Calvino, Italo - Gli amori difficili

isola74

Lonely member
15 racconti d'amore, ma amore in senso lato, o, per dirla con l'autore "Gli amori difficili sono, per la più parte, storie di come una coppia non s’incontra".

Si tratta di storie d’amore vissute in attesa di qualcos'altro, forse in attesa della vita vera.
C'è in ogni racconto un velo di malinconia che avvolge i protagonisti, che vivono una vita che non hanno scelto e che forse non sceglierebbero mai. Però non si arrendono e alla fine cercano di viverla comunque, come sanno fare, o, forse, come possono.
E' il primo libro di Calvino che leggo e avevo molte aspettative, solo in parte confermate. Però mi piace questo modo di raccontare la vita, con realismo e sprazzi di ironia improvvisa che ti fanno sorridere pur non distogliendoti dalla realtà.
Voto:3/5
 

Nikki

New member
conosco un solo racconto, per ora.
Dolcissimo, amaro e struggente, come solo la realtà a volte sa essere.
C'è qualcosa di concettualmente geniale nel raccontare la storia di una coppia che non si incontra (e come, probabilmente, anche la storia di un cavaliere che non c'è e di città invisibili). Calvino dimostra sempre, a livello letterario, che il nulla è un concetto ancora in definizione e che gli spazi vuoti sono sempre, invece, pieni di qualcosa.
 

Zefiro

da sudovest
L'avventura di due sposi

Ho sempre amato molto, senza riserve, questa particolarissima raccolta di racconti su ciò che non accade, sugli incontri mancati, sull’assenza di qualcosa, di qualche circostanza, di qualcuno. L’intuizione che talvolta è esattamente qui, in ciò che non è, che prende consistenza ciò che conta davvero.

