[chiedo consiglio] Mishima - Neve di Primavera

Yamanaka

Space's Skeleton
Salve a tutti!
Sono un grande estimatore della letteratura nipponica moderna e contemporanea, in particolare per la corrente decadente/estetica colma di malinconia rappresentata da autori come Mishima, Tanizaki e Kawabata.
Di Mishima ho letto la stupenda raccolta di racconti "morte di mezza estate", la simil-tragedia greca di "trastulli di animali" e il suo classico par excellence, "confessioni di una maschera".

Due sono gli aspetti che amo di più di questo autore: l'estetica malinconica incentrata sui temi, in senso ampio, della decadenza e della morte (contrapposta alla solarità tipica di parecchia letteratura occidentale), estetica dalla quale cui discende anche lo stile minimale ma pieno di gusto che caratterizza l'autore e l'acutissima analisi psicologica che Mishima riesce a tratteggiare in poche parole nelle sue opere.

Ho spesso sentito parlare della cosidetta tetralogia del "mare della fertilità", di cui "neve di primavera" è il primo romanzo. Me lo consigliate? Lo ritenete un buon libro? Se vi è piaciuto, cosa vi ha colpito di più?

Grazie :)
 

Apart

New member
Fin'ora non ho letto nulla di Mishima, ma presto lo farò. Sono attratto dalla sua narrativa. Oggi ho comprato il Paese delle nevi, di Kawabata.
 

Yamanaka

Space's Skeleton
Quello mi manca. Di Kawabata sono molto notevoli la casa delle belle addormentate (che racchiude anche altri due racconti) e bellezza e tristezza. Condividono entrambi una forte attenzione per il tema della memoria e della sua sostanzialità, con una preponderante vena malinconica, come già suggeriscono i titoli...
 

Mizar

Alfaheimr
Salve a tutti!
Sono un grande estimatore della letteratura nipponica moderna e contemporanea, in particolare per la corrente decadente/estetica colma di malinconia rappresentata da autori come Mishima, Tanizaki e Kawabata.
Di Mishima ho letto la stupenda raccolta di racconti "morte di mezza estate", la simil-tragedia greca di "trastulli di animali" e il suo classico par excellence, "confessioni di una maschera".

Due sono gli aspetti che amo di più di questo autore: l'estetica malinconica incentrata sui temi, in senso ampio, della decadenza e della morte (contrapposta alla solarità tipica di parecchia letteratura occidentale), estetica dalla quale cui discende anche lo stile minimale ma pieno di gusto che caratterizza l'autore e l'acutissima analisi psicologica che Mishima riesce a tratteggiare in poche parole nelle sue opere.

Ho spesso sentito parlare della cosidetta tetralogia del "mare della fertilità", di cui "neve di primavera" è il primo romanzo. Me lo consigliate? Lo ritenete un buon libro? Se vi è piaciuto, cosa vi ha colpito di più?

Grazie :)
Voglio un attimino ricordare che la malinconia decadente non è un tratto così lontano dalla letteratura occidentale (la quale, spesso, non è affatto "solare"). Non a caso Mishima è un occidentalista in vari sensi ( pur essendo nipponico nel profondo).
La tetralogia della fertilità è una delle vette mishimiane: forse il suo capolavoro.
Ti consiglio anche Il Sapore della Gloria e lo splendido Colori proibiti
 

Yamanaka

Space's Skeleton
Verissimo, infatti in patria Mishima fu spesso criticato dai contemporanei. :)

Mi spiego meglio riguardo il discorso della malinconia decadente, che mi rendo conto essere poco chiara: la letteratura giapponese nel dopoguerra (in particolare, ma anche prima c'erano questi tratti) ha costruito un'estetica del pessimismo, della decadenza e della morte unita a un certo distacco e sintonia con lo scorrere naturale di ogni cosa contrapposta alla concezioni occidentali di progresso e linearità della storia (non avendo mai avuto il cristianesimo, i giapponesi hanno conservato una visione circolare del tempo e degli accadimenti storici), che partono invece da presupposti quasi opposti.
 

