Il tema del lavoro... verso Jude l'oscuro?

Dallolio

New member
Questa vita (limitata per alcuni, potenzialmente illimitata per me e per altri illuminati) richiede che si faccia un lavoro per sopravvivere, e davvero questo è uno dei temi più dolorosi e più sentiti da chi, me compreso, è nella fascia 30-50. Mi piacerebbe sapere come vi ponete su questa tematica, io racconto la mia esperienza... iniziai a lavorare come educatore per un reddito ridicolo finita la scuola superiore (nemmeno metà stipendio per orario completo) e in seguito alla laurea e abilitazione ho insegnato fino a oggi; in questo campo il lavoro scarseggia a causa della politica dissennata del governo e devo quindi prendere in considerazione l'ipotesi del "reinventarsi". Voi vi siete trovati in questa situazione o vi ci trovate attualmente? Come vi ponete su questo triste e praticissimo tema? A me viene in mente Jude di Hardy, che tutta la vita cerca una collocazione e non riesce mai a raggiungerla, fallendo tutte le strade lavorative, questa è la metafora per la generazione attualmente giovane?
 

mame

The Fool on the Hill
Ti dico per esperienza personale che il segreto sta nella volontà di rimboccarsi sempre le maniche con entusiasmo e ricominciare. Con questo spirito a volte si riesce a trovare del buono nel proprio lavoro, anche se non è ciò per cui si è studiato né ciò che si è sognato per se stessi, anche se te lo dice una che è nata con l'obiettivo di fare la traduttrice e nella vita ha avuto la fortuna di riuscire a fare la traduttrice. Credo sia molto più penalizzante un brutto "ambiente" di lavoro, che non il lavoro in sé. A me è capitato di fare lavori che ho "dovuto" fare per portare la pagnotta a casa, ma dopo il primo momento in cui storcevo il naso e odiavo tutto, riuscivo poi a farmelo piacere. Ho anche tradotto libri che secondo me non sarebbero andati bene neanche per avvolgere la verdura al mercato, però alla fine in tutti ho trovato qualcosa che mi è piaciuto, e soprattutto ho trovato soddisfazione nel fare comunque bene il mio lavoro. Ogni lavoro può insegnarti qualcosa che ti servirà in futuro, ed è come riempire un pezzo alla volta un'enorme valigia di esperienza. Forza e coraggio, ché a migliorarsi c'è sempre tempo.
 
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Max P

Dreamer Member
Quoto pienamente mame.
Una volta ho sentito che l'uomo che fa il lavoro che ama è un uomo felice, io penso invece che l'uomo felice è l'uomo che sa amare il lavoro che fa (anche se forse dire felice è un po' troppo). Se impari ad apprezzare quello che fai, o meglio ricerchi in te la soddisfazione di averci messo il massimo impegno, indipendentemente da cosa è o dall'importanza che ha il lavoro che fai, sei a cavallo. Io cerco di pormi così nel mondo del lavoro.
Quello del reinventarsi è una grande dote, che però non ho mai applicato finora, anche se penso che tra qualche anno, ad andar bene, dovremo applicarla tutti.
 

SALLY

New member
Quoto Mame e Max,bisogna rimboccarsi le maniche ed essere pronti a ricominciare e cominciare anche qualcosa di nuovo che non si è mai fatto...come dicevano i vecchi:impara l'arte e mettila da parte...può sempre venire utile.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Dico la mia:sono stata titolare di un esercizio commerciale per 6 anni (articoli da regalo,pelletteria,bigiotteria,ecc.),ma il negozio fu aperto a fine 1998 dal mio compagno.L'abbiamo portato avanti con molti sacrifici e tanta passione,ma,alla fine dell'anno scorso,visti gli scarsi incassi (vivo in un piccolo paese),sono stata costretta a chiuderlo.
Non me la sento più di tentare la strada del lavoro in proprio,soprattutto perchè finora ho investito più soldi del previsto (o meglio,li hanno investiti i miei :ad:) e non mi sembra il caso di ripetere l'esperienza.
Perciò,a 35 anni,compiuti a maggio dell'anno scorso,ho ripreso gli studi universitari perchè avevo dato 14 esami alla facoltà di Psicologia (alla quale mi ero iscritta dopo il Liceo,nel lontano 1994) e mi dispiaceva perderli,anche se nella nuova facoltà,Servizio sociale,me ne hanno riconosciuti solo 9.Anche lo studio costa,ovviamente,ma si spera che un domani dia i suoi frutti.
Non nascondo che sto trovando diverse difficoltà:la memoria non è più la stessa,la concentrazione scarseggia,le modalità d'esame sono cambiate,gli altri studenti sono troppo giovani e mi sento un po' un pesce fuor d'acqua...ma voglio provarci lo stesso,soprattutto perchè so bene che un altro lavoro (stavolta da dipendente) non riuscirò a trovarlo facilmente.
Non so come andrà a finire,ma per ora cercherò di fare del mio meglio per riuscire a laurarmi in questo campo che mi affascina parecchio.
Sono comunque pronta a nuove prospettive,se mi trovassi di fronte ad un'offerta lavorativa diversa,ma ugualmente affascinante e interessante (magari!),potrei riconsiderare la mia scelta di proseguire negli studi.Ovviamente mi piacerebbe lavorare in qualcosa che abbia attinenza con i libri (sarebbe un sogno!) ma sono aperta a qualsiasi eventualità,pur di essere impegnata in un mestiere gratificante e che mi permetta di essere indipendente economicamente.
 

