chi non sa ridere di sé stesso non può essere intelligente!
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chi non sa ridere di sé stesso non può essere intelligente!
...che per ogni cosa che si aggiusta ce ne sono almeno altre tre che si rompono![]()
Si oppone resistenza, vedo... Chiederò autorizzazione per procedere al Trattamento Sanitario Obbligatorio. Due pastiglie e passa la paura.
Più seriamente parlando, io credo semplicemente che tutte le belle cose che avete elencato (capire noi stessi e gli altri, rafforzare amicizie che lo meritano o lasciarne perdere altre, rispettare e, perchè no, amare gli altri anche se in disaccordo con noi, etc.) siano tranquillamente raggiungibili senza ricorrere ad un litigio che presenta rischi considerevoli.
Te la butto lì: mi pare che l'arrendersi presupponga un combattere, e che il combattere presupponga un avversario e una mèta. Dove identifichiresti questi elementi?
E se, invece, non si cominciasse proprio la lotta?
Che più fai del bene e più ricevi il male. E che non ci si deve fidare di nessuno, nanche degli amici.
Io però non intendevo il genere di insoddisfazione a cui vi siete riferiti tu e asiul.
Concordo che il fatto che ci sia sempre una ricerca, un aspirare a raggiungere sempre nuove mete sia positivo.
Quello a cui mi riferivo è che non siamo mai contenti, nel senso che non apprezziamo a dovere le cose buone che abbiamo intorno a noi. Le diamo per scontate e non ne traiamo la soddisfazione che potrebbero darci.
Certo che presuppone un combattere. Non conosco essere vivente che non lo faccia. Pensa agli animali. Cibarsi, riprodursi, sono processi che richiedono la lotta, e come se non bastasse ci sono sempre gli acciacchi, gli intoppi, la malattia, la vecchiaia. Contro mille cose combattiamo, tutti i giorni. E se più in dettaglio vogliamo discutere degli uomini e le loro relazioni, cosa vuoi che dica? L'uomo non è buono. E spesso, anche senza volere, siamo nemici per qualcuno. I candidati ammassati a migliaia nei concorsi pubblici, o anche nel privato, i sazi signori della domenica pomeriggio a cercare parcheggio nei centri commerciali, la corsa all'accaparramento dell'ultima taglia di una t-shirt o il primo numero in pescheria il 31 dicembre: sono tutti esempi di 'inimicizie civili'. Delle volte, Sir, siamo nemici di qualcuno per il solo fatto di esistere. Lo siamo quando delle forze dichiarano illegittima la nostra presenza al mondo: quando nasciamo invalidi e/o inabili al lavoro; quando l'omosessualità viene condannata dalle confessioni o dagli Stati; quando siamo figli immondi creati in provetta. Nessuno conosce i nostri nomi o le nostre storie, eppure, sulla base di principi astratti, non dovremmo esistere. E non basta, non è tutto. Seppure il consorzio umano trovasse un modo per vivere in pace, rimarrebbero mille e mille avversità di madre natura contro cui confrontarsi. Non farsi annientare dai suoi capricci, maremoti, terremoti, carestie e intemperie, epidemie, parassiti. Di fronte a tutto ciò, finché posso, ho tutta intenzione di difendermi.![]()
Ragionamento ineccepibile, esattamente quello che mi aspettavo del resto, ma non ne condivido i presupposti.
Lungi da me l'idea di pontificare o intavolare diatribe morali in uno spazio volutamente e giustamente "leggero" come questo; ma una riflessione di questo genere, con l'una e l'altra campana, non penso faccia mai male.
Citi la natura e accomuni l'uomo agli altri esseri viventi, ma c'è una distinzione. E' la nostra coscienza a creare una lotta laddove esiste solo una cieca competizione, retta sulla mera casualità e imbastita dalle istruzioni fornite dai geni, della quale nessun organismo si avvede.
Il predatore che cattura la preda compete per sopravvivere, in quel preciso giorno e in quel preciso istante. L'uomo invece spesso lotta per vincere, in situazioni del tutto irrilevanti per la natura. Due scenari molto diversi.
Non credo che siamo nemici di qualcuno per il solo fatto di esistere. Credo piuttosto che inimicizia, lotta, vittoria e sconfitta siano concetti che nascono esclusivamente nella nostra mente e che allo stesso modo possano morire. Si tratta di scegliere, esattamente come scegliamo di evitare, ingannare o reindirizzare quotidianamente le istruzioni fornite dai nostri geni.
Non so se questa lettura corrisponda alla verità, anche se lo sospetto; mi pare in ogni caso che sia conveniente adottarne gli esiti. Metteremmo forse a frutto questa facoltà, la coscienza, che abbiamo rocambolescamente maturato e sicuramente ci sottrarremmo alla contraddizione sottintesa nella mia domanda e nella tua risposta: lottare contro la vita per la vita.
