Franzen, Jonathan - Le correzioni

zolla

New member
una delle opere migliori degli ultimi anni straordinario affresco di una famiglia del middle west americano la cui patriarca enid cerca di riunire per natale le schegge dei familiari sparsi in giro per il paese.Romanzo molto complesso con molte storie che s'intreccianotra di loro,ma perfettamente amalgamate.Malgrdo sia corposo si legge con grande facilità ve lo consiglio caldamente!
 
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gio84

New member
ho appena visto che è in promozione con lo sconto einaudi al -20% (quindi costa 10 euro).
lo consiglio vivamente anche io.
l'ho letto in lingua originale l'anno scorso (programma d'esame di inglese orale 4).
 
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Palmaria

Summer Member
Era una lettura consigliata anche nella mia biblioteca il mese scorso, e devo dire che mi incuriosiva.
Che dite, lo prendo?

___________________________________________________________________

Sara :wink:
 

gio84

New member
sìsìte lo consiglio.
noto che un espediente per tener desto l'interesse dei lettori nella lettura dei libri voluminosi è quello di inserire particolari piccanti qua e là.
all'esame la prof apre una pagina a caso e mi fa tradurre un paragrafo che iniziava così: "I love the taste of your come" (non riporto la traduzione in italiano). per fortuna che era una professoressa e non un professore! :lol: :lol: :lol:
 
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sun

b
l'ho letto qualche anno fa. STUPENDO. Mi ricordo di un libro che mi ha fatto sorridere e riflettere nello stesso momento.
 
Tornando al topic il mio interesse per il libro è nato vedendo, non me ne vergogno a dirlo, I SIMPSON.

In due diversi episodi si fa riferimento esplicito proprio a "Le correzioni" (in un episodio c'è addirittura la partecipazione dell'autore!)
 

mame

The Fool on the Hill
Di' un po', Zolla, "la cui patriarca" all'inizio è stata una svista o un marcato senso di maschilismo? Guarda che in italiano la matriarca esiste, e un tempo tirava anche legnate a destra e a manca dentro la famiglia... :wink:
 

zolla

New member
Cara Mame è chiaro che si tratta di una svista,lo so che esiste la parola matriarca,grazie di avermelo fatto notare,ogni tanto capita di sbagliare.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Ho qui accanto a me il tomo de Le correzioni, 599 pagine, che mi hanno introdotto nella vita della famiglia Lambert. Per venti giorni siamo stati assieme e ho imparato a conoscere vizi e virtù dei cinque componenti la famiglia, Alfred ed Enid i genitori sulla via del declino, soprattutto Albert colpito da Morbo di Parkinson e i figli, oramai più che adulti, con una loro vita autonoma e complessa: Gary, Chip e Denise.
Il romanzo descrive in modo approfondito dinamiche familiari e personali di questa famiglia, introducendo tanti personaggi che sono legati a loro per quanto riguarda soprattutto le relazioni affettive, amorose o amicali che siano.
Nessuno di questa famiglia allargata è felice, tutti con le loro scelte condizionano sè stessi e gli altri in maniera il più delle volte sotterraneo e nevrotico, c'è poca trasparenza e spontaneità nelle relazioni che sembrano essere dettate più da risentimenti e giochi di potere che da reale affetto o senso di responsabilità. Sembra una famiglia proiettata più ad apparire vincente per gli altri che ad essere punto di riferimento per i suoi componenti.
L'interesse di questo ottimo romanzo sta proprio nella sincerità con cui vengono descritti i meccanismi sociali e personali che rendono a volte grottesche e spietate le vite personali e le relazioni familiari. Un bel romanzo dove il piacere della narrazione diventa centrale, consigliato a chi ama osservare da vicino il comportamento umano, in questo caso quello di una famiglia come tante che persegue quello che è attualmente lo stile di vita dominante americano.
 
