Suskind, Patrick - Il contrabbasso

Oggi ripensavo a un mitico viaggio fatto l'ottobre dell'anno scorso a Milano e ripensavo alla visita alle messaggerie musicali dove ho letto questo brevissimo libro, un monologo davvero bello quanto breve.

Se c’è una cosa inconcepibile è un’orchestra senza contrabbasso. Si può quasi dire che l’orchestra – siamo alla definizione – comincia a esistere soltanto quando c’è un contrabbasso. Ci sono orchestre senza primo violino, senza fiati, senza timpani e trombe, senza tutto. Ma non senza contrabbasso. Quello che voglio stabilire, è che il contrabbasso è di gran lunga lo strumento più importante dell’orchestra. Anche se non sembra.

Il monologo di un uomo mite e frustrato, che nella sua vita non ha lasciato spazio che alla musica e al suo strumento, il contrabbasso. Un racconto di solitudine e amarezza ma anche di rivincita per chi non è mai stato sotto la luce dei riflettori.
 

polly

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Uhh veramente adorabile!! Consigliato anni fa dal mio maestro di pianoforte, è stato il primo libro di Suskind che ho letto... Amaro ma allo stesso tempo ironico, Un fulminante monologo contro la vanità dei primi violini, come recita il sottotitolo.
Spero di riuscire a vederlo a teatro, prima o poi.
 

Trillo

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Bellissimo questo libricino! L'ho letto oggi senza troppe aspettative e invece mi ha completamente conquistato!

Uno splendido monologo in cui il protagonista dà libero sfogo ai suoi pensieri, volando da una parte all'altra ma librandosi sempre "nell'area funzionale del polo magnetico che irradia dalla base del contrabbasso legato alla terra", proprio come la musica dell'orchestra sostenuta dal contrabbasso.

Emerge in tutta la sua intensità il complesso rapporto di amore-odio verso questo strumento, "uno strumento orribile", dal suono "atroce", la cui relazione genera una "catastrofe morale" ogni volta che lo suona, ma verso cui si instaura un inevitabile legame d'amore.

Traspare anche la sua solitudine, la monotonia delle sue giornate e il suo desiderio di veder riconosciuto il giusto valore e i dovuti meriti al ruolo che ricopre all'interno dell'orchestra, sempre disprezzato o al più invisibile agli occhi di tutti, nonostante il suo ruolo fondamentale, nonostante occorra premere le corde fino a farsi uscire il sangue o si debbano eseguire salti acrobatici con la mano per coprire poche note oltre che strofinare l’archetto sulle corde fino a paralizzarsi il braccio.

Ma "il grido del contrabbasso" va in crescendo quando il protagonista ci mostra in più riprese il suo amore platonico verso una cantante del teatro, la cui voce si trasforma in un "organo divino" ogni volta che intona un canto, un canto in grado di entrare nella pelle al punto da spezzare il cuore, da invadere i sogni di notte e l'immaginazione di giorno, e per la quale sarebbe disposto a perdere tutto.

Un grido che con grande probabilità rimarrà confinato all'interno della sua casa ad isolamento acustico superiore al 95%. Tutto ciò che dentro il protagonista vorrebbe esplodere finisce per diventare come i suoni armonici più alti del suo contrabbasso, così acuto da non essere udibile. L'aria vibra, ma del suono non rimane altro che un alito impercettibile. E così, da musicista "corretto", da orchestrale statale il cui posto fisso gli dà una sicurezza tale da paralizzarlo, non riesce mai a tirare fuori tutto l'incommensurabile universo che ha dentro di sé, rimanendo solo, rassegnato ma sognante, con i suoi pensieri e le sue speranze.

In tutto ciò è sorprendente il taglio ironico che pervade tutto il monologo e che lo rende ancora più adorabile. Belle anche alcune riflessioni, come quella sulla musica, e interessante l'arricchimento di citazioni musicali che inducono il lettore curioso a cercare di entrare ancor più in empatia col protagonista accompagnando la lettura con l'esperienza sonora suggerita dai pensieri che lui ci rivolge.

Un monologo breve ma viscerale, ironico, fluido, profondo e penetrante come il suono dello strumento che gli dà il titolo. Lo consiglio vivamente!
 
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