Le parole dell' "addio"

Zefiro

da sudovest
(...) ho composto diversi sms di addio per amici troppo impacciati per farlo da soli. Era divertente.

Oh beh... questa direi che è carina davvero. Mi metto nei panni di chi riceve un addio da parte di qualcuno senza sapere che quelle parole sono state scritte da altri... effettivamente, se ci si allontana e si guarda la cosa da lontano con un minimo di distacco la situazione fa sorridere :)

Come diciamo noi "addio"? Come l'abbiam detto quando ci siam trovati a dirlo, non solo in situazioni affettive, ma in generale, con ciò intendendo: che parole abbiamo usato? Oppure, di contro, che parole hanno usato altri (sperabilmente, se scritte, scritte da loro! :roll: ) per dire addio a noi?

Personalmente ricordo le parole finali di cui feci uso io una volta (tanto ma tanto tempo fa) dopo un addio di persona ed a voce rispondendo in seguito per iscritto ad una lettera che avevo ricevuto. Concludevo scrivendo con una uscita felicissima (sic! :paura: ): " Continuerò a volerti bene. Almeno per un po'. "

Le ricordo bene perché la persona in questione, con la quale si son conservati e mantengo tutt'ora ottimi rapporti, questa frase, ormai ridendoci insieme su, me la rinfaccia da anni. Beh... Come darle torto? Roba da matti... :W

Eppure gli addii possono essere qualcosa di pesantissimo. Per chi lo da e per chi lo riceve. Sia quando si vuole, sia quando non si vuole (ma si deve) andar via. Accade a volte che quelle parole caricheranno d'altro un intero pezzo di vita col peso deformante della visione prospettica della fine. Ed anche a quelle parole talvolta rimarrà quindi legato molto e molto a lungo. A volte per sempre.
 
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asiul

New member
Ricordo le parole che scrissi ad un ragazzo molti anni fa.Un vero idiota...
erano più o meno queste...

"non è vero che lasciare qualcuno sia doloroso, mai cosa fu più facile di questa.Sarà che sei talmente....da avermi aiutata parecchio...addio!" :p
 

Zefiro

da sudovest
Ettore e Andromaca alle porte Scee

Copio e incollo stralci di quello che forse il più famoso addio della letteratura, quello di Ettore ed Andromaca alle porte Scee. Lo so praticamente a memoria, ma solo al rileggerlo si mozza il respiro.

(…)
ecco d'incontro
Andromaca venirgli,(...)
costei ch'ivi allor corse
ad incontrarlo; e seco iva l'ancella
tra le braccia portando il pargoletto
unico figlio dell'eroe troiano,
bambin leggiadro come stella. Il padre
Scamandrio lo nomava, il vulgo tutto
Astïanatte, perché il padre ei solo
era dell'alta Troia il difensore.
Sorrise Ettorre nel vederlo, e tacque.

Ma di gran pianto Andromaca bagnata
accostossi al marito, e per la mano
strignendolo, e per nome in dolce suono
chiamandolo, proruppe: Oh troppo ardito!
il tuo valor ti perderà: nessuna
pietà del figlio né di me tu senti,
crudel, di me che vedova infelice
rimarrommi tra poco, perché tutti
di conserto gli Achei contro te solo
si scaglieranno a trucidarti intesi;
e a me fia meglio allor, se mi sei tolto,
l'andar sotterra. Di te priva, ahi lassa!
ch'altro mi resta che perpetuo pianto?
Orba del padre io sono e della madre.
M'uccise il padre lo spietato Achille
(...)
Or mi resti tu solo, Ettore caro,
tu padre mio, tu madre, tu fratello,
tu florido marito. Abbi deh! dunque
di me pietade, e qui rimanti meco
a questa torre, né voler che sia
vedova la consorte, orfano il figlio.
(...)
Dolce consorte, le rispose Ettorre,
ciò tutto che dicesti a me pur anco
ange il pensier; ma de' Troiani io temo
fortemente lo spregio, e dell'altere
Troiane donne, se guerrier codardo
mi tenessi in disparte, e della pugna
evitassi i cimenti. Ah nol consente,
no, questo cor. Da lungo tempo appresi
ad esser forte, ed a volar tra' primi
negli acerbi conflitti alla tutela
della paterna gloria e della mia.

Giorno verrà, presago il cor mel dice,
verrà giorno che il sacro iliaco muro
e Priamo e tutta la sua gente cada.
Ma né de' Teucri il rio dolor, né quello
d'Ecuba stessa, né del padre antico,
né de' fratei, che molti e valorosi
sotto il ferro nemico nella polve
cadran distesi, non mi accora, o donna,
sì di questi il dolor, quanto il crudele
tuo destino, se fia che qualche Acheo,
del sangue ancor de' tuoi lordo l'usbergo,
lagrimosa ti tragga in servitude.

