2° Poeticforum - Le poesie che amiamo

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Quante emozioni ci regalano le poesie...vogliamo condividerle insieme postando qui una poesia che amiamo. Quando ce ne sono un po' le commentiamo insieme liberamente.

io propongo la prima poesia di Anna Achmatova


Ultimo brindisi

Bevo a una casa distrutta,
alla mia vita sciagurata,
a solitudini vissute in due
e bevo anche a te:
all'inganno di labbra che tradirono,
al morto gelo dei tuoi occhi,
ad un mondo crudele e rozzo,
ad un Dio che non ci ha salvato.
 
G

giovaneholden

Guest
Io propongo una poesia del premio Nobel Octavio Paz

L’assetato

Per trovarmi, Poesia,
mi cercai in te:
stella d’acqua che si sfalda,
l’essere mio s’annegò.
Per cercarti, Poesia,
feci naufragio in me.

Poi presi a cercarti, per
fuggire da me:
oh quel folto di riflessi
in cui mi perdei!
E quando feci ritorno
quello che trovai fu

lo stesso volto perduto
nella stessa nudità,
le stesse acque specchianti
alle quali non berrò
e alle sponde dello specchio
me stesso morto di sete.
 

Nerst

enjoy member
Il piano infinito - Isabel Allende

Adesso che ho superato già
tanti dolori e posso
leggere il mio destino come
una mappa piena di errori,
quando non sento nessuna compassione
di me stesso e posso
passare in rassegna
la mia esistenza senza sentimentalismi,
perché ho trovato una relativa pace,
lamento solo la
perdita dell'innocenza.
Mi manca l'idealismo della gioventù,
del tempo in cui esisteva ancora per me
una chiara linea divisoria
tra il bene e il male
e credevo che fosse possibile agire
sempre in accordo con
principi amovibili.



Ecco la mia proposta.
 

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
Membro dello Staff
The Tyger - William Blake, traduzione di G.Ungaretti


Tigre! Tigre! Divampante fulgore
Nelle foreste della notte,
Quale fu l’immortale mano o l’occhio
Ch’ebbe la forza di formare la tua agghiacciante simmetria?

In quali abissi o in quali cieli
Accese il fuoco dei tuoi occhi?
Sopra quali ali osa slanciarsi?
E quale mano afferra il fuoco?
Quali spalle, quale arte
Poté torcerti i tendini del cuore?
E quando il tuo cuore ebbe il primo palpito,
Quale tremenda mano? Quale tremendo piede?

Quale mazza e quale catena?
Il tuo cervello fu in quale fornace?
E quale incudine?
Quale morsa robusta osò serrarne i terrori funesti?

Mentre gli astri perdevano le lance tirandole alla terra
e il paradiso empivano di pianti?
Fu nel sorriso che ebbe osservando compiuto il suo lavoro,
Chi l’Agnello creò, creò anche te?

Tigre! Tigre! Divampante fulgore
Nelle foreste della notte,
Quale mano, quale immortale spia
Osa formare la tua agghiacciante simmetria?
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Primo amore - Charles Bukowski

un tempo
quando avevo 16 anni
c'era solo qualche scrittore
a darmi speranza
e conforto.

a mio padre non piacevano
i libri e
a mia madre neppure
(perchè non piacevano al babbo)
specie i libri che prendevo io
in biblioteca:
D.H. Lawrence
Dostoevskij
Turgenev
Gorkij
A. Huxley
Sinclair Lewis
e altri.

avevo la mia camera da letto
ma alle 8 di sera
bisognava filare tutti a nanna:
"il mattino ha l'oro in bocca,"
diceva mio padre.

poi gridava:
"LUCI SPENTE!".

allora mettevo la lampada
sotto le coperte
e continuavo a leggere
sotto la luce calda e nascosta:
Ibsen
Shakespeare
Cechov
Jeffers
Thurber
Conrad Aiken
e altri.

mi offrivano una opportunità e qualche speranza
in un posto senza opportunità
speranza,
sentimento.

me la guadagnavo.
faceva caldo sotto le coperte.
qualche volta fumavano le lenzuola
allora spegnevo la lampada,
la tenevo fuori per
raffreddarla.

senza quei libri
non sono del tutto sicuro
di cosa sarei diventato:
delirante;
parricida;
idiota;
buonannulla.

quando mio padre gridava
"LUCI SPENTE!"
son sicuro che lo terrorizzava
la parola ben tornita
e immortalata
una volta per tutte
nelle pagine migliori
della nostra più bella
letteratura.

ed essa era lì
per me
vicina a me
sotto le coperte
più donna di una donna
più uomo di un uomo.

era tutta per me
e io
la presi.
 