Ultima modifica:

mame

The Fool on the Hill
Dopo aver combattuto con questo libro per tre mesi con due pause di riflessione per leggere altro, alla fine devo dire che sono contenta di averlo finito perché il giudizio è positivo. Però è un libro tristissimo. Personaggi come Gary e Caroline non li si vorrebbe mai incontrare nella vita, chiusi come sono nella loro superficialità, nel dispetto, nella presunzione verso gli altri. E poi seguire l'evolversi e le manifestazioni della malattia di Alfred è doloroso, soprattutto con il pensiero che può capitare a chiunque di vedere una persona cara perdere lentamente il contatto con la realtà, diventare dipendente dagli altri. Ho terminato le ultime pagine con un groppo alla gola, ma una lezione nel cuore.
 

masao

New member
L’ho letto da poco, in buon ritardo su di voi, anche perché è stato pompatissimo dalla critica, dai giornali, dai blog, dall’universo mondo.
Non mi è piaciuto molto, confesso, perché mi sembra un romanzo "già letto".

L'ambizione teoretica di una critica - peraltro del tutto conosciuta e prevedibile, per lo meno per una persona mediamente acculturata, appassionata di letteratura, ma anche di cinema, poesia ecc. - del sistema americano di società e di cultura indubbiamente c'è, e qua e là produce qualche ottima pagina, ma questa descrizione di una famiglia americana (madre e padre solidi e noiosi tradizionalisti, figli trasgressivi ma esistenzialmente irrisolti, tutti quanti presi dentro le contraddizioni di una società che non lascia scampo né ai primi né ai secondi) nel suo declinare è appunto un po’ déjà lu.

Fastidiosa l’insistenza su una trovata letteraria buona ma male utilizzata: il padre è malato di demenza senile - progressivamente peggiorante - e nel libro le sue parti sono scritte dal suo punto di vista, quindi la scrittura riproduce il marasma mentale dell'anziano malato, sempre più sconnesso e incapace del più piccolo gesto autonomo.
All'inizio può anche andare, ma alla centesima volta che si riproduce questa modalità di scrittura un po' di insofferenza io l’ho provata. :D

Certo, in 600 pagine qualcuna buona c’è senz’altro.
Segnalo le mie preferite: quelle nelle quali un professore universitario che cerca di insegnare ai propri studenti lo spirito critico e del dubbio, la diffidenza verso il modello consumistico, il mito della pubblicità e del denaro ecc. (cioè di insegnare loro tutti quelli che sono stati i valori di una cultura e un mondo ormai residuali) viene investito dai suoi studenti che in sostanza gli dicono: "Parla per te. Tu sei un povero sfigato, infelice e incapace di godersi la vita, a noi piacciono moltissimo la pubblicità , il consumo compulsivo, la superficialità ecc. ecc. Siamo contentissimi così e non sentiamo il bisogno di tutte le fregnacce che cerchi di insegnarci".

Pagine terribili e durissime ma ahimè ormai realtà attuali sotto gli occhi di tutti (noi).
 

ayla

+Dreamer+ Member
Anche se il romanzo è corposo e non proprio scorrevole, il libro merita sicuramente una lettura. Come ha detto Elisa, l'autore riesce a tratteggiare in ogni sfumatura i singoli personaggi in modo schietto e con la giusta dose d'ironia, senza risparmiare nulla, proiettandoci in una famiglia, o in un mondo, triste e "spietato", dove si fa fatica a parlare di amore e affetto, ma la sofferenza è palpabile e si respira in ogni pagina.
 

Michela

New member
una sorpresa

Accidenti che bel libro questo di Franzen. Magari non è esattamente il nuovo Tolstoj però vale davvero la pena leggerlo. Qualcuno ha letto Libertà?
 

pigreco

Mathematician Member
Coinvolgente, toccante, intenso. E' vero, forse Franzen ha provato a scrivere il romanzo perfetto senza riuscirci, ha provato a fare il Tolstoj moderno con alcuni limiti evidenti (anche se tutte queste constatazioni fatte dai vari critici sono forse un po' premature). Però "Le correzioni" si legge tutto d'un fiato e rimane dentro di noi come un macigno. Come ha scritto Citati a suo tempo sul Corriere in questo libro c'è tutto, forse anche troppo. Però credo che il romanzo si trovi di diritto tra quanto di meglio possa offrirci la modernità.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Trovo difficilissimo fare la recensione di questo libro. É come cercare di recensire la propria vita... come si fa? Eppure la tentazione è fortissima: (ci) si osserva, cercando di essere il più oggettivi possibili e inevitabilmente (ci) si chiede “dov’è l’errore? Si poteva evitare di arrivare fino a questo punto? E se sì, come?”

