Giurgola, Antonello - L'angelo di Lisbona

franceska

CON LA "C"
Questo libro di Antonello Giurgola narra la storia di Padre Manuel, un uomo in fuga dai suoi stessi pensieri, e insieme a fatti conosciuti, l’autore racconta una fuga dai rimorsi… tra inseguitori e fuggitivi in cui è difficile capire quale sia uno e quale l’altro.
Da un improbabile incontro avuto col colonnello Suarez, Padre Manuel inizia un viaggio a ritroso nel tempo.
La storia si srotola in un contesto disperato, tra sofferenza e rivoluzione, dove anche il segno della croce, a volte, può apparire inutile. Una disfatta di paura e tormento nell’ineluttabile imprevisto che offre la vita. Bella la metafora che propone l’autore:
“E’ il viaggio stesso la meta a cui si vuole arrivare” .
Una fuga dall’America Latina per approdare in Portogallo a fare i conti col destino. Ma quale destino?
Padre Manuel è un uomo capace di grandi gesti d’amore, non solo dettati da un abito religioso, ma audace anche di quell’amore carnale che non si dovrebbe mai contestare, perché nessuno al mondo ha il diritto di negare l’amore, quando questo è puro. Un amore lasciato nella semplicità di quel “Adesso non ti amo” , un passaggio che ho trovato di una profondità straordinaria… superiore.
“La coscienza ha l’abitudine di rinnovare la condanna a chi la interroga e di assolvere chi la evita scrupolosamente”
e i giudizi della coscienza, per padre Manuel, sono sempre vividi, in un continuo scambio tra essere vittima e carnefice; o che si trovi rinchiuso in un carcere, a scontare colpe di libertà, o nella finta libertà dei propri pensieri. Ma è Lisbona che ha dato un fatale appuntamento… ma davvero è deciso un destino? Il destino di Padre Manuel, dettato parola per parola dal rimorso. Parole di un angelo o di una mente confusa… e un angelo potrà mai assolvere un gesto disperato o soffocare ancor di più il respiro di un uomo?
Lo spirito degli errori cammina di pari passo attraverso le vie intersecate della storia e dei pensieri, ma resta lì, in un finale che non dà certezza di essere atteso o fatalmente imprevisto.
Un racconto che raschia a mani nude giustizia e amore, che si ferisce le dita scavando miseria e viltà.
Pensieri profondi, resi magnificamente dall’autore. In ogni pagina mi stupisce la scrittura di questo artista… non è la prima volta che lo fa, trovo che sia capace di denudare la solitudine di un uomo, con umiltà e coraggio, quell’umiltà che fa di un uomo un “vero uomo”.
Non nego di aver fatto qualche passo indietro perdendomi nella storia. E’ un libro enigmatico che, una volta terminato, andrebbe ricominciato daccapo per essere assimilato nella totalità della sua bellezza.
“La soluzione dell’enigma è nell’accettare che nella vita di ognuno c’è un disordine perfetto non interpretabile né modificabile”
… un libro assolutamente da leggere.
 
l1angelo di lisbona sará meglio la recensione o il libro? io lo leggeró volentieri se

Questo libro di Antonello Giurgola narra la storia di Padre Manuel, un uomo in fuga dai suoi stessi pensieri, e insieme a fatti conosciuti, l’autore racconta una fuga dai rimorsi… tra inseguitori e fuggitivi in cui è difficile capire quale sia uno e quale l’altro.
Da un improbabile incontro avuto col colonnello Suarez, Padre Manuel inizia un viaggio a ritroso nel tempo.
La storia si srotola in un contesto disperato, tra sofferenza e rivoluzione, dove anche il segno della croce, a volte, può apparire inutile. Una disfatta di paura e tormento nell’ineluttabile imprevisto che offre la vita. Bella la metafora che propone l’autore:
“E’ il viaggio stesso la meta a cui si vuole arrivare” .
Una fuga dall’America Latina per approdare in Portogallo a fare i conti col destino. Ma quale destino?
Padre Manuel è un uomo capace di grandi gesti d’amore, non solo dettati da un abito religioso, ma audace anche di quell’amore carnale che non si dovrebbe mai contestare, perché nessuno al mondo ha il diritto di negare l’amore, quando questo è puro. Un amore lasciato nella semplicità di quel “Adesso non ti amo” , un passaggio che ho trovato di una profondità straordinaria… superiore.
“La coscienza ha l’abitudine di rinnovare la condanna a chi la interroga e di assolvere chi la evita scrupolosamente”
e i giudizi della coscienza, per padre Manuel, sono sempre vividi, in un continuo scambio tra essere vittima e carnefice; o che si trovi rinchiuso in un carcere, a scontare colpe di libertà, o nella finta libertà dei propri pensieri. Ma è Lisbona che ha dato un fatale appuntamento… ma davvero è deciso un destino? Il destino di Padre Manuel, dettato parola per parola dal rimorso. Parole di un angelo o di una mente confusa… e un angelo potrà mai assolvere un gesto disperato o soffocare ancor di più il respiro di un uomo?
Lo spirito degli errori cammina di pari passo attraverso le vie intersecate della storia e dei pensieri, ma resta lì, in un finale che non dà certezza di essere atteso o fatalmente imprevisto.
Un racconto che raschia a mani nude giustizia e amore, che si ferisce le dita scavando miseria e viltà.
Pensieri profondi, resi magnificamente dall’autore. In ogni pagina mi stupisce la scrittura di questo artista… non è la prima volta che lo fa, trovo che sia capace di denudare la solitudine di un uomo, con umiltà e coraggio, quell’umiltà che fa di un uomo un “vero uomo”.
Non nego di aver fatto qualche passo indietro perdendomi nella storia. E’ un libro enigmatico che, una volta terminato, andrebbe ricominciato daccapo per essere assimilato nella totalità della sua bellezza.
“La soluzione dell’enigma è nell’accettare che nella vita di ognuno c’è un disordine perfetto non interpretabile né modificabile”
… un libro assolutamente da leggere.