Ne siamo certi? Io nelle battaglie quotidiane, nelle piccole competizioni delle volte assurde, quando non propriamente stupide, ho sempre visto soltanto delle variazioni del tema: riproposto su scale diverse, ma sempre quello. La lotta passata attraverso le maglie dell'etica e del diritto, attraverso il filtro della coscienza, come diresti tu. E va bene, riusciamo a vivere 'civilmente' ma non 'pacificamente', non credo si possa chiedere di più. Penso alla lettura di Foucault, al suo concetto di potere dinamico, esteso, quasi fosse una sostanza eterea a riempire ogni interstizio della vita associata, a tutti i livelli. Quindi, quand'anche le ragioni contingenti fossero banali, nessuno mi toglie dalla testa sia sotteso un modello ben preciso, ed è quello comune ai viventi: vincere per affermarsi.
E chi siamo noi per eliminare la contraddizione su cui si fonda la natura? La vita divora se stessa costantemente, e da qui si rigenera e perisce ancora e così via. Noi uomini non siamo che accidenti nella sua economia, che il sistema ci appaia oscuro, alla fine ci può stare. Il tuo ragionamento è nobile ed è anche consolante leggerlo, ma temo sia di fatto inapplicabile ad una realtà ben lontana dai trattati morali. Godremmo di conseguenze benefiche e forse anche alla lunga salvifiche, tuttavia dovremmo essere in grado di creare gli effetti, la questione è solo questa. Tu credi sia possibile all'animale uomo produrre effetti diversi da quelli previsti dall'ordine naturale, seppur mitigati e regolati nelle strutture umane?Originariamente scritto da Sir
A questa domanda voglio rispondere banalmente, e senza troppa filosofia. Dalla mia esperienza, soprattutto lavorativa, posso dire di aver visto molto di quella distribuzione del potere prima accennata, delle miserie anche piccolissime, della cattiveria distillata riscontrabile nella gran parte, se non in tutti. Vedo continuamente uomini compiere torti del tutto gratuiti: ciò che li appaga è il piacere di farlo. E mi succede spesso di essere io in prima persona a dover tacere.. le regole aziendali, la deontologia. Non serve Schopenhauer per diventare pessimisti (almeno su questo): basta mischiarsi alla fiera del mondo, basta viverci dentro.
Come ti ho detto prima, quello che ho visto io invece mi ha suggerito che sia proprio il tema a mutare, e che l'uomo si sia forzatamente allontanato per adottare il suo proprio modello nel momento stesso in cui ha iniziato a vedere oltre il proprio naso.
Tu vedi una contraddizione in questo? Non era a questa che mi riferivo io, perchè mi pare invece la massima forma di armonia; vita e nient'altro che vita.E chi siamo noi per eliminare la contraddizione su cui si fonda la natura? La vita divora se stessa costantemente, e da qui si rigenera e perisce ancora e così via.
La contraddizione è proprio quella dell'uomo che tenta di inserirsi nel processo, presume di poter giocare un ruolo a sè stante e lotta coi mulini a vento; pensa che avere più cibo nella pancia, condurre un'esistenza più soddisfacente, lunga, "felice" o moralmente "giusta" significhi avere "più vita", come a strapparne un pezzo, mentre la vita non si partiziona nè si presta ad essere lesa.
Assolutamente no.Tu credi sia possibile all'animale uomo produrre effetti diversi da quelli previsti dall'ordine naturale, seppur mitigati e regolati nelle strutture umane?
Le strutture umane (compresa la morale, cui hai accennato prima) non hanno evidentemente alcun potere in merito. Se hai interpretato il mio "rimedio" in questo senso forse non ci siamo ben capiti.
Si tratta, banalmente, di comprendere e soffrire meno.
Se non c'è opposizione, non ci sono più nemmeno effetti nè ordini naturali. E, come ho detto prima, io al momento ritengo che l'opposizione sia solo nella nostra testa.
Lo stesso potrei dire del "pessimismo" che hai tirato in causa più avanti. Facciam conto di parlare tra amici davanti a un bicchiere di vino; nove volte su dieci le mie impressioni coincidono con le tue e il mio pensare è influenzato da quella cattiveria che emerge ovunque (fino a non molto tempo fa, non ti nascondo, ne sarebbe stato sovrastato). Però, soffermandomi un attimo, mi rendo conto che questo non è decisivo, nè tantomeno produttivo.
Se non si vede la cattiveria (o se si vede oltre), esistono solo comportamenti.
Non c'è nulla di nobile, nulla di salvifico, nulla che elevi l'umanità - verso dove, poi? - in questo. Per me, in vino veritas come sopra, volgermi verso tali lidi è stata a tratti autentica questione di sopravvivenza. Per altri immagino possa assumere diversi significati e diversi risultati, comunque buoni. Credo, banalmente e con la massima franchezza, che sia al momento quanto di meglio si possa fare; un modo per gestire questo incidente evoluzionistico senza precedenti che ci ha dotati di un cervello troppo grande per i suoi scopi originari.
Continuate...è un peccato intervenire.
![]()
che al peggio non c'è mai fine![]()
che quando una cosa è rotta è inutile rimettere i pezzi assieme... le fratture restano per sempre...
che fa più male una carezza non ricevuta di uno schiaffo preso...
che non si deve mai chiedere quello che dovrebbe nascere da sé... non è mai la stessa cosa...
che la fiducia di una persona è un dono prezioso ed inviolabile...
che ogni insegnamento della vita non è mai definitivo...
Che ostinarsi a voler sempre capire tutto (o pretendere di capire) è accanimento terapeutico!!![]()
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