Mizar

Alfaheimr
Verissimo, infatti in patria Mishima fu spesso criticato dai contemporanei. :)

Mi spiego meglio riguardo il discorso della malinconia decadente, che mi rendo conto essere poco chiara: la letteratura giapponese nel dopoguerra (in particolare, ma anche prima c'erano questi tratti) ha costruito un'estetica del pessimismo, della decadenza e della morte unita a un certo distacco e sintonia con lo scorrere naturale di ogni cosa contrapposta alla concezioni occidentali di progresso e linearità della storia (non avendo mai avuto il cristianesimo, i giapponesi hanno conservato una visione circolare del tempo e degli accadimenti storici), che partono invece da presupposti quasi opposti.

Ma tutto questo c'è anche in molti autori postbellici occidentali. C'è questo e... molto di più. Pessimismo, visioni cicliche del tempo, malinconia: in occidente (specie nell'occidente post bellico c'è tutto questo e non solo). Di fatto, quegli scrittori che han creduto in una visione "progressiva" del tempo sono ben poch. La massa dei grandi scrittori occidentali ci parla di malinconie, pessimismi, decadenza, morte e ciclicità temporale (pensa già solo a Vico, a Leopardi, a Qoelet, a Thomas Mann, a Musil, a Kafka, a Joyce etc.) specie nella seconda metà del Novecento.

Qui in Occidente vi è - e vi è sempre stata - varietà; a differenza di altre esperienze artistiche.
 

Yamanaka

Space's Skeleton
Assolutamente, ma la sensibilità e il gusto estetico nel trattare questi temi è profondamente diversa alla radice e questo muta di molto anche il risultato finale e il contenuto dell'opera.

Inanzitutto, come si è già detto, in Giappone manca l'esperienza del cristianesimo e quindi, oltre a mancare una concezione lineare della storia, anche il senso del tragico assume un sapore e un significato profondamente differente. Tutti gli autori che hai citato, bene o male, sono fortemente debitori e/o influenzati, direttamente o meno, dalla visione cristiana del mondo (come tutto l'occidente del resto), che di fondo è escatologica (mentre buddhismo e taoismo non lo sono). La tragedia nella letteratura occidentale moderna spesso passa, appunto, fra il confronto fra questa promessa di salvezza mancata e il male presente nel mondo.

In secondo luogo, il Giappone è portatore di un'estetica minimalista maturata nei secoli grazie anche alle influenze Buddhiste e allo Zen: dal teatro No e Kabuki passando per il rituale del tè e l'etica samurai, l'oriente è sempre stato totalmente antitetico alla magniloquenza propria di molta arte occidentale, coltivando invece un elegante ritiro.

E' vero che moltissimi autori moderni giapponesi come Mishima o Tanizaki sono stati influenzati pesantemente dall'arte occidentale (Tanizaki infatti è, a buon diritto, figlio del decadentismo europeo, Poe in testa), ma sono riusciti comunque ad avere una visione profondamente legata alla loro cultura tradizionale, nonostante le grandi aperture all'occidente, operando quindi un prezioso sincretismo. Sincretismo che se non ci fossero pesanti differenze alla base (di sensibilità, interpretazione, significato, sguardo) fra le due culture non sarebbe stato, ovviamente, possibile.

Paradigmatico è il caso del già citato Tanizaki, basti leggere "il demone" oppure "la chiave" per rendersene conto. :)
 

Mizar

Alfaheimr
Assolutamente, ma la sensibilità e il gusto estetico nel trattare questi temi è profondamente diversa alla radice e questo muta di molto anche il risultato finale e il contenuto dell'opera.

Inanzitutto, come si è già detto, in Giappone manca l'esperienza del cristianesimo e quindi, oltre a mancare una concezione lineare della storia, anche il senso del tragico assume un sapore e un significato profondamente differente. Tutti gli autori che hai citato, bene o male, sono fortemente debitori e/o influenzati, direttamente o meno, dalla visione cristiana del mondo (come tutto l'occidente del resto), che di fondo è escatologica (mentre buddhismo e taoismo non lo sono). La tragedia nella letteratura occidentale moderna spesso passa, appunto, fra il confronto fra questa promessa di salvezza mancata e il male presente nel mondo.