:wink::D:DEcce
 

Stefy

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Penso che lo rileggerò = privilegio riservato a pochi scrittori...

Dall’incipit si respira un’aria che non è capace di svelare del tutto.
Ma solo se si legge “tra le righe” quali risvolti o quale epilogo attende il lettore.
Riesce a essere sorprendente a tratti, come un vento che improvvisamente è capace di cambiare direzione e forza, o come un mare appena increspato che ci ospita, non sempre comodi, in questo viaggio.
Un viaggio che non è vissuto “in linea retta” e dove “ci si accorge che l’unica strada da cercare è la via d’uscita, magari sapendo che non esiste.”
Nel corso di poche ore, spesse scandite con forza, si srotola la trama di un’intera vita e dei suoi passaggi cruciali (dove anche i richiami a fatti storici son inseriti in modo a dir poco magistrale): quella di Manuel, o meglio, Don Manuel, il suo protagonista.
Dal titolo si immaginerebbe un angelo dall’aspetto soave, dolce, dalla bellezza unica, dai capelli biondi.
E invece no.
Quest’angelo capace di servirci su un piatto d’argento l’animo (dai colori cupi o brillanti) di Manuel, è un colonnello, Suarez, che egli aveva ucciso vent’anni prima.
In questo libro si crea un’empatia per Manuel che nasce spontanea, ma con forza, e che non ha bisogno di nessuna spiegazione.
C’è un chiedersi spesso: “cosa avrei fatto io” che fa entrare il lettore nella storia, senza appello. Questo è un libro che va assaporato non solo per il cammino degno che si compie attraverso le emozioni dell’anima, nella forza caratteriale, nella fragilità umana. Ma deve essere assaporato anche per la maestria con la quale l’autore gestisce a tutto tondo ciò che ruota attorno al protagonista, quindi fuori e dentro di lui. Un libro che vive perché ci fa "usare" tutti i sensi dei quali disponiamo.
Colpiscono quindi le descrizioni ambientali, tanto che sembrano pennellate su una tela e i colori ci sono tutti, evidenti; ci sono sapori, profumi, suoni, sensazioni tattili.
Colpisce anche il modo di ragionare, di ricordare, più che di raccontare, e di rendere i dialoghi, non solo ben dosati e verosimili, ma anche e soprattutto, efficaci.
Colpisce quanto è visibile ogni personaggio nella sua caratterialità e anche in questo aspetto l’autore non usa “molte” parole, ma le usa “bene”.
Colpisce anche il fatto che non si scade mai nel banale, nel falso pudore e neanche nella spocchiosità. Potrebbe essere uno dei libri sui “perché” che varrebbe la pena riprendere in mano per una sua rilettura (personalmente destinata a pochi eletti). Un riferimento allo stile è d’obbligo: lo trovo accattivante, originale e l’uso delle parole “come pietre” lo rende di alto profilo narrativo. In generale un libro da leggere, da gustare in solitudine e possibilmente non tutto d’un fiato.
 
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Maria Iervolino

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C‘è un posto da cui il viaggio comincia…
Capita che un viaggio cominci a un tavolo di una pausada nella piazza di Cayambè in Ecuador e finisca a Sesimbra, alle otto di una sera qualunque tra Natale e Capodanno. Capita che un viaggio così non possa essere fatto in linea retta, perché non c’è un itinerario tracciato o una rotta marina già percorsa, si vaga tra quattro continenti e nel labirinto irrisolto della vicenda ci si accorge che l’unica strada da cercare è la via d’uscita, magari sapendo che non esiste.”