Valentina Bellucci

La Collezionista di Sogni
Gabriele D'Annunzio - La pioggia nel pineto

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
se c'è qualche poesia da commentare tutti assieme che volete postare fate pure che lunedì si parte :)
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Ultimo brindisi - Anna Achmatova

partiamo con i commenti alle poesie :YY

Iniziamo con la prima proposta da me

Ultimo brindisi


Bevo a una casa distrutta,
alla mia vita sciagurata,
a solitudini vissute in due
e bevo anche a te:
all'inganno di labbra che tradirono,
al morto gelo dei tuoi occhi,
ad un mondo crudele e rozzo,
ad un Dio che non ci ha salvato.




ho proposto questa poesia del grande poeta russo Anna Achmatova, lei non voleva essere chiamata poetessa, perchè è stata una grande cantrice del dolore, che l'ha lacerata negli affetti più profondi durante tutta la sua vita. Mi colpisce soprattutto il cipiglio con cui vengono scritti questi versi, il paradosso del brindare alla disgrazia, al dolore, che sono stati costanti nella sua vita. La certezza e la grandiosità con cui Anna vive il suo sentimento profondo di fronte all'essere amato, all'umanità, a Dio. C'è un orgoglio e una ribellione di fronte al destino che la affligge, che sembra di vederla erigersi su quelle macerie che lei oltrepassa con forza e dignità senza mai farsi abbattere.
 
G

giovaneholden

Guest
Anna Achmatova,un esempio di come arte e vita si fondano completamente,non si capiscono questi versi tragici se non si conosce la drammatica biografia della poeta,dalla fucilazione del marito,all'incarcerazione del figlio,lei stessa fu riabilitata sul finire della sua esistenza. Una poesia dura come una corazza che permette con la sua disperazione di sopravvivere alle angherie della vita che ti strappano gli affetti più cari. Encomiabile.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Premetto che non sono brava come voi a commentare poesie soprattutto se non conosco la storia dell'autore.
In questo caso so poco della Achmatova,ma dai precedenti commenti mi viene da pensare che sia stata una donna forte che merita ancora oggi tutta la nostra ammirazione.
Il brindisi al dolore,alla sofferenza e alle sciagure l'ho interpretato anche io come un voler affrontare a testa alta la vita,nonostante ciò che di triste le ha riservato.
Stupenda la frase solitudini vissute in due,non so a cosa lei la riferisse,ma rende bene l'idea di come si possa lo stesso vivere insieme (in coppia) pur mantenendo la propria indipendenza di azione e di pensiero,dandosi amore e compagnia,ma restando "soli" in fondo all'animo.
Sul Dio che non ci ha salvato poi ci sarebbe da dire tanto,troppo,quindi mi limito solo ad affermare ciò che penso: spesso si ha fede in un Dio e si ricorre ad esso soprattutto in momenti di pericolo,aspettandosi da Lui un aiuto che però non arriva perchè il Dio in questione forse non esiste oppure perchè la nostra fede è debole ed egoistica (spero di non essermi spinta su un terreno minato,ma è ciò che mi è venuto in mente leggendo la poesia).
 

Lin89

Active member
Ci leggo tanta ma tanta ironia in quelle parole, che è davvero un'arma di difesa contro le avversità della vita. Forse un tantinello di cinismo, che secondo me è inevitabile quando la vita ti presenta così tante difficoltà. E' bellissima.
 

Valentina Bellucci

La Collezionista di Sogni
Anch'io non conosco Anna nè tantomeno conoscevo questa poesia. Dai commenti già postati deduco che sia stata una donna forte alla quale però la vita non ha donato molto e si è trovata con un destino avverso e crudele, che l'ha resa scettica (come da ultimo verso).
Dal bere/brindare alle sciagure e alle bruttezze emerge però un senso di critica e di sarcasmo.
 