Misera! in Argo all'insolente cenno
d'una straniera tesserai le tele.
Dal fonte di Messìde o d'Iperèa,
(ben repugnante, ma dal fato astretta)
alla superba recherai le linfe;
e vedendo talun piovere il pianto
dal tuo ciglio, dirà: Quella è d'Ettorre
l'alta consorte, di quel prode Ettorre
che fra' troiani eroi di generosi
cavalli agitatori era il primiero,
quando intorno a Ilïon si combattea.

Così dirassi da qualcuno; e allora
tu di nuovo dolor l'alma trafitta
più viva in petto sentirai la brama
di tal marito a scior le tue catene.
Ma pria morto la terra mi ricopra,
ch'io di te schiava i lai pietosi intenda.

Così detto, distese al caro figlio
l'aperte braccia. Acuto mise un grido
il bambinello, e declinato il volto,
tutto il nascose alla nudrice in seno,
dalle fiere atterrito armi paterne,
e dal cimiero che di chiome equine
alto su l'elmo orribilmente ondeggia.
Sorrise il genitor, sorrise anch'ella
la veneranda madre; e dalla fronte
l'intenerito eroe tosto si tolse
l'elmo, e raggiante sul terren lo pose.
Indi baciato con immenso affetto,
e dolcemente tra le mani alquanto
palleggiato l'infante, alzollo al cielo,
e supplice sclamò: Giove pietoso
e voi tutti, o Celesti, ah concedete
che di me degno un dì questo mio figlio
sia splendor della patria, e de' Troiani
forte e possente regnator. Deh fate
che il veggendo tornar dalla battaglia
dell'armi onusto de' nemici uccisi,
dica talun: Non fu sì forte il padre:
E il cor materno nell'udirlo esulti.

Così dicendo, in braccio alla diletta
sposa egli cesse il pargoletto; ed ella
con un misto di pianti almo sorriso
lo si raccolse all'odoroso seno.

Di secreta pietà l'alma percosso
riguardolla il marito, e colla mano
accarezzando la dolente: Oh! disse,
diletta mia, ti prego; oltre misura
non attristarti a mia cagion. Nessuno,
se il mio punto fatal non giunse ancora,
spingerammi a Pluton: ma nullo al mondo,
sia vil, sia forte, si sottragge al fato.
Or ti rincasa, e a' tuoi lavori intendi,
alla spola, al pennecchio, e delle ancelle
veglia su l'opre; e a noi, quanti nascemmo
fra le dardanie mura, a me primiero
lascia i doveri dell'acerba guerra.

Raccolse al terminar di questi accenti
l'elmo dal suolo il generoso Ettorre,
e muta alla magion la via riprese
l'amata donna, riguardando indietro,
e amaramente lacrimando (…)

Omero, Iliade libro VI (trad. V. Monti)

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E questo De Chirico in una delle sue tele della serie dedicata all'addio di Ettore e Andromaca:

http://www.google.it/imgres?imgurl=...a&hl=it&safe=off&sa=G&gbv=2&tbs=isch:1&itbs=1
 
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Zefiro

da sudovest

molto comodo direi (per D: prendi nota, ti può esser utile :mrgreen: )

"non è vero che lasciare qualcuno sia doloroso, mai cosa fu più facile di questa.Sarà che sei talmente....da avermi aiutata parecchio...addio!" :p

se c'è una cosa che non si può non adorare di Luisa è la sua innata capacità di romanticismo in ogni parole che dice :YY :YY
 
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franceska

CON LA "C"
Diciamo che per dirsi addio troppe parole sono inutili, se è finita è finita, meglio non parlarne più, anzi, meglio una canzone…


 
Ricordo le parole che scrissi ad un ragazzo molti anni fa.Un vero idiota...
erano più o meno queste...

"non è vero che lasciare qualcuno sia doloroso, mai cosa fu più facile di questa.Sarà che sei talmente....da avermi aiutata parecchio...addio!" :p


Talmente idiota da lasciarlo senza rimpianti, sembra addirittura con gioia; non sufficientemente idiota da evitare di mettertici insieme.

Brutti gli addii, ma ancora più brutto non saperli accettare e purtroppo succede sempre più spesso.
Non accettare un addio è da idiota.
 

