Amis, Martin - La vedova incinta

xelenax

New member
Questa è la trama:
Questa è la storia di un trauma sessuale. Non era più di primo pelo quando gli accadde, era un adulto fatto e finito; e consenziente - assolutamente consenziente.
Ma non per questo non ne è stato segnato: Keith ha poco più di vent'anni durante quell'estate torrida, infinita ed eroticamente decisiva che trascorre in un castello italiano insieme alla sua ragazza, un'amica e un variegato manipolo di altri personaggi degni di una commedia shakespeariana. Qualche escursione, un ozioso tuffo in piscina e non resta molto con cui occupare il tempo se non flirtare con gli altri giovani della compagnia e abbandonarsi alle proprie ossessioni.
Due, nel caso di Keith: il sesso e la letteratura.
Sono anni in cui l'educazione sentimentale inizia a esser declinata come un bollettino di guerra: quella tra i sessi naturalmente, di cui Keith si trova a essere volenteroso ma smarrito fantaccino spedito a un fronte mai come allora in movimento.
Un eccitante (o angosciante) interregno sospeso tra il ritiro dell'ancien régime sessuale cacciato dalla rivoluzione dei costumi e l'instaurarsi di un nuovo governo: del resto, come dice il poeta, «il mondo uscente non lascia eredi, bensí una vedova incinta».
E poi c'è la letteratura: la conquista faticosa, perennemente inconclusa, di un proprio stile, di una propria voce che riecheggi quella dei padri (ripercorsi uno dopo l'altro come in un particolareggiato compendio della materia) ma che da loro non si faccia sopraffare. In questo senso La vedova incinta è anche un romanzo di formazione in cui la sostanza stessa della scrittura, con la sua labirintica ricchezza stilistica, i cambi di registro, le molteplici stratificazioni e allusioni, diventa allegoria della conquista.
Il sortilegio del tempo trasforma il passato in qualcosa «di ricco e di strano», dice un altro poeta (in tanti occhieggiano fra le pagine di questo libro), e a volte può anche capitare di trarne qualche precetto.
Regola numero uno: la cosa più importante che abbiamo è la nostra data di nascita. Che ci colloca dentro la Storia.
Regola numero due: prima o poi ogni vita umana si fa tragedia, talvolta prima, sempre poi.
Seguiranno altre regole.

Chi racconta questa storia giura che è reale.
È reale il luogo, un castello nella campagna italiana che fa da sfondo alle dorate e boccaccesche vacanze di un gruppo di giovani inglesi all'inizio degli anni Settanta.
È reale il tempo, quello della vellutata ma non per questo incruenta «rivoluzione sessuale». I ragazzi sono tutti reali: lo è Keith, «pedante, verboso, leccato, un romantico convinto: sì, avrebbe potuto essere un poeta»; e Lily, l'intelligente, pragmatica, non-ancora-bella Lily; è reale la numinosa e concupita Scheherazade; e lo è perfino Gloria, Gloria del portentoso fondoschiena, Gloria del grande segreto. «Nemmeno i nomi sono stati cambiati. Perché preoccuparsi? Per proteggere gli innocenti? Non c'erano innocenti. Oppure lo erano tutti - ma non possono essere protetti».


Libro dalla chiave di lettura ai limiti dell' incomprensibile, sto ancora cercando di darne un giudizio personale.
Qualcosa mi ha lasciato, se dopo 3 settimane ancora sono quì a ragionarci su, forse meriterebbe una rilettura...

Volevo sapere se qualcuno di voi lo ha letto (o lo sta leggendo) e conoscerne i vostri giudizi a riguardo

A presto.
 
Ultima modifica di un moderatore:
Alto