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
Membro dello Staff
Un brindisi portato al parossismo, eppure profondamente ancorato alla realtà e al vissuto quotidiano della poetessa, quasi un inno o un ringraziamento a tutto ciò che l'ha piegata, sì, ma non l'ha spezzata, anzi, ha contribuito a renderla più forte.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Nemmeno io la conosco, è molto bella, tra le righe si legge una rabbia sprezzante nei confronti della vita, condita da un forte sarcasmo che permette alla "poeta" di risollevarsi nonostante tutto e di brindare alla propria esistenza come per prenderla in giro.
Anche a me ha colpito l'espressione "solitudini vissute in due", come a voler sottolineare l'inutilità del vivere in coppia quando vi è incomunicabilità, o almeno io l'ho interpretata così. Molto forte quel "bevo anche a te" con ciò che segue.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
a me commuove molto l'ultimo verso: "ad un Dio che non ci ha salvato", una constatazione amara sull'inutilità di credere in un Dio salvatore, anche perchè non è "il" Dio ma "un" Dio, quello che ci si ritrova a vivere nella cultura in cui si è nati.
 

Nerst

enjoy member
Mi è piaciuta e mi ha colpita. E mi ha fatto pensare a come la parola "brindare" la si usa per eventi felici e "bere" per quelli tristi.
Di fatto perchè brindare solo per le cose buone. Perchè non farlo anche per ciò che ci ha ferito, messi alla prova, del resto si può uscire sconfitti, ma anche no. Vale la pena di alzare il bicchiere per qualsiasi evento ci sia successo, meglio accettarlo con maturità che piangersi addosso, e questo mi sembra proprio ciò che fa il poeta.
 

Denni

New member
un tempo
quando avevo 16 anni
c'era solo qualche scrittore
a darmi speranza
e conforto.

a mio padre non piacevano
i libri e
a mia madre neppure
(perchè non piacevano al babbo)
specie i libri che prendevo io
in biblioteca:
D.H. Lawrence
Dostoevskij
Turgenev
Gorkij
A. Huxley
Sinclair Lewis
e altri.

avevo la mia camera da letto
ma alle 8 di sera
bisognava filare tutti a nanna:
"il mattino ha l'oro in bocca,"
diceva mio padre.

poi gridava:
"LUCI SPENTE!".

allora mettevo la lampada
sotto le coperte
e continuavo a leggere
sotto la luce calda e nascosta:
Ibsen
Shakespeare
Cechov
Jeffers
Thurber
Conrad Aiken
e altri.

mi offrivano una opportunità e qualche speranza
in un posto senza opportunità
speranza,
sentimento.

me la guadagnavo.
faceva caldo sotto le coperte.
qualche volta fumavano le lenzuola
allora spegnevo la lampada,
la tenevo fuori per
raffreddarla.

senza quei libri
non sono del tutto sicuro
di cosa sarei diventato:
delirante;
parricida;
idiota;
buonannulla.

quando mio padre gridava
"LUCI SPENTE!"
son sicuro che lo terrorizzava
la parola ben tornita
e immortalata
una volta per tutte
nelle pagine migliori
della nostra più bella
letteratura.

ed essa era lì
per me
vicina a me
sotto le coperte
più donna di una donna
più uomo di un uomo.

era tutta per me
e io
la presi.


PIU' DONNA DI UNA DONNA
PIU' UOMO DI UN UOMO

l'ho trovata fantastica, Grazie per averla pubblicata!
 

Apart

New member
Questa poesia di Bukowski è piaciuta molto anche a me. Cosa e quanto è racchiuso dentro quella parola, "Luci spente", per lo scrittore? Bellissima poesia.
 

Nerst

enjoy member
Che immagine triste quella del poeta che era costretto a leggere di nascosto. Credo che privare una persona della possibiltà di crescere ed istruirsi attraverso le pagine dei libri sia un abominio. Ma non si può impedire ad una mente di non provare sete di conoscenza e quello che racconta la poesia è un' evasione necessaria per la propria sopravvivenza, un' evasione che lo ha reso la persona che è e che senza la quale sarebbe morto.
 
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