É incredibile come l’autore sia riuscito nell’impresa di rappresentare non solo la vita di cinque individui, bensì anche (e soprattutto) le relazioni esistenti fra di loro, l’uno diverso dall’altro benchè tutti membri della stessa famiglia. Una famiglia comune, non colpita da episodi eclatanti che possano averla in qualche modo rovinata o deviata (leggendo questo libro ho fato un inevitabile confronto con la storia familiare dello Svedese, raccontata da Roth in Pastorale americana ), eppure alle prese con il dramma più grande che possa colpire una famiglia o un singolo individuo: la difficoltà ad accettare la realtà, coi suoi limiti, con le sue imperfezioni, coi suoi fallimenti...
Leggere questo libro fa male... fa davvero male... o almeno a me ha fatto questo effetto, perchè sembra che niente vada (o meglio niente vada come ci si aspettava), eppure non c’è niente che non vada davvero. La malattia di Alfred è forse è l’unico vero “male incurabile”, qualcosa contro cui non si può combattere, qualcosa che nemmeno la testarda, illusa, a volte insensibile Enid può “correggere”.
Per come l'ho interpretata io, la drammatica analisi di questa famiglia – paradigma di tutte le famiglie – sancisce il fallimento del suo (nostro) irriducibile bisogno di “correggere” ogni cosa... ma, nonostante questa mia interpretazione abbastanza negativa, pure credo che il messaggio finale sia di speranza: forse non riusciremo mai a realizzare la vita che avevamo sognato o programmato (paradossalmente Gary, il figlio in apparenza più realizzato, è in realtà il più “fallito” di tutti, quello che ha accettato di sopravvivere a una vita infelice pur di non perdere le proprie fragili certezze), soprattutto non ci riusciremo a forza di “correzioni” imposte ad altri o a noi stessi, ma è la vita stessa che alla fine ci corregge, che ci offre sempre un’altra chance, che – insondabile eppure infallibile – guarisce le nostre ferite e rinnova la nostra voglia di vivere...
E poi c'è la dinamica più strettamente famigliare... Dopo aver condiviso uno stralcio di vita con ognuno dei cinque personaggi, nell'ultimo, straziante capitolo, le relazioni fra l’uno e l’altro vengono rappresentate in tutta la loro pienezza, portando alla luce le difficoltà che sono comuni a tutte le famiglie: vedersi e comprendersi per come si è davvero, gli inevitabili “schieramenti”, i conflitti irrisolti... Mi è risultato spontaneo chiedermi di volta in volta, soprattutto nel rapporto genitori/figli, “chi ha sbagliato con chi?”... eppure l’inghippo è proprio questo: credere che tutto possa essere stabilito a priori, che non sbagliando niente si possa produrre “la famiglia perfetta”. Ma le famiglie perfette, così come le vite perfette, non esistono.
Mentre leggevo, mi rimbombava in testa una frase che ho formulato anni fa, quando ero solo “figlia”, e che adesso sperimento come “mamma”: i genitori sbagliano sempre, e non sbagliano mai. Perchè il ruolo della famiglia nella formazione di una persona è talmente profondo, e pregnante, ma allo stesso tempo sono talmente diverse e imprevedibili le esperienze che questa persona si troverà ad affrontare nella propria vita, e talmente diverse le maniere che ha ognuno di noi di reagire a uno stesso evento, che cercare le colpe, sforzarsi di individuare le connessioni, scavare troppo dentro se stessi alla ricerca di un “perchè” alla fine (secondo me) non ha più senso... A volte si crede che ai genitori spetti il compito di fare tutto in modo perfetto, di preparare la strada a un futuro di sicuro successo per il proprio figlio. Lo credono i figli (spesso per rinfacciare questo mancato successo) e lo credono i genitori stessi, creandosi delle aspettative che chiaramente non potranno mai essere soddisfatte. Il senso di amarezza trasmesso da questo libro è l’amarezza di chi si accorge che questa equivalenza è un’illusione, che non esistono ricette o, meglio ancora, che le ricette non sono necessarie.
La verità è che, se c'è amore (l'amore umano, pieno di errori), tutto alla fine “riesce”, tutto trova la propria strada, anche se dolorosa. Credo che alla fine sia questo il messaggio di speranza che ci viene offerto.
 

