Pollan, Michael - Il dilemma dell'onnivoro

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elida86

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Eccoci qua.
Cosa avete mangiato oggi a pranzo?
Siete sicuri di aver mangiato ciò che pensate, o avete per caso mangiato altro?

Questo è solo una delle domande che ora mi pongo dopo aver letto Il dilemma dell'Onnivoro, di Micheal Pollan, giornalista e professore universitario statunitense, edito da Giunti Y.
Premettendo che di mio mi pongo normalmente alcuni dubbi, sarà il fatto che nell'ambito sanitario il 70% delle patologie sono condizionate dal tipo di alimentazione, ma dopo aver letto questo libro, ho iniziato a guardare le cose da un altro punto di vista.
L'autore pone l'attenzione più sulla catena alimentare, che non sugli alimenti di per sé, ma ciò che ho scoperto mi ha inquietato parecchio! Fortuna che in Europa le cose non sono proprio come in America, e che tanti prodotti chimici e cancerogeni qua sono vietati da anni.

Nel libro si trattano per lo più quattro tipi di catene alimentari :
-Industriale: è da questa catena che oggi proviene la maggior parte del nostro cibo (inizia in un gigantesco campo a monocultura di mais, ad esempio, per finire in un supermercato o fast food);
-Biologia industriale: il cibo è coltivato in grandi fattorie industriali, ma unicamente con fertilizzanti, diserbanti e pesticidi naturali (venduto con le stesse modalità del cibo industriale);
- Sostenibile Locale: il cibo è coltivato e prodotto in policolture da piccole fattorie (non necessita di trattamenti, e percorre piccole distanze prima di arrivare sulla nostra tavola);
-Caccia-raccolta: questa è la più antica catena alimentare (in realtà non è nemmeno una catena: si compone dall'uomo, la caccia, la coltivazione o semplicemente il raccolto).

Nel capitolo riguardante la catena alimentare industriale sono rimasta sconcertata nell'apprendere come il mais sia l'alimento base di questa catena alimentare: lo possiamo trovare praticamente ovunque, dalla carne, alle bibite, nei dolci, fino al carburante...
E che dire dei feedlot, enormi distese di bovini stipati a centinaia in piccoli recinti, dove vengono ingozzati all'inverosimile di mais per farli crescere più rapidamente, andando contro natura, in quanto i bovini sono erbivori, e non mangiatori di mais.
Questa è la catena alimentare più estesa, tra le quattro, e anche la più disumana, a mio avviso.
Non che la catena della biologia industriale sia meglio: l'unica differenza consiste nel tipo di sostanze usate, che sono naturali anziché chimiche, ma poiché, ad esempio, il letame usato, deriva dai feedlot, non vedo questa sostanziale differenza con quella industriale. A quanto pare, in America, è considerata una gran bella novità, rispetto il tradizionale (alias l'industriale), e sta spopolando, come in Italia, d'altronde.

Nel capitolo del sostenibile locale Pollan trascorre una settimana in una fattoria “tradizionale”, ovvero, una fattoria come quella a cui sono solita pensare: gli animali liberi sui prati, campi con più tipi di colture, e via dicendo. L'autore la descrive come l'esperienza più totalizzante che abbia provato, il che la dice lunga sulla società americana: dal modo in cui Pollan è rimasto positivamente sorpreso di trovarsi davanti a questa rarità, si può capire come, per fortuna, siano diverse le nostre società. Per fortuna in Italia ce ne sono molte di fattorie così, e l'industrializzazione non ha raggiunto i limiti americani, quindi è molto più facile reperire prodotti freschi, genuini e locali che non negli Usa.

Nell'ultimo capitolo, quello sulla caccia-raccolta, Pollan vuole provare l'esperienza del procacciarsi il cibo da solo, senza intermediari. E' anche la parte più divertente, se vogliamo.

In generale, questo libro mi ha aperto la mente, o meglio, mi ha instillato quel pensiero critico che non sempre ci si pone davanti al cibo. Siamo onnivori, e quindi possiamo mangiare di tutto, ma fa proprio tutto bene? Anche i cibi che a volte potrebbero far più gola, son davvero salutari?
Inoltre, anche se è una critica rivolta per lo più al pubblico americano, tocca anche noi: il cibo è solo una mera necessità, come il dormire, o è qualcosa in più?
Sempre più persone han perso il piacere del mangiare, dell'assaporare lentamente, dell'apprezzare il cibo, e del mangiare in compagnia: in questa società sempre più caotica e frenetica, il momento del pasto talvolta appare più come un dovere, che non come un piacere, cosa che dovrebbe invece essere.
 
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