Molesini, Andrea – Non tutti i bastardi sono di Vienna.

Shoofly

Señora Memebr
Nei giorni della disfatta di Caporetto, in una località vicina al Piave, un comando dell’esercito austriaco si insedia nella villa della famiglia Spada.
La vicenda è narrata da Paolo, un orfano che vive con i nonni, Gustavo e Nancy, nella grande casa requisita dal nemico.

Un romanzo di guerra, di misteri, di violenze e di patriottismo, ispirato ad una storia realmente accaduta e narrato con uno stile raffinato e sottile che non merita la desolante banalità del titolo (preso da un episodio del tutto marginale del racconto), con buona pace dell’autore che così ne spiega la scelta:

"La parola bastardi e' significativa, perche' vuole sottolineare che la violenza della guerra 'infetta', distrugge ogni tipo d’innocenza, che in quelle situazioni non ha spazio perche' imbastardisce tutto e tutti, non solo il nemico. Il titolo, inoltre, e' una frase che si ricorda anche per il suo suono, un endecasillabo accentato sulla quinta, una frase che ha un effetto sonoro ed ironico che si ricorda".

Vincitore del Premio Campiello 2011.
 

risus

New member
Sentite che titolo: “Non tutti i bastardi sono di Vienna”.
Sentite che forza, che attacco, che potenza ma anche che musicalità in questo verso.
La curiosità si accende, l’attrattiva è forte, il desiderio di capire quali sono questi altri bastardi è crescente e non resta che leggere il romanzo… bravo Molesini, 1-0 per te…
E, leggendo, di bastardi se ne trovano parecchi nel corso della storia, viennesi e non, soldati e civili,
servi e padroni, uomini e addirittura animali. La guerra infetta tutti, la guerra imbastardisce.

Guardate la copertina, una donna, un’attesa. La dice lunga su quella che sarà la storia raccontata.
Si aspetta che la guerra finisca presto, che il nemico sia sconfitto, si aspettano le mosse avversarie e nuove informazioni da passare agli alleati, si attende speranzosi un cambiamento, si attende semplicemente un nuovo giorno…
E ad aspettare, quasi sempre, delle donne, le vere protagoniste del romanzo. Signore, serve o contadine, giovani o con qualche anno in più, coraggiose o timide, forti o miserabili… tutte lasciano il segno nella storia, chi domina la scena e chi appare una sola volta, chi lo fa platealmente e chi nascosto nell’ombra. Donne che hanno comportamenti che spesso fatichiamo a comprendere
(“… sono come la guerra… che ne sappiamo noi della guerra, chi ha scatenato tutto questo?”), donne che comunque si impongono, in un modo o nell’altro (“… quelle hanno potere su di noi, usano la loro debolezza per metterci sotto, e farci fare quello che vogliono. Sono loro che corrompono… mentre noi, per imporci, schiacciamo. La corruzione è un modo di comandare più sottile, più furbo, da femmina.”)
Per Molesini anche le Nazioni sono femmine (“Anche l’Austria, come l’Italia, è una femmina… anzi due, c’è pure il regno magiaro… ma l’Ungheria è… una contadina, l’Austria una madama… due femmine che fanno a ceffoni con l’Italia, un donnone piuttosto robusto, nonostante tutto”); e poi c’è la Donna più devastante e imponente di tutte, c’è la Guerra…

Libro ricco di pennellate suggestive, con pochi tocchi Molesini riesce a mostrarci un viso, una espressione o anche un luogo, un paesaggio… a volte è addirittura in grado di farci avvertire certi odori… e siamo già sul 2-0…
Il terzo punto infine gli va riconosciuto perché i suoi personaggi usano senza parsimonia non tanto il dialetto (che è meno abusato di quanto si immagini dalle premesse) quanto piuttosto proverbi e modi di dire che colorano, ravvivano, vivificano la storia e che sono pane quotidiano anche nella mia vita di tutti i giorni.
Un'avvertenza: ho faticato ad entrare nella storia, quasi fino a metà libro...:boh::boh: e anche il finale non mi ha lasciato soddisfattissimo...
:wink::wink::wink:
 

Grantenca

Well-known member
Siamo in un paesino vicino al Piave ai tempi della rotta di Caporetto, in una villa di ricchi possidenti locali sequestrata, per ragioni militari, dall’esercito tedesco prima e da quello austriaco poi. La villa è stata sequestrata unitamente ai ricchi possidenti proprietari ed ai loro domestici, ed i fatti sono visti con l’occhio di un diciassettenne, orfano, nipote dei titolari della villa.
Amori, spie, delazioni, avventura, c’è di tutto in questo libro, e qui devo dare atto all’ autore, al suo primo romanzo, in tutto questo sovrapporsi di situazioni, di non aver mai perso la tramontana e di aver dato un senso abbastanza logico a tutta la narrazione. Traspare, senza eccessiva enfasi o retorica, la insensatezza ed inutilità di questo conflitto, con un risultato finale che avrebbe potuto essere raggiunto con trattative votate al buon senso, ma comunque del tutto sproporzionato al sacrificio di milioni di giovani vite che lo ha contraddistinto. Traspare, con evidenza, la crudeltà del conflitto, soprattutto là dove esige esecuzioni di giovani vite in ottemperanza a leggi, certamente obbligatorie in guerra, che non tengono conto della natura umana degli individui.
Ci sono poi molte considerazioni, magari non tutte condivisibili ma comunque interessanti, sulla natura dei popoli in conflitto ed anche sulla natura umana. Il fatto che più mi ha favorevolmente colpito è che le figure di quasi tutti i protagonisti, pur nel vortice degli accadimenti, sono quelle che più sono restate nella mia mente nonostante l’importanza degli avvenimenti e questo depone a favore dello scrittore.
Indubbiamente l’autore sa scrivere, anche se il saper “scrivere” non è sinonimo di “scrittore”, ed essendo questa un opera moderna non mi sento in grado di esprimere un giudizio sul suo valore assoluto, perché non ha ancora superato l’inesorabile ma giusto ed imparziale giudizio del tempo. Io comunque l’ho letto volentieri.
 
Alto