Flaiano, Ennio - Tempo di uccidere

Lo ammetto il titolo ha influenzato la mia scelta. La citazione colta dall'Ecclesiaste non ha trovato resistenza in me. Ho aspettato pagina dopo pagina che decollasse, mi son ritrovato a pagina 312 ancora in attesa. Eppure l'episodio di Mariam, la descrizione della ragazza, il modo in cui... promettevano molto.
Primo premio Strega della storia, avrà il suo perché, ma io non l'ho capito.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
A onor di cronaca anche io l'avevo letto tempo fa e devo dire che pur nella sua complessità mi era piaciuto per quell'aria allucinata che si riscontra in tutto il romanzo. Che è la storia di un soldato italiano durante la guerra di Etiopia che ha una relazione con una donna indigena, che finirà per uccidere. Da lì prenderanno l'avvio molte vicissitudini ed un percorso personale ma anche simbolico di quello che è stato il colonialismo. Pochi sono i libri che parlano di quel periodo e forse la difficoltà della lettura è proprio la mancanza di riferimenti, perchè in questo racconto non ci sono speranze, tutto viene messo a nudo implacabilmente.
 

malafi

Well-known member
Un libro bellissimo.

Durante un congedo mentre percorre un sentiero nella boscaglia incontra una bella etiope che si sta lavando nuda in uno stagno; la attrae a sé e vinta la sua resistenza la sottomette al suo desiderio di un rapporto sessuale. Dopo l’abuso i due si coricano in una spelonca, durante la notte il tenente, credendo di venire attaccato da un animale spara un colpo di rivoltella che però viene deviato da un masso e colpisce la donna. L’evento casuale lo getta nello sconforto: non sa come agire in quel momento, teme il giudizio altrui, ma al contempo vorrebbe soccorrere la donna; allora fa cessare la sua agonia colpendola a morte. Da qui inizia il dramma psicologico del protagonista, ossessionato dalla paura di essere scoperto e impegnato a sminuire la propria responsabilità e il proprio senso di colpa.

Quasi surreale la vicenda, ma non è la vicenda la protagonista.
Nemmeno l'Africa è protagonista, malgrado ci si aspetti che lo sia sempre in un romanzo ambientato in Africa.
O meglio: c'è tanta Africa, ma quella che non ti aspetti, quella vista e vissuta con gli occhi di un soldato italiano che vorrebbe essere altrove.
Un'Africa senza senso, dove domina luce bianca e piatta, stanchezza ed indolenza, sia nella foresta che nella città. E la prosa di Flaiano, che potrebbe sembrare priva di pathos ed anch'essa piatta, è in realtà perfetta per trasmettere lo stato d'animo del protagonista.
Le prime pagine poi sono davvero una rivelazione, che ti proietta in pochissimo tempo nella vera essenza del libro e dell'Africa che descrive.

Poi diventa un romanzo di introspezione.
Protagonista di una vicenda allucinante, vittima delle sue paure e delle sue angosce, il tenente italiano attraversa mille stati d'animo: dall'indolenza alla paura, dalla razionalità all'istinto primordiale, dalla speranza alla rassegnazione.

Tra le mie letture, uno dei più bei libri italiani del dopoguerra.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
“Tempo di uccidere”, romanzo che valse a Flaiano il premio Strega nel 1947, è la storia di un tenente italiano d’istanza in Abissinia nel 36, un uomo che trascorre gli ultimi mesi della sua permanenza in Africa in fuga dalla paura delle sue azioni.
Tutto comincia quando, in licenza per cercare un dentista, il tenente segue una scorciatoia che dovrebbe portarlo alla strada e si perde. Lungo un sentiero incontra una donna del luogo e da qui, da quest’incontro, comincia la partita a dadi tra il tenente e il destino: una storia fatta di disavventure, circostanze avverse, inettitudine, insicurezza, paura, diffidenza, colpa. Sì, perché il protagonista di questo libro è ben lontano dall’essere un eroe, anzi, al contrario, si distingue per viltà e codardia. Un libro scritto bene, in tono freddo, disilluso, duro. Un libro che, però, non mi è piaciuto.
Questo libro non mi ha coinvolto, non mi ha trasmesso assolutamente nulla se non un senso di disprezzo per il protagonista e per gli altri personaggi. Non c’è un elemento che mi sia piaciuto e che mi porti a salvarlo. Mi dispiace, ma sebbene sia un libro importante, a suo modo originale ed insolito per l’epoca in cui fu scritto, non mi sento di consigliarlo.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Etiopia (all'epoca Abissinia), ultimo anno della guerra coloniale.
Un tenente italiano, tormentato dal mal di denti, nel tentativo di raggiungere al più presto un posto in cui farsi curare, si smarrisce all’interno della boscaglia, perdendo ancora più tempo di quello che avrebbe impiegato ad aspettare il passaggio di un camion.
Già questo primissimo tassello, questa scelta dettata dall’impazienza e che si rivelerà sbagliata, è emblematica del carattere del protagonista e determinerà l’evolversi di tutta la vicenda da questo momento in poi.
Quando sta per ritrovare la strada, il giovane si imbatte in un’indigena che si sta lavando in una conca d’acqua, completamente nuda. Preso dal desiderio, la costringe (ma senza un’effettiva violenza) ad avere un rapporto con lui. Durante la notte, che trascorrono stranamente insieme, dei fruscii mettono in allerta il tenente: temendo che si tratti di una bestia feroce, spara, ma un proiettile viene deviato e ferisce la ragazza al ventre. Sconvolto dalle conseguenze involontarie del suo gesto, già tormentato dai sensi di colpa, il protagonista decide di finirla e di occultarne il cadavere.