SALLY

New member
In questo periodo si sta verificando anche per me un cambio notevole...e non in meglio,nella vita ho fatto veramente di tutto pur di essere indipendente e sbarcare il lunario,dalla barista all'impiegata di una ditta di carpenteria,dalla fabbrica di divise militari,al negozio di abiti da ballo e in ultimo la segretaria in uno studio medico,ora il dottore s'è ammalato,gravemente,lo studio è chiuso....da qualche settimana ho cominciato ad aiutare la moglie...spesa,bimbo,cane,lavori domestici...non mi hanno licenziato,e gliene sono grata..dove posso andare a 50 anni passati? per hobby faccio cose di cucito creativo...ma mica ci si vive,ho anche allestito l'appartamento vuoto sotto il mio (inabitabile senza lavori di ripristino,che non posso affrontare)ad un luogo dove poter tenere qualche cane,tipo pensione,per il fine settimana...ma sarebbe dietro compenso,e con l'aria che tira ora non mi azzardo...non mi sento nemmeno di aprire partite IVA per qualcosa che non so se funzionerà...per ora sono passata colf...il futuro è un'incognita....
 

ila78

Well-known member
Ma che discussione interessante! Io da 6 anni a questa parte faccio l'impiegata in una ditta metalmeccanica piccola piccola, siamo dieci dipendenti tra ufficio e officina. Questo lavoro l'ho trovato, lo dico sempre e scusate fin da ora l'epressione, per botta di culo...sono entrata nell'agenzia interinale 10 secondi dopo che era uscito il mio capo, che era stato lì perchè aveva bisogno di un impiegata che se la sbrigasse con le lingue, in particolare con il francese...una settimana dopo lavoravo dove lavoro ora....secondo me serve rimboccarsi le maniche ma come in tutte le cose è fondamentale essere nel posto giusto al momento giusto! :wink:
 

Ondine

Logopedista nei sogni
A me viene in mente Jude di Hardy, che tutta la vita cerca una collocazione e non riesce mai a raggiungerla, fallendo tutte le strade lavorative, questa è la metafora per la generazione attualmente giovane?
Io mi trovo esattamente in questa situazione, alla ricerca continua di una collocazione.
Ho sbagliato tutto in passato, fatto scelte senza un fondamento realistico, dato che le mie possibilità lavorative hanno ostacoli oggettivi.
 

Grantenca

Well-known member
Per la mia esperienza dico che la cosa più importante è trovare un lavoro dignitoso che ti assicuri una sufficiente indipendenza economica.
Il fatto che il lavoro debba "piacere" è certamente importante, ma non fondamentale. Il "piacere" uno lo può cercare anche nel tempo libero, e poi è anche un piacere una attività che ti consenta un minimo di tranquillità.
 

Fabio

Altro
Membro dello Staff
Da iper-preparato, iper-professionalizzato, iper-formato e quindi disoccupato (da qualche mese, ma non cerco più lavori standard visto che non danno reddito) il primo consiglio che posso dare è quello di NON studiare a meno che non piaccia. Andare all'università e prendersi una laurea senza voglia è il miglior modo per garantirsi una vita lavorativa di insuccessi a meno che non si abbia una famiglia "grossa" alle spalle nel qual caso essere molto formati ed avere il posto da dirigente assicurato nella ditta del papy è un ottimo combo.
Altrimenti, per chi non si può permettere stage infiniti e continua incertezza, per chi ritiene che un lavoro non sia solo un modo per passare la giornata ma che debba anche essere pagato, la prima cosa da fare è "seguire la propria indole" e se questa è lontana dalla formazione universitaria poco male, anzi meglio.