È questo l’inizio del viaggio di Manuel, ometto il Don, perché il protagonista non è solo un prete, non nel senso canonico. Non c’è accenno alle preghiere in questo libro, le preghiere vengono riposte laddove il protagonista si accorge che spesso non servono a ricucire le ferite. L’ordine è dimenticato, seppellito dalle condizioni in cui non può sopravvivere. Le regole ignorate perché non possono esservi regole in situazioni in cui anche le parole perdono il proprio significato. Manuel è un amante, persosi negli occhi, resi fissi dalla cecità, di una lei che tornerà tanti anni dopo, sulla sua bocca, o solo nella sua mente in un “Adesso ti amo” perché “Il tempo che consuma la gioia e il dolore permette una sola coniugazione del verbo amare: al presente retroattivo.” Manuel è il detenuto che, in un campo minato della prigione Ecuadoriana di Ibarra, striscia fuori dalla luminosità di un faro, cercando scampo nel buio ben sapendo che è proprio il buio, più della luce, a favorire la salvezza.
Manuel è un viaggiatore tra le strade della vita e del mondo, un visitatore attento: “Per sapere se si è veramente viaggiato, bisognerebbe mettere a confronto la medesima persona prima e dopo il viaggio, e se non c’è cambiamento ma perfetta coincidenza vorrà dire che il viaggiatore ha bluffato, ha percorso chilometri senza muoversi di un metro, il suo viaggio è stato inutile come quello di un turista.” È un professore, che non accetta compromessi, fiero di sé e di non dover mai usare la parola grazie per compiacere.
Manuel è un uomo, vivo, reale, credibile. Ed è forse il suo stesso angelo, il suo demone e la sua coscienza.
Bellissimo libro, l’autore è riuscito a coinvolgere tutti e cinque i sensi per raccontare questa storia di grande impianto storico, con una buona trama, spunti ironici e splendide digressioni. Lo consiglio a tutti.
 

melaverde

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Melaverde Recensione de "L'Angelo di Lisbona "di antonello Giurgola

L'Angelo di Lisbona è un romanzo che si legge d'un fiato, salvo poi aver voglia di rileggerlo, tanto è coinvolgente questo viaggio dentro l'anima che accomuna in un solo destino vittima e carnefice.

L'impatto con la realtà equadorena induce Don Manuel, il protagonista, a mettere in discussione le proprie certezze, scavando nel mistero dell'animo umano, capace di grandiosità e bassezze e a vedere in ogni uomo, umiliato da miseria guerra e morte, il volto agonizzante del Cristo in croce.

Una vita senza possibilità di riscatto sembra quella di Manuel, segnata per sempre da un evento drammatico cui l'uomo, tra rimorsi e rimpianti, tenta di restituire significato, lungo itinerari in America latina tra guerre e rivoluzioni e incongrui percorsi.
Percorsi che sembrano fatti per smarrirsi e perdersi più che per giungere a una meta. Per continuare a chiedersi se era sbagliata quella che era apparsa la scelta migliore e ritrovarsi dopo vent'anni di fronte allo specchio di una pasticceria che moltiplica l'immagine di un uomo solo.

Dall'Equador a Sesimbra, dove il cerchio si chiude in un epilogo inconsueto, si svolge l'umana vicenda del tormentato prete assassino in un racconto pervaso di saudade e denso di suggestioni surreali. Così nessuno si stupirà di impossibili incontri, dove morti e vivi si affiancano fino a sfiorarsi come due rette parallele che non si incontrano, separate da un sottile confine, ma vicine sul piano scivoloso della coscienza. Sarà possibile perfino imbattersi in un angelo magari coi baffi e in uniforme, perchè un angelo assume la forma che più si adatta alla circostanza.

Su tutto si staglia Lisbona, città di magiche atmosfere coi suoi odori e sapori; dove le struggenti note del fado divengono un inno all'addio e al silenzio o forse, finalmente, al perdono consolatorio di sé. Lisbona incantata dalla luna e l'Alfama coi suoi vicoli tortuosi che imprigionano il vento del sud; labirinti di strade coi gerani alle finestre o semplici feritoie da cui spiare la vita che passa.

Un libro, in definitiva, da leggere ma anche da rileggere perchè, a dispetto della semplicità della scrittura, è un romanzo complesso, che fa riflettere sulla vita e la morte, sulla violenza e sui perché delle azioni umane. Infine perchè a volte " La storia del viaggio di un altro può diventare una tappa del proprio viaggio personale."
dove "Ciò che pare chiaro spesso non si conosce davvero,e quello che ci sembra oscuro scopriamo di averlo già vissuto."
 
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