Volgere Altrove
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Nessun “giusto” per Eva.
Si tratta di una occasione importante per avvicinarsi ad un saggio che rappresenta il punto di arrivo di 25 anni di ricerche in tema.
La penna elegante e leggera di Selmin ricostruisce per il lettore l’intera vicenda, vista dal Veneto , che va dall’introduzione delle Leggi razziali nel 1938 all’epilogo ad Auschwitz nel 1944, attraverso le vite e le vicende personali delle vittime ( bellissima e particolarmente suggestiva tutta l’appendice documentale), passando perfettamente attraverso la dimensione del silenzio, dello sguardo girato altrove, della volgarità di fatto e dell’ignavia comportamentale, dell’autocensura di chi queste tragedie ha visto passare sotto i propri occhi, giacché è questo il nocciolo duro del libro, che va oltre la ricerca, come ha ben compreso anche Camon.
Alcune tra le piu’ grandi porcherie della storia sono passate sotto gli occhi degli uomini e delle donne veneti(e ricordo i rastrellamenti, e prima le espulsioni razziali dalle scuole e dalle Università, l’attivismo di questure e carabinieri, le cacce all’ebreo, le oscene macchine burocratiche e tutti i loro funzionari,ecc.).per non dire della pagina orribile del post di tutto cio’, quello dopo la Liberazione, nel tacere i responsabili, nel rimuovere il piu’ possibile.
Il silenzio dominava tutto, ci dice Selmin, che nella sua ricostruzione non riesce a trovare un “giusto” che sia uno, disposto ad esporsi nemmeno per una bimba di 5 anni. E non si fa fatica a crederci, proprio per nulla. Ma anche il volgere gli occhi sistematicamente altrove, la meschinità, la cattiva coscienza di fronte alla ferocia e alla squallore che si compie sotto le finestre di casa propria o nei confronti del vicino di scrivania, ha i suoi nomi e cognomi. Il problema è dirli, il problema è farli. E trovare uno storico come Selmin che scovi questi “armadi della vergogna” e li faccia, non ennesime, grandi storie generali. Come per esempio quelli dei delatori,delle spie, dei vicini di casa che mandavano la gente a farsi torturare da Mario Carità a Palazzo Giusti.
Ancora una volta, anche qui ,un Veneto che si tace e che ha taciuto, fino a giorni nostri, con una perfetta, naturale direi, predisposizione alla cosa.
V.A.
Si tratta di una occasione importante per avvicinarsi ad un saggio che rappresenta il punto di arrivo di 25 anni di ricerche in tema.
La penna elegante e leggera di Selmin ricostruisce per il lettore l’intera vicenda, vista dal Veneto , che va dall’introduzione delle Leggi razziali nel 1938 all’epilogo ad Auschwitz nel 1944, attraverso le vite e le vicende personali delle vittime ( bellissima e particolarmente suggestiva tutta l’appendice documentale), passando perfettamente attraverso la dimensione del silenzio, dello sguardo girato altrove, della volgarità di fatto e dell’ignavia comportamentale, dell’autocensura di chi queste tragedie ha visto passare sotto i propri occhi, giacché è questo il nocciolo duro del libro, che va oltre la ricerca, come ha ben compreso anche Camon.
Alcune tra le piu’ grandi porcherie della storia sono passate sotto gli occhi degli uomini e delle donne veneti(e ricordo i rastrellamenti, e prima le espulsioni razziali dalle scuole e dalle Università, l’attivismo di questure e carabinieri, le cacce all’ebreo, le oscene macchine burocratiche e tutti i loro funzionari,ecc.).per non dire della pagina orribile del post di tutto cio’, quello dopo la Liberazione, nel tacere i responsabili, nel rimuovere il piu’ possibile.
Il silenzio dominava tutto, ci dice Selmin, che nella sua ricostruzione non riesce a trovare un “giusto” che sia uno, disposto ad esporsi nemmeno per una bimba di 5 anni. E non si fa fatica a crederci, proprio per nulla. Ma anche il volgere gli occhi sistematicamente altrove, la meschinità, la cattiva coscienza di fronte alla ferocia e alla squallore che si compie sotto le finestre di casa propria o nei confronti del vicino di scrivania, ha i suoi nomi e cognomi. Il problema è dirli, il problema è farli. E trovare uno storico come Selmin che scovi questi “armadi della vergogna” e li faccia, non ennesime, grandi storie generali. Come per esempio quelli dei delatori,delle spie, dei vicini di casa che mandavano la gente a farsi torturare da Mario Carità a Palazzo Giusti.
Ancora una volta, anche qui ,un Veneto che si tace e che ha taciuto, fino a giorni nostri, con una perfetta, naturale direi, predisposizione alla cosa.
V.A.
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