La calma e la tristezza

Valentina Bellucci

La Collezionista di Sogni
È una discussione che desideravo aprire già da un po’.
Come da titolo, gli argomenti sono: calma e tristezza.

Esse sono correlate?

Quando la calma scende nell’anima e un profondo silenzio si posa come polvere su tutto ciò che lo sguardo penetra. La malinconia nel guardare l’unico astro luminoso nel cielo notturno, e a volte non bastano tutte le luci natalizie, o i lampioni che illuminano vecchi marciapiedi bagnati dalla pioggia a rischiarare anche un minimo di oscurità.
La calma che pesa sul petto come neve gelata; la si può chiamare tristezza? Malinconia, forse?
Tendere lo sguardo alla vita e scoprirsi a fissare il vuoto.
Ci sono momenti simili, una persona li attraversa, li supera. E nel momento stesso in cui si sta chiedendo quale sia il significato di tutto ciò, all’improvviso sembra che quel tutto acquisisca un certo fascino mistico, che è tipico delle notti invernali, ma invece di prenderti nel suo vortice di calore, ti allontana, ti respinge (forse perché tu stesso lo rifiuti) e l’aria si fa fredda, rarefatta.
La vivacità di un cuore si può sostituire alla calma qualora essa rispecchi la tristezza?
Quale legame persiste tra questa prima sensazione e l’altra?

Indipendentemente dal carattere e dai sogni di una persona, credo però che questo silenzio sia possibile affrontarlo solo con la determinazione.

Non so se sono stata capace di spiegarmi, molte volte mi capita di non riuscire a farmi capire.
Comunque Grazie! a tutti quelli che interverranno.
 

Dallolio

New member
Bellissimo argomento... ma perchè dici di combatterlo con la determinazione? Non sarebbe meglio lasciarsene pervadere, allontanandosi dalle cose?
 

Max P

Dreamer Member
Complimenti sia per il modo poetico di scrivere, sia per l’argomento.
Forse non ti ho capito e me ne scuso:boh:, non sei tu a spiegarti male, è l’argomento che è profondo e soggettivo, ed il sottoscritto che non è sveglio come vorrebbe essere:cry:, però credo di interpretare la calma in maniera molto diversa da te, sempre che, ripeto, abbia capito quel che scrivi.
“La calma che pesa sul petto come neve gelata; la si può chiamare tristezza?” Si perché per me non è calma, è proprio tristezza, malinconia. Se pesa è sofferenza, una conseguenza per esempio per l’assenza momentanea nell’animo di un qualcosa di più vivo, di più immediato, un silenzio dovuto magari ad una ricerca interiore che non si è ancora conclusa o addirittura iniziata, o al raffrontare se stessi con la vita e il mondo nel tentativo di capire dove si è nella realtà delle cose, quale sia la vera realtà, il senso di tutto. Almeno a me è capitato di provare quel che descrivi tu in questo raffronto. In questo caso la correlazione con la tristezza secondo me c’è, però perché quel che tu interpreti come calma è per me un passaggio, uno scendere dentro se stessi, un riflettere, un meditare, chiamalo come vuoi, che sta tra lo stato d’animo precedente e la malinconia che ne consegue, ma per me non è calma.
Invece la calma, per come la considero io, è un “sentimento” (tra virgolette perché non è la parola giusta ma non so meglio definirla) da coltivare e imparare ad usare per guidare le emozioni ed i sentimenti che viviamo, guidare non nel senso di pilotare, ovvero di scegliere cosa provare, ma di lasciarli scorrere dentro di noi, di viverli senza però permettere loro di travolgerci, di pilotarci. Un curare la nostra parte emotiva con attenzione per non soffocarla ma neppure essere soffocati, fino a trovare una pace interiore che non privi delle emozioni ma dia per l’appunto la pace.
Secondo me la calma è uno degli stati d’animi in assoluto più difficili da conquistare, e non per il tipo di società in cui viviamo, frenetica e consumistica, ma perché necessita di un animo molto profondo e riflessivo, e di parecchia meditazione e, penso, pure di saggezza. Bisogna trovare il punto di equilibrio tra ragione, emozioni e sentimenti, e di farne il modo di vivere quotidiano per ottenerla davvero secondo me.
Per questo per me non c’è correlazione tra la calma come la interpreto io e la tristezza, ma è un qualcosa da mescolare con gli altri sentimenti e le altre emozioni.
E se temevi di non farti capire, dopo il mio post penso puoi consolarti, nella vita c’è sempre qualcuno che si spiega da cani peggio di te:mrgreen:
 