Des Esseintes

Balivo di Averoigne
Trovo difficilissimo fare la recensione di questo libro. É come cercare di recensire la propria vita... come si fa? Eppure la tentazione è fortissima: (ci) si osserva, cercando di essere il più oggettivi possibili e inevitabilmente (ci) si chiede “dov’è l’errore? Si poteva evitare di arrivare fino a questo punto? E se sì, come?”

É incredibile come l’autore sia riuscito nell’impresa di rappresentare non solo la vita di cinque individui, bensì anche (e soprattutto) le relazioni esistenti fra di loro, l’uno diverso dall’altro benchè tutti membri della stessa famiglia. Una famiglia comune, non colpita da episodi eclatanti che possano averla in qualche modo rovinata o deviata (leggendo questo libro ho fato un inevitabile confronto con la storia familiare dello Svedese, raccontata da Roth in Pastorale americana ), eppure alle prese con il dramma più grande che possa colpire una famiglia o un singolo individuo: la difficoltà ad accettare la realtà, coi suoi limiti, con le sue imperfezioni, coi suoi fallimenti...
Leggere questo libro fa male... fa davvero male... o almeno a me ha fatto questo effetto, perchè sembra che niente vada (o meglio niente vada come ci si aspettava), eppure non c’è niente che non vada davvero. La malattia di Alfred è forse è l’unico vero “male incurabile”, qualcosa contro cui non si può combattere, qualcosa che nemmeno la testarda, illusa, a volte insensibile Enid può “correggere”.
Per come l'ho interpretata io, la drammatica analisi di questa famiglia – paradigma di tutte le famiglie – sancisce il fallimento del suo (nostro) irriducibile bisogno di “correggere” ogni cosa... ma, nonostante questa mia interpretazione abbastanza negativa, pure credo che il messaggio finale sia di speranza: forse non riusciremo mai a realizzare la vita che avevamo sognato o programmato (paradossalmente Gary, il figlio in apparenza più realizzato, è in realtà il più “fallito” di tutti, quello che ha accettato di sopravvivere a una vita infelice pur di non perdere le proprie fragili certezze), soprattutto non ci riusciremo a forza di “correzioni” imposte ad altri o a noi stessi, ma è la vita stessa che alla fine ci corregge, che ci offre sempre un’altra chance, che – insondabile eppure infallibile – guarisce le nostre ferite e rinnova la nostra voglia di vivere...
E poi c'è la dinamica più strettamente famigliare... Dopo aver condiviso uno stralcio di vita con ognuno dei cinque personaggi, nell'ultimo, straziante capitolo, le relazioni fra l’uno e l’altro vengono rappresentate in tutta la loro pienezza, portando alla luce le difficoltà che sono comuni a tutte le famiglie: vedersi e comprendersi per come si è davvero, gli inevitabili “schieramenti”, i conflitti irrisolti... Mi è risultato spontaneo chiedermi di volta in volta, soprattutto nel rapporto genitori/figli, “chi ha sbagliato con chi?”... eppure l’inghippo è proprio questo: credere che tutto possa essere stabilito a priori, che non sbagliando niente si possa produrre “la famiglia perfetta”. Ma le famiglie perfette, così come le vite perfette, non esistono.
Mentre leggevo, mi rimbombava in testa una frase che ho formulato anni fa, quando ero solo “figlia”, e che adesso sperimento come “mamma”: i genitori sbagliano sempre, e non sbagliano mai. Perchè il ruolo della famiglia nella formazione di una persona è talmente profondo, e pregnante, ma allo stesso tempo sono talmente diverse e imprevedibili le esperienze che questa persona si troverà ad affrontare nella propria vita, e talmente diverse le maniere che ha ognuno di noi di reagire a uno stesso evento, che cercare le colpe, sforzarsi di individuare le connessioni, scavare troppo dentro se stessi alla ricerca di un “perchè” alla fine (secondo me) non ha più senso... A volte si crede che ai genitori spetti il compito di fare tutto in modo perfetto, di preparare la strada a un futuro di sicuro successo per il proprio figlio. Lo credono i figli (spesso per rinfacciare questo mancato successo) e lo credono i genitori stessi, creandosi delle aspettative che chiaramente non potranno mai essere soddisfatte. Il senso di amarezza trasmesso da questo libro è l’amarezza di chi si accorge che questa equivalenza è un’illusione, che non esistono ricette o, meglio ancora, che le ricette non sono necessarie.
La verità è che, se c'è amore (l'amore umano, pieno di errori), tutto alla fine “riesce”, tutto trova la propria strada, anche se dolorosa. Credo che alla fine sia questo il messaggio di speranza che ci viene offerto.

