Amelio, Gianni - Il primo uomo

Yamanaka

Space's Skeleton
Visto stasera in un cinemino d'essai.
Il film è tratto da un romanzo incompiuto del filosofo esistenzialista Albert Camus. Il tono è pesantemente autobiografico e mescola vita e pensiero del filosofo francese.
Il protagonista della vicenda è un intellettuale algerino degli anni '50 trapiantato però in Francia da lungo tempo (come Camus) che torna in patria per un ciclo di conferenze durante un periodi di grave tensione politica e sociale del paese, scisso fra le origini arabe e il colonialismo francese, e quindi ha modo di esplorare la doppia direzione del sentiero della memoria, fino le origini (il cui perno è l'indagine sulla figura paterna mancante, morto nella prima guerra mondiale) e lo sguardo lucido sulla situazione algerina (e per estensione, della società) del tempo. Inutile dire che i due sguardi si intrecciano e vanno quasi di pari passo, essendo spesso le problematiche della seconda già in nuce in esperienze della prima.

Il filo conduttore che unisce i due sentieri è, forse, l'ambiguità dell'umanità algerina, lacerata ma anche spontanea tanto nella crudeltà quanto nella bellezza della vita. Vediamo chiaramente la spaccatura e la frattura fra chi ha avuto accesso alla cultura e chi invece ha dovuto vivere la cosidetta "crudele via del mondo"; una scelta spesso dettata dalla sorte e dalla semplice fortuna in un mondo in cui nessuno è davvero innocente e nessuno sfugge alla responsabilità delle sue azioni: il mondo non ha pietà e le colpe dei padri spesso ricadono sui figli innocenti, ad esempio il figlio di un compagno di scuola del protagonista, che ai tempi era brutale e incolto, finisce invischiato nel terrorismo e sucessivamente giustiziato dalle autorità francesi, anche in assenza di prove forti: lui fiero del suo suicidio, le autorità felici d'aver trovato un capro espiatorio.
Lo stesso protagonista è, di fatto, inpotente rispetto alla brutalità della realtà e all'ambiguità della lotta politica. Non viene capito dai connazionali e la sua opera, non sembra sortire effetti sulla società dei tempi...

Vengono ripresi, anche se sommariamente, alcuni temi dalle opere fondamentali di Camus, come il discorso sulla violenza e sulla rivoluzione che potrebbe essere uscito dal celebre "l'uomo in rivolta".

Tuttavia il film, a dispetto dei buoni spunti, ha qualche forte difetto e limite: inanzitutto lo stile, fin troppo asciutto e documentaristico, in secondo luogo una chiusura brusca e affrettata e infine una certa monotonia ritmica che determina una certa lentezza nella pellicola...

In tutti i casi, un film intelligente e da vedere, specie se siete curiosi riguardo il pensiero di Camus o ne conoscete già l'opera.
 

Aindreas

New member
Visto stasera in un cinemino d'essai.
Il film è tratto da un romanzo incompiuto del filosofo esistenzialista Albert Camus. Il tono è pesantemente autobiografico e mescola vita e pensiero del filosofo francese.
Il protagonista della vicenda è un intellettuale algerino degli anni '50 trapiantato però in Francia da lungo tempo (come Camus) che torna in patria per un ciclo di conferenze durante un periodi di grave tensione politica e sociale del paese, scisso fra le origini arabe e il colonialismo francese, e quindi ha modo di esplorare la doppia direzione del sentiero della memoria, fino le origini (il cui perno è l'indagine sulla figura paterna mancante, morto nella prima guerra mondiale) e lo sguardo lucido sulla situazione algerina (e per estensione, della società) del tempo. Inutile dire che i due sguardi si intrecciano e vanno quasi di pari passo, essendo spesso le problematiche della seconda già in nuce in esperienze della prima.

Il filo conduttore che unisce i due sentieri è, forse, l'ambiguità dell'umanità algerina, lacerata ma anche spontanea tanto nella crudeltà quanto nella bellezza della vita. Vediamo chiaramente la spaccatura e la frattura fra chi ha avuto accesso alla cultura e chi invece ha dovuto vivere la cosidetta "crudele via del mondo"; una scelta spesso dettata dalla sorte e dalla semplice fortuna in un mondo in cui nessuno è davvero innocente e nessuno sfugge alla responsabilità delle sue azioni: il mondo non ha pietà e le colpe dei padri spesso ricadono sui figli innocenti, ad esempio il figlio di un compagno di scuola del protagonista, che ai tempi era brutale e incolto, finisce invischiato nel terrorismo e sucessivamente giustiziato dalle autorità francesi, anche in assenza di prove forti: lui fiero del suo suicidio, le autorità felici d'aver trovato un capro espiatorio.
Lo stesso protagonista è, di fatto, inpotente rispetto alla brutalità della realtà e all'ambiguità della lotta politica. Non viene capito dai connazionali e la sua opera, non sembra sortire effetti sulla società dei tempi...

Vengono ripresi, anche se sommariamente, alcuni temi dalle opere fondamentali di Camus, come il discorso sulla violenza e sulla rivoluzione che potrebbe essere uscito dal celebre "l'uomo in rivolta".

Tuttavia il film, a dispetto dei buoni spunti, ha qualche forte difetto e limite: inanzitutto lo stile, fin troppo asciutto e documentaristico, in secondo luogo una chiusura brusca e affrettata e infine una certa monotonia ritmica che determina una certa lentezza nella pellicola...

In tutti i casi, un film intelligente e da vedere, specie se siete curiosi riguardo il pensiero di Camus o ne conoscete già l'opera.

A me il film non è piaciuto, mi aspettavo qualcosa di più dall'ultimo film di Amelio.
Se non avete letto il libro difficilmente riuscirete a capirci qualcosa, Amelio prende spunti ed episodi dal romanzo di Camus e li incolla qua e là per tutta la durata del film senza preoccuparsi di creare un ordine cronologico.
Il finale, completamente diverso dal finale del romanzo, è comprensibile solo a chi conosce la vita dell'autore algerino e lascia molti punti interrogativi allo spettatore.
Alcune scene, principalmente quelle degli attentati, sono "copiate" dal film "La battaglia di Algeri" di Gillo Pontecorvo.
L'unica nota positiva è la fotografia, davvero bella e "calda".
 
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