Sopraesistito

Black Cat Member
Non sono mai stato degnato di un addio, ma di tante formule tipo "in futuro si vedrà" o semplicemente di lunghi silenzi, pause e altri modi per abbandonare qualcuno senza doverlo affrontare.
Il risultato è stata una vera e propria tortura che a volte è durata mesi, perchè io sono stupido e se non mi si dicono le cose a lettere cubitali non le capisco. Sono anche poco profondo, ragion per cui resto a soffrire il più a lungo possibile per darmi una parvenza di umanità anzichè saltare alla prossima frivolezza come la mia natura detterebbe.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
L'addio è una delle grandi opportunità che mi può capitare nella vita, potrebbe essere fonte di sofferenza, ma per chi non ha paura il cambiamento molto spesso è rinascita e la sofferenza non è che l'adattamento ad essa.


 

SALLY

New member
Interessante e curiosa la discussione,io ricordo benissimo l'addio col mio ex marito,dopo un matrimonio in cui Dio non c'è entrato per niente,all'età di Cristo (33anni)ha avuto una crisi mistica,ed ha cominciato a seguire le regole di questa fede,per un pò l'ho seguito per vedere cos'era,ma per me era insopportabile,al che gli ho dato una specie di ultimatum,mi ha risposto che lui la vita eterna per la moglie non se la giocava,bene-ho detto-io non mi gioco questa,sono passati 27 anni,da allora cene sono stati tanti,dati e ricevuti,l'ultimo che ho ricevuto:se n'è andato sbattendo la porta e dicendomi che io non sapevo nemmeno cos'è una coppia.:mrgreen:credo che avesse ragione,dopo un'addio una parte di me fà le capriole,respira a pieni polmoni,e analizzando queste mie reazioni ho capito e deciso che dovevo stare da sola.:wink:
 

darida

Well-known member
L'addio più cocente per me fu quando il Sigfrido mi lasciò per la Loredana, tutti e tre sui 10 anni, ma il furbetto voleva tenere il piedino in due scarpe, messo di fronte alla sua responsabilità, scelse l'altra donna :mrgreen:
 
Liberatoooooorio l'addio.
Pur che sia con meno parole possibili (o anche nessuna),veloce,il piu' indolore possibile........e poi,subito, lo sguardo leggero e aperto ad ogni nuova dal Mondo!

T.
 

skitty

Cat Member
Argomento per me molto doloroso... quindi preferisco prenderla sul ridere!. :)

Zef, davvero molto bello l'addio tra Ettore e Andromaca, toccante... ma...
che, secondo te, ci entra in un sms? :?
 

asiul

New member
Talmente idiota da lasciarlo senza rimpianti, sembra addirittura con gioia; non sufficientemente idiota da evitare di mettertici insieme.

Brutti gli addii, ma ancora più brutto non saperli accettare e purtroppo succede sempre più spesso.
Non accettare un addio è da idiota.

Questa è cattivella, ma prima di fare una simile osservazione dovresti sapere perché lo cosiderai un idiota.

Non ho detto che la cosa m'avesse fatto piacere o gioire. L'unico rimpianto è stato quello di averlo frequentato.

Tra l'altro lui non accettò l'addio.
 

Sir

New member
Mai ricevuto, mi pare, nè detto alcuno finora.
Mi ritengo piuttosto fortunato, credo che saprei produrre poco più di un "ciao".
 

Zefiro

da sudovest
L'addio più cocente per me fu quando il Sigfrido mi lasciò per la Loredana, tutti e tre sui 10 anni, ma il furbetto voleva tenere il piedino in due scarpe, messo di fronte alla sua responsabilità, scelse l'altra donna :mrgreen:

Chissà se il Sigfrido nel frattempo ha imparato l'ineffabile arte di tenere il piede in più scarpe senza farsene accorgere... :YY
 

Dayan'el

Σκιᾶς ὄν&#945
Come diciamo noi "addio"? Come l'abbiam detto quando ci siam trovati a dirlo, non solo in situazioni affettive, ma in generale, con ciò intendendo: che parole abbiamo usato? Oppure, di contro, che parole hanno usato altri (sperabilmente se scritte, scritte da loro! :roll: ) per dire addio a noi?

Eppure gli addii son qualcosa di pesantissimo. Per chi lo da e per chi lo riceve. Sia quando si vuole, sia quando non si vuole (ma si deve) andar via. Accade a volte che quelle parole caricheranno d'altro un intero pezzo di vita col peso deformante della visione prospettica, a posteriori, della fine ed anche a quelle parole talvolta rimarrà quindi legato molto e molto a lungo. A volte per sempre.


Mannaggiatté, Zef, il sole al 42° fa brutti scherzi. :mrgreen: Magnifico thread, come al solito del resto.

