riportano il nome Carlo Manzoni :)
 

Zefiro

da sudovest
Dal barbiere

“Barba e capelli?” chiese il parrucchiere facendo accomodare il signor Veneranda.
“Sì” disse il signor Veneranda. “Ma secondo lei, posso tenere il cappello?”
“Eh no, “ disse il parrucchiere “se tiene il cappello come faccio a tagliarle i capelli?”
“Allora lei i capelli non li può tagliare a quelli che hanno il cappello?” chiese il signor Veneranda.
“E’ impossibile” disse il parrucchiere. “Non le pare?”
“Se lo dice lei,” sospirò il signor Veneranda “sarà anche così. Mi dispiace perché è tanto tempo che ho questo cappello, e non mi sento di buttarlo via o di venderlo.”
“Ma non occorre” balbettò il parrucchiere. “Basta che se lo tolga. Poi se lo rimette di nuovo.”
“Allora il mi tolgo il cappello, lei mi taglia i capelli poi mi rimetto il cappello” disse il signor Veneranda.
“Già” disse il parrucchiere.
“E la barba?” chiese il signor Veneranda. “Devo togliermi il cappello anche per la barba?”
“Ma… sarebbe meglio” balbettò il parrucchiere che non sapeva cosa dire.
“Allora riepilogando:” disse il signor Veneranda “Io mi tolgo il cappello, lei mi taglia i capelli, poi mi rimetto il cappello, poi me lo tolgo di nuovo e lei mi taglia la barba e alla fine mi torno a mettere il cappello. E’ così?”
“Ma… veramente…”
“Mi dispiace ma è troppo un traffico” disse il signor Veneranda alzandosi. “Io credevo che la cosa fosse molto più semplice e più svelta. Così non si finisce più. Pazienza, sarà per un’altra volta.”
E il signor Veneranda se ne andò brontolando e sbattendo la porta.
 

amneris

New member
Bellissime :mrgreen:

Anch'io mi ricordo che leggevamo questi racconti in classe, appena ho letto il titolo del thread sono tornata indietro nel tempo :roll:
 

Dory

Reef Member
Adoravo da impazzire il signor Veneranda!!
I suoi racconti erano sui miei libri di lettura delle elementari. Ogni anno quando compravo i libri, prima di iniziare la scuola li avevo già letti tutti.
All'epoca non badavo all'autore, così quando li cercai di nuovo da adulta mi accorsi che mia madre mi aveva buttato tutti i libri e io non sapevo come ritrovare quei racconti.
Ci rimasi malissimo!!

Zefiro dice che si trovano facilmente in rete, ma mi ricordo che feci delle ricerche e non trovai nulla. Mah... forse li hanno messi dopo o non avevo cercato bene...
Però sono felicissima ora di averli finalmente ritrovati!! :D

PS. Vorrei tanto ricomprare il libro, se qualcuno sa dirmi come posso fare me lo fa sapere?
 
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Zefiro

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