Valentina Bellucci

La Collezionista di Sogni
@Dallolio: è un sentimento che non teme rancori, dal momento che tutto giace solo nella contemplazione; ma no, non voglio allontanarmi dalle cose, la vita è fatta per essere vissuta, e intendo viverla nel pieno di tutte le mie capacità. Alienarsi per cosa, poi? Per sentirsi ancor più soli di quel che siamo, ostentando il lusso di sentirsi incompresi?
Il mio è solo un momento di transizione precaria; dove porti o cosa pretenda questo lo saprò al momento opportuno, ma non intendo assolutamente lasciarmi pervadere da essa per allontanarmi dalle cose e di conseguenza dalla vita stessa. Nonostante mi porti a una certa ispirazione, e nonostante qualche attimo di riflessione interiore faccia sempre bene, non desidero affatto che questo si trasformi in monotonia.
La mia vitalità e la mia determinazione sono da sempre state il mio punto di forza, non mi sono mai arresa di fronte a niente, non ho mai abbandonato nessuna battaglia, impiegandoci tutta me stessa per non lasciare che l’assuefazione di impadronisse di me. E’ accaduto, certo, e non nego che ogni tanto ci voglia; ma serve solo per riprendere fiato e uscire dalla “crisi” più forti di prima. La vita abbonda di emozioni, allontanarsi da essa significa rinunciare a tutte queste sensazioni, o per lo meno viverle in modo e maniera del tutto insofferenti. E la cosa non mi sarebbe affatto gradita.

:HIPP



@Max P: il tuo intervento è notevole; e tranquillo, ti sei espresso benissimo.:wink:
Hai detto cose sagge e giuste, tipo: se pesa è sofferenza, una conseguenza per esempio per l’assenza momentanea nell’animo di un qualcosa di più vivo, di più immediato, un silenzio dovuto magari ad una ricerca interiore che non si è ancora conclusa o addirittura iniziata, o al raffrontare se stessi con la vita e il mondo nel tentativo di capire dove si è nella realtà delle cose, quale sia la vera realtà, il senso di tutto.
Effettivamente non hai torto; la calma è qualcosa che rasserena e non che “deprime” per così dire. La tristezza dovrebbe portare alla solitudine e a qualcosa che pesa sul petto.
Considerando però che non si tratta di tristezza vera, perché in fondo non c’è niente dal quale sentirsi tristi, la calma però perdura.
Presumendo che la vitalità a un certo punto lasci spazio alla calma interiore e che la determinazione, pur restando, si prende però un attimo di “tregua”; è necessario chiamare tristezza tutto ciò? Da quando poi, la tristezza se altri non è che riflessione, non può portare alla sofferenza. Per cui tristezza e sofferenza non sono paragonabili. Tant’è vero che la calma fa parte della tristezza per così dire, ma non è parte del dolore. Nel dolore siamo animati da qualcosa, che certo non è la quiete.
Per uno spirito libero, un animo inquieto, in eterno conflitto con se stesso, può mai la calma pervaderlo? Anche fosse all’improvviso cosciente e prendesse atto delle sue capacità e della vita che gli si para davanti come un muro o come una strada alberata, qualsiasi sia la via da prendere, qualsiasi ostacolo da superare, obbiettivo da raggiungere. Potrà mai un cuore irrequieto sostare un momento? Forse sì. Per far cosa? Riflettere?
Allora tutte le tue delucidazioni son giuste! E magari mi preoccupo per futili motivi!
Oh! Quanta amara è la necessità di ammettere.
L’ispirazione nasce da dietro una porta socchiusa come la calma persiste nel logorare l’avvento più catastrofico! Lo preannuncia anzi!
Non credermi pazza, forse lo sono. Ma ho i miei motivi per esserlo. E di solito in me esiste anche questo: dopo la quiete viene la tempesta.
Non accade così quando invece sono pervasa dalla tristezza. Ma la tristezza probabilmente, come sostieni, non è legata alla calma.