Commento ben fatto ed interessante.
Credo mi abbia aiutato a farmi un'idea riguardo a questo romanzo..
Dall'analisi che ho letto qui sopra parmi il tipo di libro che non amo: poca trama (o quatomeno lineare), tante riflessioni sottointese e pesantezze assortite sul significato della vita, senza il fascino dell'ambientazione ottocentesca a supporto..
Immagino che morirò senza averne mai sfogliata una pagna ;)
 

pigreco

Mathematician Member
Commento ben fatto ed interessante.
Credo mi abbia aiutato a farmi un'idea riguardo a questo romanzo..
Dall'analisi che ho letto qui sopra parmi il tipo di libro che non amo: poca trama (o quatomeno lineare), tante riflessioni sottointese e pesantezze assortite sul significato della vita, senza il fascino dell'ambientazione ottocentesca a supporto..
Immagino che morirò senza averne mai sfogliata una pagna ;)

Fortuna che in un romanzo contemporaneo non ci sia il fascino dell'ambientazione ottocentesca ;-) Incredibile a dirsi ma anche l'epoca in cui viviamo ha un suo fascino specifico, non fosse altro che rigurada da vicino noi e il nostro vissuto. Condividendo la passione per i grandi classici dell'800 credo che troppa ritrosia nei confronti del quotidiano possa dipendere da una sorta di "paura" e volontà di non volersi occupare di se stessi e di ciò che ci circonda, rifugiandosi in un mondo magico che non c'è più e che non è il nostro, dove nessun riferimento può ferirci e tantomeno metterci in discussione.

Quanto alla trama ti posso assicurare che è molto meno lineare di quel che si possa pensare, non fosse altro che ogni capitolo è dedicato ad un personaggio diverso salvo quello finale dove la famiglia finalmente si riunisce. E poi diciamocelo, tanti classici del passato non spiccano principalmente per la loro trama contorta e avvincente :D
 

Des Esseintes

Balivo di Averoigne
Fortuna che in un romanzo contemporaneo non ci sia il fascino dell'ambientazione ottocentesca ;-) Incredibile a dirsi ma anche l'epoca in cui viviamo ha un suo fascino specifico, non fosse altro che rigurada da vicino noi e il nostro vissuto. Condividendo la passione per i grandi classici dell'800 credo che troppa ritrosia nei confronti del quotidiano possa dipendere da una sorta di "paura" e volontà di non volersi occupare di se stessi e di ciò che ci circonda, rifugiandosi in un mondo magico che non c'è più e che non è il nostro, dove nessun riferimento può ferirci e tantomeno metterci in discussione.

Quanto alla trama ti posso assicurare che è molto meno lineare di quel che si possa pensare, non fosse altro che ogni capitolo è dedicato ad un personaggio diverso salvo quello finale dove la famiglia finalmente si riunisce. E poi diciamocelo, tanti classici del passato non spiccano principalmente per la loro trama contorta e avvincente :D


E perchè pensi abbia così in antipatia i conteporanei? :) Perchè scrivono di cose che non m'interessano! I vari Hosseini, Murgia, Volo, scrivono di "eventi" che già conosco, cosa mi possono insegnare? Niente.. Temo Franzen faccia parte di questa schiera (bechè ad un livello di bravura più elevato).

