Notte e giorno è il secondo libro della Woolf (l’altro è stato Gli anni) che ho faticato parecchio per portare a termine. Che il nostro idillio sia finito? Vero è che fra i due libri c’è stata La crociera, che mi è piaciuto molto, ma le emozioni indescrivibili che mi hanno regalato La signora Dalloway, Orlando e, soprattutto, Le onde sono ormai un ricordo (indelebile).
Ad ogni modo non sono pentita di averlo letto: questo romanzo può essere considerato il primo sforzo di Virginia per "rompere" quell’involucro che racchiude ognuno di noi e, a maggior ragione, una ragazza di buona famiglia del primissimo '900 con una pesante eredità da sostenere: Katharine Hilbery è la nipote di un poeta di grande fama, e la sua più grande preoccupazione, vista dall’esterno, è quella di aiutare sua madre a preservare dall’oblio le memorie fisiche e letterarie del nonno. Il giovane avvocato Ralph Denham la disprezza in quanto esponente di una casta di nullafacenti, sebbene non riesca a restare indifferente al suo fascino.
Gli altri due protagonisti di questo romanzo sono Mary Datchet (innamorata non rivelata e non corrisposta di Ralph) e William Rodney, poeta in erba e pretendente appetibile per la bella Kathy.
È incredibile come fra questi quattro personaggi, abbastanza distanti l’uno dall’altro come origine e sensibilità, possano instaurarsi delle relazioni che maturano e si trasformano più volte nel corso del romanzo, dando vita a una vera “corrente” di sentimenti che percorre direzioni sempre diverse.
Per gran parte del libro (che non è breve, e forse questo è il suo maggior difetto) si ha l’impressione che, nonostante i ripetuti incontri, i dialoghi, i tentativi di aprirsi l’uno con l’altro, ognuno di loro sia talmente cieco verso se stesso da non riuscire a rivelarsi agli altri.
In questo romanzo l’incomunicabilità fra un personaggio e l’altro è il riflesso dell’incomunicabilità fra ciò che ognuno di essi mostra fuori e ciò che tiene celato dentro di sè. Da qui il titolo: la “notte” che ci portiamo dentro, fatta di pensieri e desideri gelosamente custoditi, e il “giorno”, che è la nostra vita alla luce del sole, ma non per questo necessariamente più sincera.
Kathy è l’emblema di questa scissione: da una parte deve salvaguardare la sua immagine pubblica, la rispettabilità della sua famiglia e la fama di suo nonno, dall’altra coltiva sogni segreti, fra cui la sua grande passione: la matematica, contrapposta alla “poesia” che rappresenta l’eredità famigliare.
Se tuttavia all’inizio questi due mondi sembrano distanti (due facce della stessa medaglia che non si guardano mai), a poco a poco l’involucro di cui parlavo prima si rompe: a costo di andare contro le convenzioni sociali, a costo di scandalizzare qualcuno, la ragazza capisce che deve imparare ad ascoltarsi. Solo così si potrà ritrovare un proprio equilibrio, solo così le sue scelte corrisponderanno davvero a ciò che sente dentro.
Ecco, se non posso non ammettere questo libro mi è pesato, devo però riconoscere che ne ho riconosciuto il valore, soprattutto come opera prima di una donna che ha dato poi vita a opere eccezionali. E adesso non vedo l’ora di mettermi nuovamente alla prova con La camera di Jakob, il primo romanzo di “rottura” rispetto alla tradizione, quello in cui Virginia ha intrapreso la propria strada nel mondo della letteratura.