Lilin, Nicolai - Caduta libera.

Frundsberg

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Questo libro è il più bel documento contro la guerra che io abbia mai letto.
E', come già accaduto per "Educazione Siberiana", la descrizione autobiografica di un'esperienza traumatica: la missione antiterrorismo di Lilin in Cecenia.
Arruolato fra gli specnaz, i corpi speciali della Federazione Russa, il neocuneese venuto dalla Transnistria ci racconta la quotidianità della follia, il concetto di tempo senza sonno, l'alito della morte che riesce a rendere la vita secondo ed il secondo vita.
Violento come un temporale, "Caduta libera" ci racconta la progressiva disumanizzazione che l'animo umano può subire in due anni di conflitto.

Non c'è nulla di glorioso come la sopravvivenza...i Rambo veri esistono.
Sono figli di operai e contadini non raccomandati...e non vengono da Mosca.
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Storia (+/-) autobiografica (e fino a che punto lo sa solo l'autore) che racconta di quando Nicolai diventa maggiorenne e viene chiamato a servire la patria, solo che alla visita di leva fa una tale serie di scemenze che finisce nelle forze speciali dritto dritto nella guerra cecena: una sorta di Risiko che vede da una parte un impero che cade a pezzi retto da burocrati corrotti che muovono militari alcolizzati, dall'altra interesse miliardari gestiti da pazzi fanatici che muovono eroinomani che altro che i fumatori di hascisc di Marco Polo.
Il risultato è una macelleria di oltre 300 pagine con ogni sorta di dettaglio di tortura e spappolamento, deflagrazione, esplosioni e schizzi umani di ogni genere.
Non c'è dubbio che un'idea di cosa sia la guerra la dà, e la voglia di farla, a meno di non essere degli psicopatici, la toglie.
Lo stile di scrittura è semplice e diretto ed estremamente neutrale, anche se parrebbe che dopo averne ucciso a decine, i musulmani non gli stiano proprio simpatici.
Le ultime pagine sono dedicate alla riflessione.
Vale la pena di ricordare pag.288 quando (pare di leggere Guerra e Pace) ricorda quanto poco conti la volontà del singolo quando si vede travolto dal grande fiume del tempo e della guerra; o pag.289 quando dice che anche le persone ignoranti sono in grado di capire l'importanza della speranza e delle fede, ma non i burocrati che organizzano la guerra; o a pag. 319 quando in stato catatonico, davanti alla TV, riflette su quanto sia ingiusto morire per una società a cui frega nulla della propria morte.
Non è certo un libro da leggere prima o dopo un piatto di trippe al sugo, ma di sicuro vale la pena di essere letto e su cui riflettere un attimo: almeno uno non può dire io non lo sapevo.
 
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