Tra le nuove generazioni il divario di reddito tra chi ha fatto univ. e chi ha iniziato a lavorare dopo il liceo è imbarazzante. Stiamo creando ottimi laureati che vanno a fare le pulizie a casa di mediocri idraulici. E nel mio caso anche dottorati, assegnisti, masterizzati e con lode, etc etc. che vanno a raccogliere patate o fare il boscaiolo in nero per racimolare qualcosa. E in università rimangono "i lenti" creando un circolo virtuoso in cui l'insegnamento è sempre più affidato ai mediocri (e le eccellenze intellettuali nei campi :D).

L'equazione "studia, impegnati e troverai un buon lavoro non vale più". O meglio il lavoro lo trovi ma senza reddito.

Altra cosa molto importante da sottolineare: al giorno d'oggi non c'è più l'equazione lavoro = reddito. Se uno deve farsi un abbonamento al treno di 200€ per lavorare e lo stipendio è di 150 euro al mese...

ciao e a vanti tutta
 

Zingaro di Macondo

The black sheep member
Da iper-preparato, iper-professionalizzato, iper-formato e quindi disoccupato (da qualche mese, ma non cerco più lavori standard visto che non danno reddito) il primo consiglio che posso dare è quello di NON studiare a meno che non piaccia. Andare all'università e prendersi una laurea senza voglia è il miglior modo per garantirsi una vita lavorativa di insuccessi a meno che non si abbia una famiglia "grossa" alle spalle nel qual caso essere molto formati ed avere il posto da dirigente assicurato nella ditta del papy è un ottimo combo.
Altrimenti, per chi non si può permettere stage infiniti e continua incertezza, per chi ritiene che un lavoro non sia solo un modo per passare la giornata ma che debba anche essere pagato, la prima cosa da fare è "seguire la propria indole" e se questa è lontana dalla formazione universitaria poco male, anzi meglio.

Tra le nuove generazioni il divario di reddito tra chi ha fatto univ. e chi ha iniziato a lavorare dopo il liceo è imbarazzante. Stiamo creando ottimi laureati che vanno a fare le pulizie a casa di mediocri idraulici. E nel mio caso anche dottorati, assegnisti, masterizzati e con lode, etc etc. che vanno a raccogliere patate o fare il boscaiolo in nero per racimolare qualcosa. E in università rimangono "i lenti" creando un circolo virtuoso in cui l'insegnamento è sempre più affidato ai mediocri (e le eccellenze intellettuali nei campi :D).

L'equazione "studia, impegnati e troverai un buon lavoro non vale più". O meglio il lavoro lo trovi ma senza reddito.

Altra cosa molto importante da sottolineare: al giorno d'oggi non c'è più l'equazione lavoro = reddito. Se uno deve farsi un abbonamento al treno di 200€ per lavorare e lo stipendio è di 150 euro al mese...

ciao e a vanti tutta

Condivido la tua analisi in pieno.

Personalmente ho studiato lettere solo perché ne avevo voglia, senza pensare a farmi un nome e nemmeno una professione.

Ho insegnato un anno, guadagnavo pochissimo e stavo male perché tenevo molto al mio lavoro.

Ora faccio l'impiegato, guadagno discreto e vedo tutti i figli dei tali fare carriera.

La politica ha fallito, dobbiamo prenderne atto e ripensare le nostre priorità.
 
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Grantenca

Well-known member
Condivido la tua analisi in pieno.

Personalmente ho studiato lettere solo perché ne avevo voglia, senza pensare a farmi un nome e nemmeno una professione.

Ho insegnato un anno, guadagnavo pochissimo e stavo male perché tenevo molto al mio lavoro.

Ora faccio l'impiegato, guadagno discreto e vedo tutti i figli dei tali fare carriera.

La politica ha fallito, dobbiamo prenderne atto e ripensare le nostre priorità.


Pensa che quando ero giovane, se avessi avuto i titoli, avrei lasciato tutto per l'insegnamento! Mi sono sempre trovato molto bene con i giovani.
Oggi però penso che sia molto più difficile.
 

malafi

Well-known member
Io invece non condivido l'analisi di Fabio, o almeno non la condivido del tutto.