Bene. Il difficile sta forse nel comprendermi, e mai augurerei questo ad anima viva. :mrgreen:
Non darmi retta a la cosa più saggia che qualcuno possa fare!
 

Sopraesistito

Black Cat Member
Sono fasi transitorie, metri di terreno da coprire, momenti. Questo vale un pò per tutto, ma è esattamente ciò che intendo: calma e tristezza non sono più degne di analisi di altre sensazioni. Le definizioni non sono importanti.

L'unica cosa da cui bisogna guardarsi è la stagnazione, il restare impantanati in calma tristezza... O in qualsiasi altra emozione in verità. Il mutamento continuo e incessante dello spirito è lo scopo dell'esistenza, raffinarsi il più possibile prima di sparire nel vuoto.

Perciò dopo essermi a grande richiesta ( ;) ) espresso su questo lascio le elucubrazioni ad altri.
 

Valentina Bellucci

La Collezionista di Sogni
Sono fasi transitorie, metri di terreno da coprire, momenti. Questo vale un pò per tutto, ma è esattamente ciò che intendo: calma e tristezza non sono più degne di analisi di altre sensazioni. Le definizioni non sono importanti.

L'unica cosa da cui bisogna guardarsi è la stagnazione, il restare impantanati in calma tristezza... O in qualsiasi altra emozione in verità. Il mutamento continuo e incessante dello spirito è lo scopo dell'esistenza, raffinarsi il più possibile prima di sparire nel vuoto.

Perciò dopo essermi a grande richiesta ( ;) ) espresso su questo lascio le elucubrazioni ad altri.


Sì, concordo sul fattore "transitorio" ma non quando queste stesse sensazioni ogni tanto tornano a farsi sentire... magari le cose da affrontare sono altre, le cose da capire pure. Resta il fatto che pure essendo transitorie non sono esclusive.
Ma sì! La stagnazione è una parola che non rientra affatto nel mio vocabolario e credo che tu ormai l'abbia capito! :D
 

Sopraesistito

Black Cat Member
Sì, concordo sul fattore "transitorio" ma non quando queste stesse sensazioni ogni tanto tornano a farsi sentire... magari le cose da affrontare sono altre, le cose da capire pure. Resta il fatto che pure essendo transitorie non sono esclusive.
Ma sì! La stagnazione è una parola che non rientra affatto nel mio vocabolario e credo che tu ormai l'abbia capito! :D

:boh: Io niente so! :mrgreen:
 
M

maredentro78

Guest
Io non sono brava a definire le cose,proprio perché soggettive e mutevoli.Non so se alla calma segue la riflessione e quindi un senso di malinconia e tristezza,non per forza.la calma potrebbe anche essere seguita dalla pace con se stessi.Forse la tristezza per qualche presa di coscienza,ma nel mio caso è accompagnata da inquietudine.Tematiche difficili da trattare......in ultimo credo che come dice Dellolio si debba abbracciare le sensazioni.

Sopra:hai una maniera di esprimerti che ti fa onore!!è bellissimo leggerti.Scrivessi mai un libro pretendo di sapere il titolo!!!
 

Apart

New member
Io ho avuto un po' di difficoltà a capire di cosa vuoi discutere. L'argomento non è così chiaro, e poi hai posto troppe domande a mio avviso. Se me lo chiarisci posso dare il mio contributo, mi piacerebbe.
 