In secondo luogo, il Giappone è portatore di un'estetica minimalista maturata nei secoli grazie anche alle influenze Buddhiste e allo Zen: dal teatro No e Kabuki passando per il rituale del tè e l'etica samurai, l'oriente è sempre stato totalmente antitetico alla magniloquenza propria di molta arte occidentale, coltivando invece un elegante ritiro.

E' vero che moltissimi autori moderni giapponesi come Mishima o Tanizaki sono stati influenzati pesantemente dall'arte occidentale (Tanizaki infatti è, a buon diritto, figlio del decadentismo europeo, Poe in testa), ma sono riusciti comunque ad avere una visione profondamente legata alla loro cultura tradizionale, nonostante le grandi aperture all'occidente, operando quindi un prezioso sincretismo. Sincretismo che se non ci fossero pesanti differenze alla base (di sensibilità, interpretazione, significato, sguardo) fra le due culture non sarebbe stato, ovviamente, possibile.

Paradigmatico è il caso del già citato Tanizaki, basti leggere "il demone" oppure "la chiave" per rendersene conto. :)

Ma è chiaro che il giappone sia stato "condizionato" da altri presupposti storico-estetici. Alla stessa maniera di come lo è la Francia rispetto alla Russia o l'Italia rispetto alla Svezia. Ci sono delle differenza abissali "già all'interno del canone occidentale...
Inoltre:
A) una concezione "lineare" della storia non è necessariamente occidentale (come ti ho ampiamente dimostrato prima) [per inciso, di concezioni "uniche" o unilaterali, in occidente, non ce ne sono; l'Occidente è vario e vitale come nessun'altro lluogo "artistico al mondo]
B) stesso dicasi di una concezione escatologica della vita. Anche questa manca completamente in tantissimi autori occidentali (da Sofocle a Whitman...)
C) Discutibile anche il condizionamento cristiano (Saffo è condizionata dal cristianesimo? O_O E Borges*? O________O)

Quindi, se vogliamo affibiare connotati unicizzanti alla letteratura occidentale (esempio: è condizionata dal cristianesimo [Falso]; è condizionata sa una concezione escatologica della storia [ancor più falso] ...siamo fuori strada.
Bhé, possiamo farlo con altre esperienze letterarie e dire: "il Giappone è portatore di un'estetica minimalista maturata nei secoli grazie anche alle influenze Buddhiste e allo Zen: dal teatro No e Kabuki"... questo sì...




*Mishima, ad esempiio, - autore squisitamente nipponico - studia e conosce la concezione cristiana del mondo. Avendo letto più o meno ogni pagina di Mishima, credo di poter dire che il Nostro sia condizionato da concezioni cristiane molto più di tanti autori occidentali (Joyce, Borges etc.)
 

Yamanaka

Space's Skeleton
Mi era sfuggita la tua risposta, perdonami. In sintesi:

A) Vero, ma come già detto precedentemente l'oriente, grazie a induismo e buddhismo, ha sempre avuto la tendenza al distacco totale dagli oggetti del mondo (fisici e sopratutto mentali), ricercando l'esperienza del Vuoto ; esperienza ricercata anche dal cristianesimo ma con mezzi totalmente differenti, orientati NEL mondo. L'Oriente è introverso, L'Occidente estroverso. Le concezioni non-lineari della storia pre-cristiane occidentali differiscono di moltissimo dalla ciclicità della natura e del cosmo orientali proprio grazie a questa radicale differenza di sensibilità alla base.

B e C) Sono simili quindi rispondo in un colpo solo. Non parlerei di condizionamenti in senso stretto, come sottendi al tuo post, ma di influenze culturali. Vivendo calati in un contesto storico-culturale è impossibile non assorbire la sensibilità verso alcuni problemi. La sensibilità verso il tema della salvezza si ritrova anche in autori che cristiani non lo erano per nulla, anche nel citato Borges, che era grande conoscitore dei Vangeli e delle varie correnti cristiane.
Nel caso di autori pre-cristiani ovviamente tale attenzione non si ravvisa, ma si possono trovare i semi di molte di queste tematiche (il cristianesimo deve moltissimo a Platone e al pensiero greco) e sopratutto quella sensibilità di cui si parlava nel punto A. Una sensibilità molto sottile, ma che è presente aldilà delle forme.
 
Alto