Quest'opera autobiografica a sfondo religioso/filosofico fu pubblicata in Russia nel 1882 ma fu subito sequestrata, e quindi ripubblicata due anni dopo in Svizzera.
Mi ha colpito parecchio perché sono tante le parti che rispecchiano anche il mio punto di vista, di certo non sarei mai stata così capace di esprimerle alla perfezione quindi mi limiterò a riportarle per farvi rendere conto di cosa tratta e quale era il pensiero dell'autore.
L'argomento è molto delicato perché comprende l'aspetto religioso e filosofico sul senso della vita, ma è sempre affascinante per me leggere di questi argomenti, anche se a volte preferirei non rifletterci troppo su ed essere ignorante, invece mi ritrovo a barcamenarmi tra l'epicureismo e la debolezza.*
- La mia vita è un certo qual stupido e malvagio scherzo giocatomi da qualcuno. Per quanto io non riconoscessi nessun "qualcuno" che mi avesse creato, questa forma di rappresentazione: che qualcuno si fosse preso gioco di me in modo stupido e malvagio, mettendomi al mondo, costituiva la forma di rappresentazione per me più naturale. Involontariamente mi immaginavo che laggiù, da qualche parte, ci fosse qualcuno che ora si fregava le mani vedendo come io, che avevo vissuto per 30-40 anni, che avevo vissuto studiando, sviluppandomi, crescendo nel corpo e nello spirito, adesso, dopo aver consolidato il mio intelletto, giunto a quel culmine della vita da cui essa tutta si discopre, ecco, me ne stavo lì come un imbecille rimbecillito, comprendendo chiaramente che nella vita non c'è, non c'è stato e non ci sarà niente.
- *Trovai che per gli uomini della mia cerchia vi sono quattro vie d'uscita dalla terribile situazione in cui tutti ci troviamo.
La prima via è quella dell'ignoranza. Essa consiste in ciò, nel non sapere, nel non comprendere che la vita è male e non-senso.
La seconda via è quella dell'epicureismo. Essa consiste in ciò: pur conoscendo la situazione disperata della vita, nel profittare per il momento dei beni che ci sono, nel non guardare né il drago né i topi, ma nel leccare il miele nel miglior modo possibile.
La terza via è quella della forza e dell'energia. Essa consiste in ciò, nel distruggere la vita, dopo aver compreso che la vita è un male e un non-senso.
La quarta via è quella della debolezza. Essa consiste in ciò, nel continuare a trascinare la vita, pur comprendendone il male e l'insensatezza, e sapendo in anticipo che non ne può risultare nulla.
- Nessuno impedisce a me e a Schopenhauer di negare la vita. Ma allora ucciditi e non ragionerai più. La vita non ti piace? Ucciditi. E se vivi senza riuscire a capire qual è il senso della vita, ebbene allora falla finita e non tirarla in lungo, seguitando a raccontare e a scrivere che non la capisci. Sei capitato in mezzo a un'allegra compagnia, tutti si trovano bene, sanno quel che fanno e tu invece ti annoi e trovi tutto ripugnante, e allora vattene. Ma in effetti noi, che siamo convinti della necessità del suicidio, ma che non ci decidiamo a compierlo, che cosa siamo, se non gli uomini più deboli, incoerenti e, per dirla semplicemente, i più stupidi, che si beano della propria stupidità, come il tonto si bea di un paniere variopinto?