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Apart

New member
Il mutamento continuo e incessante dello spirito è lo scopo dell'esistenza, raffinarsi il più possibile prima di sparire nel vuoto.

Che poi l'uomo si dia uno scopo nella vita, si sa. Perchè però dovrei darmelo (impormelo), uno scopo, se poi devo sparire nel vuoto?
E se poi non raggiungessi quello scopo?
Lo scopo non è il mutamento continuo e incessante dello spirito. Quello viene da sè, non si da come scopo dell'esistenza. C'è piuttosto il fascino, la bellezza, l'ebrezza di non avere scopi.
Lasciarsi andare con consapevolezza per farsi abbracciare dal Tutto.
 
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Sopraesistito

Black Cat Member
Che poi l'uomo si dia uno scopo nella vita, si sa. Perchè però dovrei darmelo (impormelo), uno scopo, se poi devo sparire nel vuoto?
E se poi non raggiungessi quello scopo?
Perchè l'alternativa è sparire nel vuoto e basta, senza aver concluso nulla in precedenza, senza aver lasciato ricordo di te, la tua personale firma o sfregio nel mondo. Il finale è uguale, ma l'importante si dice sia il viaggio e non la destinazione, tanto per capirci.

Lo scopo non è il mutamento continuo e incessante dello spirito. Quello viene da sè, non si da come scopo dell'esistenza. C'è piuttosto il fascino, la bellezza, l'ebrezza di non avere scopi.
Lasciarsi andare con consapevolezza per farsi abbracciare dal Tutto.

Gli stimoli vengono da sè, ma non il modo in cui li si elabora. Sebbene la maggioranza delle persone sia in grado di elaborare gli stimoli ad un certo punto si deve parlare di efficenza.
Non sono sicuro di poter rispondere alle tue ultime frasi, hai praticamente detto che "non c'è scopo", solo per poi descriverne uno che direi concorda con il mio punto di vista, fare esperienze, sebbene posta a modo tuo farebbe pensare a una posizione passiva, con la quale non mi ritrovo.

Sopra:hai una maniera di esprimerti che ti fa onore!!è bellissimo leggerti.Scrivessi mai un libro pretendo di sapere il titolo!!!

Mi fa piacere! :)
 

Apart

New member
Perchè l'alternativa è sparire nel vuoto e basta, senza aver concluso nulla in precedenza, senza aver lasciato ricordo di te, la tua personale firma o sfregio nel mondo. Il finale è uguale, ma l'importante si dice sia il viaggio e non la destinazione, tanto per capirci.

A me non preme lasciare il segno. E non so nemmeno cosa ci sarà dopo, se il vuoto o chissà cos'altro. Però è lo slancio, l'abbandono al Tutto che mi spinge a realizzarmi, quando mi sento chiamato, interpellato a pormi in ascolto nella vita di tutti i giorni. Non è una scelta che faccio da solo, non è uno scopo esistenziale che mi do da solo quello di realizzarmi. E' lo stupore, la meraviglia che mi fa interrogare, che mi fa cercare le risposte (che non sempre trovo), che mi fa crescere e maturare. Diventa quasi un dialogo. Ecco perchè se rimango ancorato soltanto agli enti mondani la realizzazione personale diventa quasi un capriccio personale, un imposizione, un dovere necessario per lasciare il segno e non pensare che la mia vita sia stata buttata. Questa è la mia opinione.


Gli stimoli vengono da sè, ma non il modo in cui li si elabora. Sebbene la maggioranza delle persone sia in grado di elaborare gli stimoli ad un certo punto si deve parlare di efficenza.
Non sono sicuro di poter rispondere alle tue ultime frasi, hai praticamente detto che "non c'è scopo", solo per poi descriverne uno che direi concorda con il mio punto di vista, fare esperienze, sebbene posta a modo tuo farebbe pensare a una posizione passiva, con la quale non mi ritrovo.
Il non avere scopi era un po' una provocazione, che comunque ha le sue ragioni. Gli scopi sono ideali, qui non c'è nulla di cui prendere possesso. E' non c'è passività quando con consapevolezza ti poni in un atteggiamento di non afferramento, di non raggiungimento. E' la consapevolezza del lasciarsi andare, non una deriva. Li si che diventi spontaneo. E quanto più sei spontaneo tanto più dai il meglio di te, senza avere in mente uno scopo. Questa è un'altra mia opinione.
 