Non voglio raccontarvi altro della trama di questo libro, anche se tutto il romanzo ruota attorno a una scoperta successiva, che getterà il tenente nella paura, inducendolo a pensare e ad agire in modo sempre meno lucido.
Tanti sono i temi di questo romanzo: la morte, la malattia, la vendetta, la colpa; il rapporto fra vincitori e vinti, fra civiltà “evolute” e popoli “sottomessi”.
Forse, come tutti i soldati conquistatori di questo mondo, presumevo di conoscere la psicologia dei conquistati. Mi sentivo troppo diverso da loro, per ammettere che avessero altri pensieri oltre quelli suggeriti dalla più elementare natura. Forse reputavo quegli esseri troppo semplici.”
L’ingenuità delle opinioni che i soldati si scambiano sugli indigeni riflette tutta la loro superficialità, ma è innegabile fra i due mondi vi sia una distanza incolmabile, scandita soprattutto dal tempo. Non si tratta solo della contrapposizione fra la modernità occidentale e "l’arretratezza" del popolo africano. É il concetto stesso di Tempo a essere diverso e a plasmare diversamente le sue creature.
Il Tempo diventa così il grande leit motiv di questo romanzo.
Io cercavo la sapienza nei libri e lei la possedeva negli occhi, che mi guardavano da duemila anni, come la luce delle stelle che tanto impiega per essere da noi percepita.” “L’ingegnere uccide da uomo pratico che non ha tempo per verificare un fenomeno già sufficientemente controllato dall’esperienza, e senza chiedersi quali conseguenze porterà il suo atto. L’indigena uccide come uccide la sua terra, con tutto il tempo, del quale ha un concetto così sbagliato.” “Se da questa terra non hai nemmeno appresa la lezione del Tempo!

E su questo concetto di Tempo, tutto soggettivo, si intreccia quello di spazio, deformato anch’esso dalla coscienza sempre più malata del protagonista. Se seguissimo i suoi spostamenti dalla prima all’ultima pagina su una mappa, ci renderemmo conto che il tenente percorre sempre le stesse strade, torna sempre negli stessi luoghi (è vero, l’assassino torna sempre nel luogo del suo misfatto, ma non è solo questo). Soprattutto, ogni volta che sembra determinato a fare un passo avanti (in senso fisico e in senso metaforico) la paura, il senso di colpa, il destino avverso a cui si sente condannato lo convincono a tornare indietro.
E così in questo romanzo, che nonostante l’ambientazione esotica in epoca di guerra, è un romanzo prettamente psicologico, tempo e spazio si rincorrono continuamente, in un circolo vizioso che riflette lo stato d’animo sempre più angosciato del protagonista.

Ecco, poichè mi sono ripromessa di non svelare altro della trama, le mie considerazioni devono fermarsi qui. Quello che posso dire è che ad avermi affascinato in questo libro è proprio il suo carattere estremamente soggettivo, il pathos che emerge nonostante lo stile sia scarno e le descrizioni dettagliate, il continuo rimbalzare dalla dimensione fisica a quella psichica.

Le mie aspettative erano alte e non sono rimasta delusa. Lo consiglio.
 
Ultima modifica:

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Temevo che il periodo per leggerlo non fosse indicato invece alla fine mi è piaciuto.
Mi è stato consigliato per inserirlo in sfida RC come romanzo ambientato in Africa.
L'ho apprezzato soprattutto perché mi sono (mio malgrado) identificata nel protagonista per le sue innumerevoli paranoie. Purtroppo so bene cosa significhi averne così tante.
Non avevo capito che la Lei delle lettere fosse già la moglie, pensavo che l'avrebbe sposata al suo rientro.
Invece avevo capito chi era il padre di Mariam.
Adoro i ciclamini ma anche io non ricordo il loro profumo, a differenza di quello delle violette.
Ad un certo punto il protagonista dice che "i dubbi confortano, meglio tenerseli" ... sarà per questo che io ne sono piena :wink: ?
Scusate la recensione quasi telegrafica.
 
Ultima modifica:

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Ho ritrovato delle riflessioni evidenziate sul lettore ebook e voglio condividerle con voi.
Si riferiscono alla iniziale decisione di suicidarsi del protagonista che però cambia subito idea e decide che vuole vivere fino all'ultimo momento.

Non posso lasciare il cielo, anche se è un cielo di piombo come questo, non posso lasciare nulla, nemmeno questo cespuglio, nemmeno i giorni più mediocri e le notti più cupe, o le persone che odio: nulla.

Mi chiedevo se era quella la rassegnazione, quel vuoto aspettare, contando i giorni come
i grani di un rosario, sapendo che non ci appartengono, ma sono giorni che pure dobbiamo vivere perché ci sembrano preferibili al nulla.
 
Alto