Non si impressionino gli amici forumisti piu' pudichi e moralisti ma.....qui non è del Brass della esaltazione delle "carni"che si parla,ma del suo primo splendido film,tutto ambientato in una splendida venezia in bianco-nero -nel suo primo film del 1963.
Per presentarlo vi copio sotto un flash non mio ,ma buono; e poi vi accludo una biografia critica del maestro veneziano,che aldilà delle sue successive opere erotiche e del suo oggetto di ricerca , è stato sempre un maestro d'arte, che ha fatto film d'arte, che ha sempre curato in ogni dettaglio estetico,formale, visivo,storico.
T.
------
Chi lavora è
perduto
Regia: Tinto Brass
Sceneggiatura: Tinto Brass,
Franco Arcalli
Fotografia: Bruno Barcarol
Musica: Piero Piccioni
Montaggio: Tinto Brass
Prodotto da: Zebra film
(Italia, 1963)
Durata: 90'
INTERPRETI
Sedy Rebbot, Pascale Audret,
Franco Arcalli, Tino Buazzelli,
Nando Angelini, Piero
VidaAntonio: Jordi Mollà
Il film narra la storia di Bonifacio, un
giovane disegnatore appena
diplomato che sta per entrare a far
parte di una grande industria, ma il
lavoro non lo entusiasma affatto.
Le sue idee e le sue fantasie lo
portano al contrario verso posizioni
del tutto anarchiche, anche se due
suoi amici sono finiti in manicomio
proprio a causa del loro idealismo.
le due locandine prima e dopo la censura
Il giovane ribelle, disilluso, vaga senza
meta per Venezia, respingendo
mentalmente ogni tipo di autorità
costituita e il sistema stesso, che
dovrebbe inglobarlo. Sullo sfondo di
una Venezia inedita, è un film
impregnato di veneta bizzarria
libertaria che, tra scompensi e cadute
di gusto, ha scatto, estro e qualche
pagina di forza sconsolata, a mezza
strada tra Rossellini e Godard.
Anarchico apologo sul disagio
giovanile, del quale Tinto Brass curò
anche la sceneggiatura e il
montaggio, Chi lavora è perduto è
anche una critica alla follia del lavoro
inteso come sfinimento, nel contesto
di una macchina produttiva che non
appartiene a chi opera, bensì a chi
possiede.
Un film che non venne apprezzato dai
censori dell'epoca, che gli imposero di
rigirare la pellicola da capo. Per tutta
risposta Brass gli cambiò solo il titolo
con In capo al mondo.
Per presentarlo vi copio sotto un flash non mio ,ma buono; e poi vi accludo una biografia critica del maestro veneziano,che aldilà delle sue successive opere erotiche e del suo oggetto di ricerca , è stato sempre un maestro d'arte, che ha fatto film d'arte, che ha sempre curato in ogni dettaglio estetico,formale, visivo,storico.
T.
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Chi lavora è
perduto
Regia: Tinto Brass
Sceneggiatura: Tinto Brass,
Franco Arcalli
Fotografia: Bruno Barcarol
Musica: Piero Piccioni
Montaggio: Tinto Brass
Prodotto da: Zebra film
(Italia, 1963)
Durata: 90'
INTERPRETI
Sedy Rebbot, Pascale Audret,
Franco Arcalli, Tino Buazzelli,
Nando Angelini, Piero
VidaAntonio: Jordi Mollà
Il film narra la storia di Bonifacio, un
giovane disegnatore appena
diplomato che sta per entrare a far
parte di una grande industria, ma il
lavoro non lo entusiasma affatto.
Le sue idee e le sue fantasie lo
portano al contrario verso posizioni
del tutto anarchiche, anche se due
suoi amici sono finiti in manicomio
proprio a causa del loro idealismo.
le due locandine prima e dopo la censura
Il giovane ribelle, disilluso, vaga senza
meta per Venezia, respingendo
mentalmente ogni tipo di autorità
costituita e il sistema stesso, che
dovrebbe inglobarlo. Sullo sfondo di
una Venezia inedita, è un film
impregnato di veneta bizzarria
libertaria che, tra scompensi e cadute
di gusto, ha scatto, estro e qualche
pagina di forza sconsolata, a mezza
strada tra Rossellini e Godard.
Anarchico apologo sul disagio
giovanile, del quale Tinto Brass curò
anche la sceneggiatura e il
montaggio, Chi lavora è perduto è
anche una critica alla follia del lavoro
inteso come sfinimento, nel contesto
di una macchina produttiva che non
appartiene a chi opera, bensì a chi
possiede.
Un film che non venne apprezzato dai
censori dell'epoca, che gli imposero di
rigirare la pellicola da capo. Per tutta
risposta Brass gli cambiò solo il titolo
con In capo al mondo.
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