Sopraesistito

Black Cat Member
Ti assicuro che la spontaneità non mi manca (anzi... è pure contagiosa! :p ), in verità non vedo come potrebbe, la mia visione del mondo non mi pare implichi un maggior controllo o un maggior calcolo prima di agire.
Invece non mi riesce proprio di vedere nella pratica in cosa si tradurrebbe questo tuo "abbandono" al "Tutto", soprattutto come non sarebbe un atteggiamento passivo, però non credo sia la discussione giusta per parlarne.
Poi ad un certo punto si va più sulla fede che su i fatti, anche se a me piace costruire le mie filosofie sulla fisica, il modo in cui funziona l'universo mi pare un buon modello da seguire.

P.S.: non ho colto la provocazione nel "non avere scopi"... A chi era mirata? :?

P.P.S.: se vogliamo evitare gli off topic qui rispondimi pure nella bacheca del profilo!
 

Apart

New member
Forse in noi due l'affinarsi avviene in differenti modi. Per me è come se venissi interpellato nella vita di tutti i giorni (quando mi accorgo dei limiti di ogni mio processo di oggettivazione, dal Tutto dunque), quindi diventa naturale la domanda e la ricerca di una risposta. Lo faccio spontaneamente, non ho scelto da me di edificarmi come scopo della vita, capisci cosa intendo? Poi è ovvio, ribadisco che anch'io tendo a realizzarmi. Ma se non hai questo sentore, come puoi pensare che un'altro possa darsi l'edificazione, il miglioramento, come scopo dell'esistenza? Se la può dare, certo, ma diventa come un'imposizione se a lui non interessa, se non è ricettivo. O diventa quasi qualcosa di necessario per avere poi un riscontro nella realtà (ovvero lasciare il segno, ecc.) che magari poi non avverrà. Mi son posto anche in un'ottica educativa dunque.

Una provocazione a te, ma anche in generale: nel senso che sarebbe bello liberarsi di una mentalità basata sullo scopo. Per il semplice fatto che non c'è nulla da afferrare in questa vita, e lo scopo è afferramento, prender possesso.

Io da quando non ho più scopi sono più spontaneo, mi sento più bello (non nel senso fisico). E' un po' come non aver nulla da perdere eppure continuare a giocare divertendoti (sapendo che puoi perdere, ma anche vincere). E mica sei passivo quando giochi con gusto.

Chiudo con l'Off topic.

:wink:
 
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Sopraesistito

Black Cat Member
Pensavo fosse scontato che se ho un certo ideale o scopo è perchè li ho scoperti come parte di me in modo spontaneo, chi me lo dovrebbe imporre altrimenti? E io a me stesso non impongo proprio nulla, tranne una/due ore di palestra al dì! :mrgreen:
 

Valentina Bellucci

La Collezionista di Sogni
Io ho avuto un po' di difficoltà a capire di cosa vuoi discutere. L'argomento non è così chiaro, e poi hai posto troppe domande a mio avviso. Se me lo chiarisci posso dare il mio contributo, mi piacerebbe.

So bene che qualche volta mi esprimo male... oppure sei tu che non capisci mai quel che dico :mrgreen:

Comunque il succo della questione è:
cos'è quella sensazione che senti quando all'improvvisto intorno a te il mondo sembra si sia allontanato?