Gli addii hanno in sé lo stesso carattere scandaloso della morte, del termine, della cesura, pertanto posseggono la virulenza e l'attrattiva del tragico: sono i commiati di Ettore, e prima ancora di Edipo, misero esule a Colono; è l'irreversibilità, l'ineluttabilità di un accadimento al quale non si potrà porre rimedio. Certo, è più doloroso ricevere un addio rispetto al doverlo pronunciare; ancora una volta è quella possibilità dell'impossibile in versione miniaturizzata, imprevista, esorcizzata probabilmente nel commercio quotidiano della schiavitù offerta disinvoltamente nel ciao, la fine che, retrospettivamente, infonde senso all'intero percorso, lo informa di sé fino a modificare la struttura stessa del ricevente.


Non amo gli addii, né li disprezzo. A volte le circostanze si fanno tali per cui è inevitabile, indispensabile. L'ultimo da me inviato risale a poco tempo fa, era gennaio. Un'amicizia traballante mi era già costata un prezzo molto alto, e, nonostante ciò e i continui respingimenti, chiedeva a gran voce di tramutarsi in altro. Usai parole cortesi e spietate, ad oggi non ne sono pentito. Rassicurai la persona in questione di averlo in grande stima, dopodiché giudicai la sua presenza nella mia vita deleteria e svilente e conclusi dicendo: "Quanto al conseguimento della felicità, ho tracciato i miei sentieri; tu non saresti funzionale allo scopo".

Ma voglio riportarne un altro, solo un aneddoto da ridere. Avrò avuto tredici o quattordici anni, terza media o prima superiore; mi arrivò sul cellulare un sms con su scritto «D. mi sono pazzamente innamorata di te, ti prego incontriamoci», ovviamente sto andando a memoria, ma quello è il sunto. Replicai, presagendo lo scherzo «Mi spiace, hai sbagliato numero.». Ad un altro tentativo, risposi ancora «L'ho detto una volta. Hai sbagliato numero. Addio.» Non ho mai saputo se fosse uno scherzo o se in quel modo mi sono perso qualcosa. E temo mai lo saprò.
 

asiul

New member
Mannaggiatté, Zef, il sole al 42° fa brutti scherzi. :mrgreen: Magnifico thread, come al solito del resto.

Gli addii hanno in sé lo stesso carattere scandaloso della morte, del termine, della cesura, pertanto posseggono la virulenza e l'attrattiva del tragico: sono i commiati di Ettore, e prima ancora di Edipo, misero esule a Colono; è l'irreversibilità, l'ineluttabilità di un accadimento al quale non si potrà porre rimedio. Certo, è più doloroso ricevere un addio rispetto al doverlo pronunciare; ancora una volta è quella possibilità dell'impossibile in versione miniaturizzata, imprevista, esorcizzata probabilmente nel commercio quotidiano della schiavitù offerta disinvoltamente nel ciao, la fine che, retrospettivamente, infonde senso all'intero percorso, lo informa di sé fino a modificare la struttura stessa del ricevente.

Sul grassetto non concordo, ma parlo solo per me, non pretendo sia così per tutti.
A volte dover dire addio, mi riferisco al gesto in se stesso non a ciò che potrebbe significare o accadere dopo è molto difficile, quasi impossibile da accettare ,anche per la persona che deve pronunciarlo.

Può dipendere da molti fattori D., dal tempo, dall'intensità del tempo trascorso assieme, dalle circostanze, dalla paura di dover cambiare pur volendolo fortemente.
Non sempre la persona che pronuncia l'addio, ha il compito più facile.

(...) "Quanto al conseguimento della felicità, ho tracciato i miei sentieri; tu non saresti funzionale allo scopo".

Hihi...sei tremendo! :mrgreen:

Ma voglio riportarne un altro, solo un aneddoto da ridere. Avrò avuto tredici o quattordici anni, terza media o prima superiore; mi arrivò sul cellulare un sms con su scritto «D. mi sono pazzamente innamorata di te, ti prego incontriamoci», ovviamente sto andando a memoria, ma quello è il sunto. Replicai, presagendo lo scherzo «Mi spiace, hai sbagliato numero.». Ad un altro tentativo, risposi ancora «L'ho detto una volta. Hai sbagliato numero. Addio.» Non ho mai saputo se fosse uno scherzo o se in quel modo mi sono perso qualcosa. E temo mai lo saprò.

Ma poverella! :paura:

:mrgreen:


PS Zefiro? No dico, hai letto! Pretendo lo stesso trattamento, capito?! :YY
 
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