Morante, Elsa - Diario 1938

Minerva6

Monkey *MOD*
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Ho letto questo libricino all'interno della sfida letteraria,soprattutto perchè era breve e poi perchè dell'autrice avevo apprezzato molto La storia e Menzogna e sortilegio.
Ovviamente questo è di tutt'altro genere,sia per lo stile diaristico della narrazione,sia per i contenuti dell'opera.
Non so bene dare un giudizio,non mi è dispiaciuto,ma neppure piaciuto molto...insomma,posso dire che ho aggiunto un altro libro alla mia biblioteca,ma non sono sicura che ne serberò un ricordo indelebile.

Un paio di citazioni mi hanno colpita particolarmente:

So che oggi A. non mi vuol bene. Forse la colpa è mia. Ma non riesco a nascondere del tutto queste difficoltà spaventose in cui mi dibatto, ogni tanto la mia passeggera indignazione per il suo cieco egoismo trasparisce mio mal-grado. E oggi soffro ha detto che è infelice io dunque malgrado i miei sforzi non gli servo a niente a niente.

Ascolta, Madonna mia, che mi hai aiutato. Fa' che il mio libro vada bene subito, e che intanto io me ne vada per un bel viaggio, un bellissimo viaggio, finché è primavera e sono giovane. Fammi questa grazia subito, ti prego.

Per maggiori informazioni,riporto la scheda di Albano C. tratta da L'Indice 1990,n. 1:
In "Diario 1938" - dal 19 gennaio al 30 luglio - (titolo originale "Lettere ad Antonio") Elsa Morante affida una parola inedita, a una scrittura sospesa tra sonno e veglia, l'annotazione dei propri sogni, l'iconografia del rimosso, di una fantasmagoria interiore dove frammenti minimi della realtà riportano con intelligente causalità immagini profonde della memoria. La citazione del reale diviene così labile tessuto di un collage subliminale, di uno spazio ignoto nel quale si proiettano, giustapposte secondo una logica intuitiva, sequenze successive: sono visioni di cattedrali e teatrini vuoti, tratti e colori che definiscono volti noti, personaggi sconosciuti. Sulla scia di un rapporto tormentato ritorna la figura "cupa e chiusa in sé" di A. (Alberto Moravia) e con essa la pressante "domanda d'amore" dell'autrice, un bisogno istintivo dei sensi rivelato con consapevolezza pudica, l'esigenza di un riconoscimento alluso e interdetto dalla pagina stessa. Tra le tante presenze, però, emerge soprattutto quella della madre, connotata dal pallore del viso, da un'essenzialità corporea segnata dall'età, che ripropone all'interno di un universo femminile il desiderio d'affetto, la tensione verso un senso confortante di calore e vita, capace di tacitare la disarmante paura dell'abbandono, l'incubo della solitudine: maternità, quindi, come nostalgia, ma anche vagheggiamento di dolcezza e struggimento, di finale compiutezza. A tutto ciò fa riscontro un presagio di morte, l'inoltrarsi verso il confine estremo della conoscenza, dell'Altro assoluto "preparato con cura artistica", tanto che la nascita e la morte, l'universo letterario e l'arte quale evento creativo, tentativo di ricordo, opera a un tempo nostra e altrui, si fondono nello spazio onirico, trovando il proprio significante nella figura di Kafka, "quell'uomo grande e vestito che esce dalla culla per andare alla morte", che diviene ancora simbolo dell'attesa sottesa e continuamente riprodotta della realtà più segreta dell'io (fonte IBS)
 
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