Per dare il flavour di cosa si tratta, copio ed incollo qui uno dei racconti, “L’ avventura di due sposi” , dove la “tenerezza” di una assenza è narrata nel corso del racconto, fino alla stilettata finale delle ultime righe, con concretissimo “calore”. E sono certo che ciascuno di noi, leggendolo, avrà rimandi personalissimi ad una cosa così.
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"L’operaio Arturo Massolari faceva il turno della notte, quello che finisce alle sei. Per rincasare aveva un lungo tragitto, che compiva in bicicletta nella bella stagione, in tram nei mesi piovosi e invernali. Arrivava a casa tra le sei e tre quarti e le sette, cioè alle volte un po’ prima alle volte un po’ dopo che suonasse la sveglia della moglie, Elide.
Spesso i due rumori: il suono della sveglia e il passo di lui che entrava si sovrapponevano nella mente di Elide, raggiungendola in fondo al sonno, il sonno compatto della mattina presto che lei cercava di spremere ancora per qualche secondo col viso affondato nel guanciale. Poi si tirava su dal letto di strappo e già infilava le braccia alla cieca nella vestaglia, coi capelli sugli occhi.
Gli appariva così, in cucina, dove Arturo stava tirando fuori i recipienti vuoti dalla borsa che si portava con sé sul lavoro: il portavivande, il termos, e li posava sull’acquaio. Aveva già acceso il fornello e aveva messo su il caffè.
Appena lui la guardava, a Elide veniva da passarsi una mano sui capelli, da spalancare a forza gli occhi, come se ogni volta si vergognasse un po’ di questa prima immagine che il marito aveva di lei entrando in casa, sempre così in disordine, con la faccia mezz’addormentata. Quando due hanno dormito insieme è un’altra cosa, ci si ritrova al mattino a riaffiorare entrambi dallo stesso sonno, si è pari.
Alle volte invece era lui che entrava in camera a destarla, con la tazzina del caffè, un minuto prima che la sveglia suonasse; allora tutto era più naturale, la smorfia per uscire dal sonno prendeva una specie di dolcezza pigra, le braccia che s’alzavano per stirarsi, nude, finivano per cingere il collo di lui.
S’abbracciavano. Arturo aveva indosso il giaccone impermeabile; a sentirselo vicino lei capiva il tempo che faceva: se pioveva o faceva nebbia o c’era neve, a secondo di com’era umido e freddo. Ma gli diceva lo stesso: – Che tempo fa? – e lui attaccava il suo solito brontolamento mezzo ironico, passando in rassegna gli inconvenienti che gli erano occorsi, cominciando dalla fine: il percorso in bici, il tempo trovato uscendo di fabbrica, diverso da quello di quando c’era entrato la sera prima, e le grane sul lavoro, le voci che correvano nel reparto, e così via.
A quell’ora, la casa era sempre poco scaldata, ma Elide s’era tutta spogliata, un po’ rabbrividendo, e si lavava, nello stanzino da bagno. Dietro veniva lui, più con calma, si spogliava e si lavava anche lui, Lentamente, si toglieva di dosso la polvere e l’unto dell’officina. Così stando tutti e due intorno allo stesso lavabo, mezzo nudi, un po’ intirizziti, ogni tanto dandosi delle spinte, togliendosi di mano il sapone, il dentifricio, e continuando a dire le cose che avevano da dirsi, veniva il momento della confidenza, e alle volte, magari aiutandosi a vicenda a strofinarsi la schiena, s’insinuava una carezza, e si trovavano abbracciati.
Ma tutt’a un tratto Elide: – Dio! Che ora è già! – e correva a infilarsi il reggicalze, la gonna, tutto in fretta, in piedi, e con la spazzola già andava su e giù per i capelli, e sporgeva il viso allo specchio del comò, con le mollette strette tra le labbra. Arturo le veniva dietro, aveva acceso una sigaretta, e la guardava stando in piedi, fumando, e ogni volta pareva un po’ impacciato, di dover stare lì senza poter fare nulla. Elide era pronta, infilava il cappotto nel corridoio, si davano un bacio, apriva la porta e già la si sentiva correre giù per le scale.
Arturo restava solo. Seguiva il rumore dei tacchi di Elide giù per i gradini, e quando non la sentiva più continuava a seguirla col pensiero, quel trotterellare veloce per il cortile, il portone, il marciapiede, fino alla fermata del tram. Il tram lo sentiva bene, invece: stridere, fermarsi, e lo sbattere della pedana a ogni persona che saliva. “Ecco, l’ha preso”, pensava, e vedeva sua moglie aggrappata in mezzo alla folla d’operai e operaie sull’”undici”, che la portava in fabbrica come tutti i giorni.
Spegneva la cicca, chiudeva gli sportelli alla finestra, faceva buio, entrava in letto.
Il letto era come l’aveva lasciato Elide alzandosi, ma dalla parte sua, di Arturo, era quasi intatto, come fosse stato rifatto allora. Lui si coricava dalla propria parte, per bene, ma dopo allungava una gamba in là, dov’era rimasto il calore di sua moglie, poi ci allungava anche l’altra gamba, e così a poco a poco si spostava tutto dalla parte di Elide, in quella nicchia di tepore che conservava ancora la forma del corpo di lei, e affondava il viso nel suo guanciale, nel suo profumo, e s’addormentava.
Quando Elide tornava, alla sera, Arturo già da un po’ girava per le stanze: aveva acceso la stufa, messo qualcosa a cuocere. Certi lavori li faceva lui, in quelle ore prima di cena, come rifare il letto, spazzare un po’, anche mettere a bagno la roba da lavare. Elide poi trovava tutto malfatto, ma lui a dir la verità non ci metteva nessun impegno in più: quello che lui faceva era solo una specie di rituale per aspettare lei, quasi un venirle incontro pur restando tra le pareti di casa, mentre fuori s’accendevano le luci e lei passava per le botteghe in mezzo a quell’animazione fuori tempo dei quartieri dove ci sono tante donne che fanno la spesa alla sera.
Alla fine sentiva il passo per la scala, tutto diverso da quello della mattina, adesso appesantito, perché Elide saliva stanca dalla giornata di lavoro e carica della spesa. Arturo usciva sul pianerottolo, le prendeva di mano la sporta, entravano parlando. Lei si buttava su una sedia in cucina, senza togliersi il cappotto, intanto che lui levava la roba dalla sporta. Poi: – Su, diamoci un addrizzo, – lei diceva, e s’alzava, si toglieva il cappotto, si metteva in veste da casa. Cominciavano a preparare da mangiare: cena per tutt’e due, poi la merenda che si portava lui in fabbrica per l’intervallo dell’una di notte, la colazione che doveva portarsi in fabbrica lei l’indomani, e quella da lasciare pronta per quando lui l’indomani si sarebbe svegliato.
Lei un po’ sfaccendava un po’ si sedeva sulla seggiola di paglia e diceva a lui cosa doveva fare. Lui invece era l’ora in cui era riposato, si dava attorno, anzi voleva far tutto lui, ma sempre un po’ distratto, con la testa già ad altro.
In quei momenti lì, alle volte arrivavano sul punto di urtarsi, di dirsi qualche parola brutta, perché lei lo avrebbe voluto più attento a quello che faceva, che ci mettesse più impegno, oppure che fosse più attaccato a lei, le stesse più vicino, le desse più consolazione. Invece lui, dopo il primo entusiasmo perché lei era tornata, stava già con la testa fuori di casa, fissato nel pensiero di far presto perché doveva andare.
Apparecchiata tavola, messa tutta la roba pronta a portata di mano per non doversi più alzare, allora c’era il momento dello struggimentoche li pigliava tutti e due d’avere così poco tempo per stare insieme, e quasi non riuscivano a portarsi il cucchiaio alla bocca, dalla voglia che avevano di star lì a tenersi per mano.
Ma non era ancora passato tutto il caffè e già lui era dietro la bicicletta a vedere se ogni cosa era in ordine. S’abbracciavano. Arturo sembrava che solo allora capisse com’era morbida e tiepida la sua sposa. Ma si caricava sulla spalla la canna della bici e scendeva attento le scale.
Elide lavava i piatti, riguardava la casa da cima a fondo, le cose che aveva fatto il marito, scuotendo il capo. Ora lui correva le strade buie, tra i radi fanali, forse era già dopo il gasometro. Elide andava a letto, spegneva la luce.
Dalla propria parte, coricata, strisciava un piede verso il posto di suo marito,per cercare il calore di lui, ma ogni volta s’accorgeva che dove dormiva lei era più caldo, segno che anche Arturo aveva dormito lì, e ne provava una grande tenerezza"
 