La mia "specializzazione, i miei studi degli ultimi anni, sono mirati ad altro: all'approfondimento del decadentismo, all'influenza del weird nella letteratura di "genere", alla riscoperta e consolidamento di autori ed opere troppo spesso, in Italia, dimenticati, alla diffusione dei medesimi (per quanto possibile)..

In molti classici l'ambientazione è quella che da fascino e profondità alla storia, nessun conteporaneo, mai, potrà aver lo stesso potere! Sinceramente leggere di una famiglia ai gioni d'oggi e dei suoi problemi mi interessa un numero vicino allo 0..
Leggere, secondo me, è anche "magia" ed in un libro così di magia ce n'è poca, c'è solo tanto realismo..

Realismo (così nella cinematografia italiana di qualche decennio fa)? No grazie ;)
Io mi tengo Flaubert, lascio il buon Franzen ad altri.. :mrgreen:
 

pigreco

Mathematician Member
E perchè pensi abbia così in antipatia i conteporanei? :) Perchè scrivono di cose che non m'interessano! I vari Hosseini, Murgia, Volo, scrivono di "eventi" che già conosco, cosa mi possono insegnare? Niente.. Temo Franzen faccia parte di questa schiera (bechè ad un livello di bravura più elevato).

La mia "specializzazione, i miei studi degli ultimi anni, sono mirati ad altro: all'approfondimento del decadentismo, all'influenza del weird nella letteratura di "genere", alla riscoperta e consolidamento di autori ed opere troppo spesso, in Italia, dimenticati, alla diffusione dei medesimi (per quanto possibile)..

In molti classici l'ambientazione è quella che da fascino e profondità alla storia, nessun conteporaneo, mai, potrà aver lo stesso potere! Sinceramente leggere di una famiglia ai gioni d'oggi e dei suoi problemi mi interessa un numero vicino allo 0..
Leggere, secondo me, è anche "magia" ed in un libro così di magia ce n'è poca, c'è solo tanto realismo..

Realismo (così nella cinematografia italiana di qualche decennio fa)? No grazie ;)
Io mi tengo Flaubert, lascio il buon Franzen ad altri.. :mrgreen:

Solo un paio di osservazioni: non è intellettualmente corretto parlare die contemporanei citando Volo. Così come anche nell'800 c'erano tanti scrittori di infimo valore (meno di oggi forse, ma erano anche meno in generale coloro che scrivevano, parliamo di percentuali), anche oggi ci sono scrittori da evitare come la peste, scrittori bravini che non rimarranno e scrittori bravissimi che (qualcuno certamente e qualcuno forse) tra uno o due secoli saranno dei classici. Credo che questo libro possa entrare di diritto a far parte di questa categoria.

Visto che l'ho letto da poco, che cosa è in soldoni Anna Karenina se non una normale storia di tradimento? Eppure Tolstoj ha saputo crearne un libro di magnifica intensità, di enorme spessore, un libro che sarà per sempre attuale. Di conseguenza il fatto che la trama sia qualcosa di conosciuto non è sintomo di poco spessore. Ribadisco il fatto che mi fa molto meravigliare il poco interesse per quel che succede attorno a noi. Forse una persona è così illuminata da pensare che nessuno possa dirgli qualcosa di nuovo su ciò che lo circonda?

Detto questo, pur facendo fatica a comprendere, niente da dire sul fatto che l'argomento non interessi. Ci mancherebbe altro che tutti fossimo interessati alle stesse cose :D Certo è che se guardo De Sica o Rossellini il mio stomaco si contorce, rivedo la storia dei miei nonni, quello da cui sono venuto e da cui tutti siamo venuti. Un patrimonio di infinita ricchezza che tra qualche decina d'anni potrà essere rappresentato dal punto di vista letterario anche da libri come "Le correzioni".
 
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