la lentezza come possibilità
Il punto di accumulazione di questo libro è un luogo, un castello francese riadattato ad albergo dove è in corso un convegno di entomologia. E’ qui che si intrecciano le molte storie ed i protagonisti di questo romanzo, a dire, uno studioso d'insetti cecoslovacco ed alcune coppie: un politico ed una giornalista che si erano amati ai tempi del liceo, un giovane assistente di entomologia ed una segretaria, e in controluce Kundera stesso con sua moglie Vera. Questo nel presente. Al tutto si aggiunge la vicenda della licenziosa Madame de T. protagonista di un romanzo del XVIII secolo, che si svolge nel medesimo luogo, e dei suoi amanti. Questo il plot, l’impalcatura strumentale che consente a Kundera di sviluppare i temi della sua riflessione, velocità-lentezza, amore, libertinaggio, seduzione, persecuzione politica, etc.. innestandoli nelle vicende dei vari protagonisti e consentendone così la vista secondo le varie sfaccettature e le plurime angolazioni possibili, nonché nel tempo: come era in passato e l’evoluzione del vivere ai nostri giorni.
In perfetta sintonia col collaudatissimo stile e la tecnica narrativa di Kundera, che scrive dei saggi filosofici in forma di romanzo, ovvero dei romanzi ad altissimo contenuto speculativo. Anche se, a mio parere, in questo caso il saggista prende un po’ la mano a scapito del romanziere e l’impalcatura narrativa ne risente un po’ per fluidità e fruibilità di lettura; da questo punto di vista ben al di sotto della perfezione apicale de “L’insostenibile leggerezza dell’essere” che usa la medesima tecnica.
Moltissimi (anche questo tipico di Kundera) i passi brucianti, profondi e pensosissimi. Innumerevoli e di elevatissima caratura gli spunti di riflessione sui temi del romanzo, tutte declinazioni del tema della “lentezza”.
Commovente e tragico lo scienziato dissidente ceco, catapultato nel mezzo di un congresso di entomologia occidentale: lui crede (come in effetti è) d’aver vissuto ed esser stato, quasi eroicamente al centro di vicende epocali, la presa del potere da parte dei comunisti in Cecoslovacchia, la sua dissidenza, la sua riabilitazione alla caduta del comunismo. Ma gli spettatori occidentali han vissuto tutto ciò “di fretta” come rapidi fotogrammi nei notiziari in tv, è passato del tempo, hanno dimenticato, e dimentichi confondono la sua città, Praga, con Budapest. Di notevolissima attualità da questo punto di vista la riflessione sulla velocità televisiva. Il tempo di un fotogramma, senza il quale nemmeno esistiamo, semplicemente “non siamo”. E quando ci siamo non siamo che dei “ballerini” che danno un brevissimo spettacolo. “Il ballerino si distingue dall'uomo politico comune per il fatto che non desidera imporre al mondo questa o quella organizzazione sociale (...) ma occupare la scena perché il suo io possa rifulgere". In realtà tutti i personaggi del libro sono “ballerini” e finanche noi lettori: "siamo tutti ballerini come dice lei. Anzi le dirò di più: o siamo ballerini o siamo disertori". O si è ballerini o non si è, si esiste solo se si è effimeri ballerini.
Ma arriviamo al cuore. Ossia ai rapporti lentezza-memoria / velocità-oblio. Leggiamo quello che è forse brano più denso e algebrico di questo romanzo:
“C’è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio(...) Nella matematica esistenziale il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria; il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio. Da tale equazione si possono dedurre diversi corollari, per esempio il seguente: la nostra epoca si abbandona al demone della velocità ed è per questo motivo che dimentica tanto facilmente se stessa. Ma io preferisco rovesciare questa affermazione: la nostra epoca è ossessionata dal desiderio di dimenticare, ed è per realizzare tale desiderio che si abbandona al demone della velocità; se accelera il passo è perché vuole farci capire che oramai non aspira più ad essere ricordata; che è stanca di se stessa, disgustata da se stessa; che vuole spegnere la tremula fiammella della memoria.”
Nella moderna ed ingannevole estasi della velocità tutto scompare rapidamente nell’oblio. Un’unica possibilità di speranza: fermarsi anziché accelerare, assaporare con calma il presente invece di rincorrere l’attimo successivo. La lentezza appunto: solo così, rallentando, possiamo recuperare la memoria e, forse, costruirci una chance di felicità. Il libro si conclude in un impossibile e spettacolare dialogo tra il veloce motociclista dei giorni d’oggi ed il lentissimo cavaliere, amante di Madame de T. Entrambi hanno vissuto in quel castello la loro notte d’amore (la stessa situazione, ma così diversa!) a distanza di duecento anni. “Ti prego, amico mio, sii felice. Ho la vaga impressione che dalla tua capacità di essere felice dipende la nostra unica speranza".
Sarà capace di essere felice il cavaliere? Saremo noi capaci di essere felici? Non lo sappiamo. Forse. Verrebbe da dire che il trucco sia nascosto nelle pieghe della risposta a quella che sembra essere l’unica vera domanda: saremo noi capaci di rallentare? Di cogliere quest’unica possibilità di salvezza? E’ qui lo snodo di tutto, in quest’unica possibilità. Perché “ogni nuova possibilità che si offre all'esistenza, anche la meno probabile, trasforma l'esistenza intera"
Questo il regalo di Kundera per noi: la lentezza come possibilità.
Un grande libro che ti resta dentro: pensoso, amaro... e che lascia aperto un tenue spiraglio. 3,5/5 .