E' calma? E' tristezza?
Inizio a sentirmi alienata quando sono triste, ma molto spesso non lo sono, eppure sento ugualmente questa sorta di allontanamento da tutto...
Probabilmente non fa parte nè della calma nè della tristezza... ma è solo delusione...
Questa sensazione l'ho definita "calma" perchè sento un leggero vuoto dentro, non è pesante, però preme sul petto...e mi lascia nella quiete più assoluta, più o meno come durante il periodo di dormi-veglia, dove sei ancora cosciente ma ti senti lentamente abbandonare preda del sonno.

Credo che più chiaramente di così proprio non possa esprimermi... :??
 

Valentina Bellucci

La Collezionista di Sogni
Per tutte le altre cose che sono state dette tra Sopraesistito e Apart posso aggiungere un mio giudizio:

prima di tutto non credo che quel che sia stato detto sia molto Off topic...

secondo, credo che nella vita bisogna prefiggersi uno scopo. Non volontariamente indotto, nel senso che dovremmo sentirlo dentro, come una sorta di vocazione.
Faccio un esempio: non è che scrivo perchè mi piace farmi leggere, o perchè vorrei fare la scrittrice perchè mi piace il nome. Scrivo perchè ne sento il bisogno; sento che devo dire qualcosa, esporre cose che forse pensano anche altri, ma che finchè non l'ho confrontato restano mie. Per cui se voglio prefiggermi lo scopo di diventare un giorno scrittrice, è perchè amo scrivere ed esporre i miei pensieri, ed essere scrittore è il miglior modo per riuscirci.

Terza cosa: non capisco l'ideale associato allo scopo. L'ideale è un concetto di massa, lo scopo è singolo della persona che se lo prefigge...

Quarta cosa: anch'io desidero lasciare un'impronta di me in questo mondo! Che senso avrebbe dire: vivo; mi sveglio la mattina, durante il giorno lavoro o faccio quel che mi pare, e la sera vado a dormire... per rialzarmi la mattina.
No! Vivo per vivere! E vivo in questo mondo, un mondo che ogni tanto non sento mio perchè così distante dalle mie ideologie, però resta il fatto che cammino in questo mondo. Quante volte le mie scarpe hanno macinato l'asfalto! Quante volte il terreno si è inghiottito tutte le mie lacrime! Quante volte l'aria ha sentito il mio sospiro! E la montagna l'eco della mia voce!
In questo mondo io ci vivo.
E da questo mondo io non scomparirò per sempre.
 

Apart

New member
So bene che qualche volta mi esprimo male... oppure sei tu che non capisci mai quel che dico :mrgreen:

Comunque il succo della questione è:
cos'è quella sensazione che senti quando all'improvvisto intorno a te il mondo sembra si sia allontanato?

E' calma? E' tristezza?
Inizio a sentirmi alienata quando sono triste, ma molto spesso non lo sono, eppure sento ugualmente questa sorta di allontanamento da tutto...
Probabilmente non fa parte nè della calma nè della tristezza... ma è solo delusione...
Questa sensazione l'ho definita "calma" perchè sento un leggero vuoto dentro, non è pesante, però preme sul petto...e mi lascia nella quiete più assoluta, più o meno come durante il periodo di dormi-veglia, dove sei ancora cosciente ma ti senti lentamente abbandonare preda del sonno.

Credo che più chiaramente di così proprio non possa esprimermi... :??

Ciao Vale, diciamo pure che sei tu che ti sei espressa male. :)
E' difficile dare una definizione di quello che si prova, per tutti credo. Ogni interpretazione è un taglio, un discernimento, e non c'è nulla di conoscibile quale puro e semplice interpretato. Credo sia un problema di definizione, più che di comprensione. Tu ti comprendi, da quanto scrivi, eppure fai fatica a dare un nome a quello che provi. Non è così strano. E' che vorremmo sempre classificare le nostre emozioni, ma è cosa assai difficile. Qualsiasi atteggiamento nostro di interpretazione è sempre oggettivazione da parte di un soggetto (tu consideri le cose come un oggetto, come se fossero separate da te, è una rottura), dunque è sempre parzialità, limite. Dunque non ti arrovellare tropo sulle definizioni. Credo che ciò che importa è capirsi, comprendersi, sentire nell'intimo cosa ti scuote, cosa ti provoca certi movimenti. E tu da quel che scrivi mi sembri in grado di farlo.
 