E' vero che, almeno nelle regioni che conosco io, c'è molta più fame di diplomati tecnici che di laureati (a Bologna i periti industriali li vanno stanare ancora prima della maturità, anche quelli con voti cattivi).
E' vero anche che, nei primi 10 anni lavorativi, la forbice salariale non è certo a favore dei laureati (se poi consideri gli anni di non lavoro, il divario aumenta).
Dire per questo che investire su se stesso e la propria formazione sia una scelta sbagliata, non lo condivido però.
Che poi una debba seguire le proprie inclinazioni (come Zingaro) o quello che reputa che gli potrà dare un buon lavoro, è una scelta talmente personale che non è sindacabile. Nemmeno dal genitore che vedesse il figlio buttarsi via alla ricerca di chimere.

Ma il problema - aggravato dal problema reale di disoccupazione giovanile grazie anche alla Fornero (che p....la colga) - è che spesso il giovane o ha la sindrome di Peter Pan (continuo a studiare, studiare, studiare, quasi per rimandare il momento in cui devo affrontare il problema del lavoro) oppure è alla ricerca dell'isola che non c'è.
Ovvero si aspetta di avere da subito il lavoro che ha sempre sognato con la paga che ha sempre sognato.

Beh, salvo botte di c... come scriveva Ila qualche anno fa, questo non avviene.

E comunque - e con questa mi attirerò gli strali di 3/4 del forum - nel mondo del lavoro volere è (almeno un po') potere. E ci vuole pazienza.

Anch'io da neolaureato guadagnavo meno di un operaio.
E anche ora, stimato :?? professionista, guadagno molto meno dei soggetti a cui rendo i miei servizi e le mie conoscenze frutto di studio quotidiano.
Però faccio esattamente il lavoro che mi sono cercato.
E sono contento.
 

Tanny

Well-known member
Io invece non condivido l'analisi di Fabio, o almeno non la condivido del tutto.

E' vero che, almeno nelle regioni che conosco io, c'è molta più fame di diplomati tecnici che di laureati (a Bologna i periti industriali li vanno stanare ancora prima della maturità, anche quelli con voti cattivi).
E' vero anche che, nei primi 10 anni lavorativi, la forbice salariale non è certo a favore dei laureati (se poi consideri gli anni di non lavoro, il divario aumenta).
Dire per questo che investire su se stesso e la propria formazione sia una scelta sbagliata, non lo condivido però.
Che poi una debba seguire le proprie inclinazioni (come Zingaro) o quello che reputa che gli potrà dare un buon lavoro, è una scelta talmente personale che non è sindacabile. Nemmeno dal genitore che vedesse il figlio buttarsi via alla ricerca di chimere.

Ma il problema - aggravato dal problema reale di disoccupazione giovanile grazie anche alla Fornero (che p....la colga) - è che spesso il giovane o ha la sindrome di Peter Pan (continuo a studiare, studiare, studiare, quasi per rimandare il momento in cui devo affrontare il problema del lavoro) oppure è alla ricerca dell'isola che non c'è.
Ovvero si aspetta di avere da subito il lavoro che ha sempre sognato con la paga che ha sempre sognato.

Beh, salvo botte di c... come scriveva Ila qualche anno fa, questo non avviene.

E comunque - e con questa mi attirerò gli strali di 3/4 del forum - nel mondo del lavoro volere è (almeno un po') potere. E ci vuole pazienza.

Anch'io da neolaureato guadagnavo meno di un operaio.
E anche ora, stimato :?? professionista, guadagno molto meno dei soggetti a cui rendo i miei servizi e le mie conoscenze frutto di studio quotidiano.
Però faccio esattamente il lavoro che mi sono cercato.
E sono contento.

