Dayan'el
Σκιᾶς ὄνα
La quarta di copertina - per Einaudi ha scritto:Le avventure di Lenore, che si mette alla ricerca della bisnonna, antica studiosa di Wittgenstein, fuggita dalla sua casa di riposo insieme a venticinque tra coetanei e infermieri; del fratello LaVache, piccolo genio con una passione smodata per la marijuana; del pappagallo di famiglia, Vlad l'Impalatore, che recita sermoni cristiani su una Tv via cavo; di Norman Bombardini, re dell'ingegneria genetica, che si ingozza di cibo e sogna di ingurgitare il mondo intero; di Rick Vigorous, il capo e l'amante di Lenore, negazione vivente del suo stesso cognome. Una galleria di personaggi uno più esilarante e paradossale dell'altro, sullo sfondo di un'America impazzita, grottesca, più vera del vero.
Primo esperimento letterario per Wallace, già vivace d'ingegno, di vero e proprio genio. Le vicissitudini dei protagonisti, rocambolesche, tragicomiche, bizzarre fino al punto di apparire, talora, reali se non iperreali, si immettono in un flusso narrativo discontinuo, accidentato, ma mai casuale; sia esso quello immediatamente testuale od anche spaziale e temporale, il tessuto stesso dell'opera è lacerato, componibile alla maniera del collage, e di sé, allo scemare delle pretese, offre soltanto la certezza di nessuna verità. E se una galleria di personaggi improbabili si affolla in frammenti narrativi (e di senso), verbali di sedute psicoterapeutiche, la vicenda parallela sulla costruzione di un deserto chiamato DIO, sequenze dialogate dal filo mai lineare, racconti nei racconti, il fulcro dell'intero romanzo rimane sempre fedele a se stesso, all'io inficiato, distante da sé medesimo, all'identità minacciata o perduta o ecceduta o celata. Ed ecco allora giustificato l'espediente del frammentare, del ruolo attivo cui il lettore suo malgrado è costretto, (ri)comporre, (ri)cucire gli scampoli di informazione trapelati per arguzia o mera immaginazione. Facilmente si riscontra la fluttuazione identitaria, il conflitto originario Io/Altro, nel forte ruolo del corpo, ripulsa, mercimonio, adorazione acritica, mire di espansione ed occupazione universale dello spazio, persino la città, vista dall'alto, presenta il volto di un'attrice. In tale contesto di identità incerta, sempre in bilico tra dicibile e non dicibile, Lenore ha da affrontare la più importante delle sue sfide, sottrarsi all'onnipotenza delle Storie per divenire persona oltre il taciuto, anzi, solo laddove non tutto può essere raccontato. Già, perché chiave di lettura, insieme a psicologia, sociologia e quanto d'altro, è la filosofia wittgensteiniana, quella delle Ricerche filosofiche, del linguaggio come funzione: Lenore altro non è se non la sommatoria di quanto se ne può raccontare, di quanto il sistema di chi la interseca ne può dire; è irretita, prigioniera, attaccata alla parola come unica forma di vita: è solo in quanto raccontata. Ma se Lenore partecipa del sistema, allora questo è autoreferenziale, parla di se stesso, e dunque il paradosso (logico) è dietro l'angolo, alla maniera dell'antinomia russelliana del barbiere, a lei trasmessa peraltro dalla nonna in forma di disegno. Alla domanda banale: se Lenore è solo il racconto di Altri, può raccontare se stessa? Eccon intervenire lo stallo, con l'unico epilogo concesso della sparizione; si eclissa dagli ultimi due capitoli, evitando di deflagrare. Quanto di lei sarà nessuno saprà mai, ma importante, nota già Bartezzaghi nella introduzione, è l'essersi sottratto della ragazza al sistema, la ribellione al suo essere cifra della funzione e nulla di più, significante per storie non autentiche. Un Wallace ironicamente schierato contro ogni razionalità, conscio della perfetta inapplicabilità dell'intelligenza alle questioni dell'esistenza, del carattere superfluo di ogni additivo logico-razionale alla vita. Certo, un autore ancora parzialmente inesperto, grossolano su qualche aspetto, una perla screziata, decisamente non il suo capolavoro. E per questo, se è possibile, lo apprezzo: perché frizzante, imperfetto, pieno del brio di chi esubera e costruisce letteratura di qualità.
3.8/5
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