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elisa

Motherator
Membro dello Staff
per me calma e tristezza non sono correlate, la calma è uno stato dell'animo e la tristezza un'emozione e io quando sento la calma dentro di me è perchè le emozioni sono in quiete, il mio mare interno non è neanche leggermente increspato, tutto è in movimento ma non c'è marea, una corrente continua che scorre senza portare via niente e l'acqua è ricca di pesci e di alghe, un nutrimento per i giorni di marea e di burrasca.
La tristezza quando c'era la calma esisteva quando inquieta ed eccessiva avevo bisogno di buttare la rete a strascico nell'oceano della vita e tirare su tutto senza fare attenzione a quello che pescavo, rovinando il fondale, allora sì che i momenti di calma mi rattristivano perchè con l'essenziale non sapevo vivere.
Adesso la calma mi permette di sentire, vedere, toccare, anche le piccole cose, quello che prima buttavo senza neanche conoscerne il valore. Non c'è più tristezza che si accompagna alla mia calma, rara anch'essa ma per fortuna sempre più frequente.
 

Apart

New member
Per tutte le altre cose che sono state dette tra Sopraesistito e Apart posso aggiungere un mio giudizio:

prima di tutto non credo che quel che sia stato detto sia molto Off topic...

secondo, credo che nella vita bisogna prefiggersi uno scopo. Non volontariamente indotto, nel senso che dovremmo sentirlo dentro, come una sorta di vocazione.
Faccio un esempio: non è che scrivo perchè mi piace farmi leggere, o perchè vorrei fare la scrittrice perchè mi piace il nome. Scrivo perchè ne sento il bisogno; sento che devo dire qualcosa, esporre cose che forse pensano anche altri, ma che finchè non l'ho confrontato restano mie. Per cui se voglio prefiggermi lo scopo di diventare un giorno scrittrice, è perchè amo scrivere ed esporre i miei pensieri, ed essere scrittore è il miglior modo per riuscirci.

Terza cosa: non capisco l'ideale associato allo scopo. L'ideale è un concetto di massa, lo scopo è singolo della persona che se lo prefigge...

Quarta cosa: anch'io desidero lasciare un'impronta di me in questo mondo! Che senso avrebbe dire: vivo; mi sveglio la mattina, durante il giorno lavoro o faccio quel che mi pare, e la sera vado a dormire... per rialzarmi la mattina.
No! Vivo per vivere! E vivo in questo mondo, un mondo che ogni tanto non sento mio perchè così distante dalle mie ideologie, però resta il fatto che cammino in questo mondo. Quante volte le mie scarpe hanno macinato l'asfalto! Quante volte il terreno si è inghiottito tutte le mie lacrime! Quante volte l'aria ha sentito il mio sospiro! E la montagna l'eco della mia voce!
In questo mondo io ci vivo.
E da questo mondo io non scomparirò per sempre.

Il diventare scrittore presuppone già un riconoscimento sociale, diverso è lo scrivere perchè si ha voglia di scrivere. Lo scrivere non si vive come uno scopo, il diventare scrittori si. Questa è la differenza. Così intendevo dire dello scopo di vita.
Noi non lasceremo niente, perchè una volta che tu non ci sei, non ci sei più, dunque non avrai neanche coscienza dell'aver lasciato il segno. Il senso potrebbe anche non esserci, ma l'uomo è portato a darselo in ogni caso. La mia era una provocazione: abbiamo così paura di andarcene senza aver lasciato il segno? Lasciare il segno è un tentativo di imprimere qualcosa di duraturo, di stabile, in una vita che ha soltanto del transitorio. Tutto sfugge, tutto diviene, non resta che adattarsi al divenire, lasciarsi andare ad esso con consapevolezza. E' un'ipotesi e uno stile di vita, non necessariamente condivisibile.
 
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