Ho iniziato a leggere questo libro con grande curiosità: la struttura del romanzo mi incuriosiva (venti capitoli, venti giorni in vent'anni nella vita dei due protagonisti), mi sembrava avere grandi potenzialità per dare un tocco in più a una commedia romantica.
E invece, non si fosse trattato di un audiolibro letto da una voce con un accento delizioso, lo avrei mollato dopo la prima ora di ascolto, temo.
I personaggi sono degli stereotipi viventi, delle macchiette piatte e insopportabili senza nulla in comune (come diamine abbiano fatto a continuare a gravitarsi attorno per vent'anni, ancora me lo sto chiedendo), la scrittura è noiosa e poco interessante, e tutto è tirato per il lungo in una maniera insopportabile. Credo che, anche eliminando un centinaio di pagine, la storia sarebbe apparsa esattamente invariata, e, anzi, il romanzo ne avrebbe guadagnato in scorrevolezza.
Non c'è niente di realistico, in questo romanzo: i dialoghi sono delle brutte sceneggiature di quei film dove i personaggi parlano in maniera assurda, con battute veloci e apparentemente brillanti che, però, il senso della realtà proprio non sanno nemmeno dove stia di casa. E sono irritanti come la sabbia sul gelato.
A quanto pare, poi, questo romanzo dovrebbe essere disegnato per spremere tutte le tue lacrime, e io, che piango anche con gli spot in TV, non ho fatto neanche una piega: sono rimasta con un sopracciglio sollevato, a sopprimere a stento uno sbadiglio, e a domandarmi sull'orlo di una crisi di nervi perché, perché dopo quel determinato avvenimento il libro non fosse finito, ma continuasse per altre cento lunghissime, strazianti, noiose, piattissime pagine.
Da qualche parte ho letto che dovrebbe trattarsi di un "grande romanzo sociologico inglese".
Non so, devo aver letto un altro libro con lo stesso titolo, perché la cosa non si spiega.