Molto probabilmente io sono parte del restante quarto e condivido la tua analisi, parlando di esperienze personali durante il periodo della scuola, compatibilmente con gli impegni scolastici, ho sempre lavorato ed ho fatto ciò che mi si presentava senza farne un dramma e nella stragrande maggioranza dei casi (tranne i figli di papà) tutti i miei compagni di classe lavoravano (almeno d'estate).
Secondo me sono proprio state quelle esperienze a farmi apprezzare il lavoro, se avessi iniziato a svolgere allora il mio attuale lavoro, forse non mi sarebbe nemmeno piaciuto, non ero caratterialmente pronto e poi avevo tutt'altro per la testa.
Sta di fatto che appena diplomato (non ho la laurea) ho trovato un posto di lavoro per una retribuzione a dir poco ridicola (300 euro al mese), che nel corso degli anni è gradualmente aumentata ma che comunque non poteva garantirmi alcun futuro, a differenza dei miei coetanei che pur svolgendo mansioni per le quali non serviva alcun titolo di studio guadagnavano in alcuni casi fino il triplo di quello che percepivo io, ed alcuni di quelli svolgevano proprio i lavori che facevo durante il periodo scolastico.
Sono quindi arrivato al punto di dover far qualcosa, o abbandonare il mio lavoro e fare altro oppure prendermi il rischio e diventare autonomo, ho scelto la seconda opzione ed alla fine le cose si sono sistemate, ma ho dovuto metterci del mio e passare qualche notte in bianco a pensare a come far quadrare i conti.

Alla fine mi sento fortunato per il fatto che svolgo un lavoro che mi piace, ma quello che ho ottenuto non lo attribuisco alla fortuna, tutte le cose ho dovuto guadagnarmele a volte lottando con le unghie e con i denti; ritengo comunque di non aver fatto nulla di eccezionale e che questo genere di cose sono alla portata di tutti, ma bisogna avere ambizione, perseveranza e fiducia in se stessi; chi crede di riuscire a trovar tutto pronto appena usciti dalla scuola o è un illuso oppure è il classico raccomandato (ma questo è un altro discorso).

Il fatto comunque che le professioni intellettuali risultano essere sottopagate a mio avviso è una conseguenza logica, quelli che avevano vissuto da operai il cosiddetto boom economico erano riusciti comunque a mettere da parte un discreto capitale ed avevano coltivato un sogno: quello di dare ai loro figli un futuro migliore del loro, farli studiare per consentirgli di guadagnare di più faticando di meno. In molti hanno quindi investito nell'istruzione dei propri figli, vedendo la laurea come un obbiettivo imprescindibile, ed in alcuni casi spingendo a studiare persone che non erano assolutamente portate.
Si è quindi arrivati al punto di avere un gran numero di laureati ma un numero limitato di posti di lavoro, questo ha quindi causato disoccupazione ed aumentando l'offerta di manodopera, causando una ovvio deprezzamento dei salari.

Sarò estremamente realista e forse cinico, ma avendo avuto esperienze nella gestione di società ho sempre visto che quelle che hanno un numero esiguo di impiegati d'ufficio ed un grosso numero di operai che svolgono mansioni manuali le cose funzionano, quando ci sono molti impiegati e pochi operai le cose precipitano (ovviamente dipende dal tipo di lavoro, ma se di produce qualcosa di "materiale" generalmente è così).
Per fare un esempio, per la costruzione di una strada serve un determinato numero di tecnici per progettarla, ma servono molte più persone per costruirla, rapportando l'esempio di questo ipotetico cantiere stradale alla situazione italiana mi sembra che le nuove generazioni stiano sfornando un gran numero di tecnici e ben pochi operai; il fatto che aumenti il livello di istruzione è una cosa positiva, ma è innegabile che così facendo ci sia posto per tutti, è quindi ovvio che qualche tecnico quella fantomatica strada dovrà costruirla da operaio e non da progettista.

Edit: Purtroppo l'eventualità di non svolgere il lavoro per il quale hanno studiato per alcune persone (non tutte ovviamente) è inaccettabile e preferiscono essere disoccupati piuttosto che svolgere una mansione umile, qualche anno fa ero andato a Lecco per visionare un fabbricato in costruzione, parlando con il proprietario della ditta edile gli avevo chiesto il motivo per il quale aveva la stragrande maggioranza dei dipendenti stranieri, io avevo ipotizzato ragioni economiche, ma lui mi aveva risposto che di ragazzi italiani che volevano svolgere quel lavoro non ne trovava ed il fatto di avere degli stranieri che in alcuni casi non capivano nemmeno la lingua gli causava non pochi problemi; dato che qualche giorno prima avevo parlato con un mio condomino, sempre di Lecco, il quale mi aveva raccontato che suo figlio non trovava lavoro, avevo pensato di chiamarlo per dargli il numero del titolare dell'impresa edile, tempo dopo sono venuto a sapere che il ragazzo aveva rifiutato il lavoro, non voleva fare il manovale ed era rimasto a casa disoccupato.
 
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