Vittorio Alfieri, il gigantismo dell'io

aschenbach

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Alfieri nacque ad Asti nel 1749, e la sua vita è raccolta in un’autobiografia, quest’autobiografismo fu un chiaro segno del rafforzarsi del senso di individualità. Diceva: Essere primo fra gli ottimi, o non essere nulla, con questa voglia infiammata di essere primo fra i grandi, in questo colloquio con se o con altri grandi antichi, nella nobile solitudine tragica io ritrovo in lui i tratti estetici ed etici per essere considerato uno dei più grandi tragici italiani da Sofocle a noi. In opposizione al tiranno non sapeva concepire che l’eroe, l’individuo d’eccezione, che non si piega al giogo, insensibile alle lusinghe ed al timore, si erge di fronte alla tirannide in una solitudine orgogliosa, giungendo al tirannicidio nella forma individualistica e stirneriana del gesto solitario ed egoistico, ogni suicidio è altamente narcisistico come rimarca molto bene Carmelo Bene, in questa titanica lotta non solo con i tiranni sociali, ma anche interiori.
Una sua tragedia diventa il teatro solitario dove se stesso, un se stesso pieno di un ego smisurato che viene affermato anche nella morte-suicidio.
Mi interessava sapere se ci fossero altri ai quali è piaciuto e che hanno trovato interessante il suo teatro.
 
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