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Denni

New member
Ho finito ora "Gli amori difficili" devo iniziare "La vita difficile".. per quanto riguarda il primo, è veramente spettacolare.
Avventura di un soldato, avventura di un lettore, avventura di due sposi, avventura di un fotografo, avventura di un automobilista..sono secondo il mio parere i migliori, veramente bellissimi. Gli altri sono altrettanto belli ma questi appena elencati hanno tutta una loro magia.
Straconsigliato!
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Io sono partigiana, per cui qualsiasi cosa scriva Calvino a me piace e mi arricchisce. Anche con questa raccolta di racconti è andata così, ho amato ogni singolo racconto, ognuno per qualcosa di particolare, per l'ineffabilità, la circolarità, il non detto o il non agito. Perché Calvino non è solo il maestro del racconto scritto come fosse una favola ma anche il maestro della favola che c'è in ogni racconto, basta lasciarsi guidare. Geniale come sempre.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Lo sto leggendo ora per un paio di sfide che devo completare entro fine mese/anno, però le prime storie le ho trovate un po' noiose*. Ma io un problema con Italo, lo trovo troppo descrittivo per i miei gusti e meno riflessivo di quanto vorrei.
Tra l'altro ho scoperto, attraverso il mio compagno cinefilo, che il primo racconto, L'avventura di un soldato, è stato reso cinematograficamente in un film di 4 episodi ed interpretato da Nino Manfredi. Sono solita raccontargli quello che leggo e lui subito ha identificato la storia. Sono certa che Nino abbia fatta proprio bene la sua parte.
La seconda sul bandito è stata divertente con quel povero cornuto del marito che doveva levarsi e rimettersi a letto :mrgreen:. Anche questa sarebbe da farci uno sketch.
Me ne mancano ancora 6 e finora la mia preferita è quella del lettore (e come poteva essere diversamente?)... esilarante e realistica -per me- la storia, anche io come lui cerco di leggere in qualsiasi circostanza, anche se vengo interrotta o sto facendo altre cose e penso sempre a quello che devo leggere o ho letto mentre vivo, così come penso che la vita (almeno la mia attuale) sia molto meno vera di quello che sto leggendo.
Quella del miope fa riflettere: avere qualcosa e non poterne beneficiare è triste, in questo caso sono gli occhiali che servono al protagonista per vederci meglio ma poi non gli permettono di essere riconosciuto dai suoi vecchi amici e dal vecchio amore, togliendoseli invece viene salutato dagli altri ma poi è lui a non riconoscerli più.
E' il 15 dicembre e -finalmente!- l'ho finito, non ne potevo più, nelle ultime due poi (sciatore e automobilista) non mi sono potuta in alcun modo identificare (e chi mi conosce sa quanto a me questa cosa serve), infatti non amo la neve e non ho la patente. Però non me la sento di criticarlo troppo, avevo delle aspettative diverse quindi, ripeto, il problema è stato solo mio.

*lo sapevo che scrivere qui sarebbe servito, ho appena iniziato la quinta avventura e va già meglio.
 
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