Dostoevskij, Fëdor M.- Povera gente

nitina

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Da wikipedia:
Povera gente è il primo romanzo di Fëdor Michailovič Dostoevskij, che riuscì a scrivere in nove mesi. Fu pubblicato per la prima volta nel 1846, e fu subito acclamato dal critico letterario Vissarion Grigor'evič Belinskij, che definì l'autore come il nuovo Gogol'. Infatti questo romanzo è in parte ispirato al racconto di Gogol'Il cappotto, di cui il protagonista maschile è un copista. Proprio come il racconto di Gogol', Povera gente dà un resoconto delle vite dei russi di umili condizioni nella metà del XIX secolo.

Le sensazioni che Dostoevskij fa nascere e crescere dentro di me, credo che nessun’altro scrittore riesca a inculcarmele.
La trama del romanzo è “piccola”. Non succede granchè, ma ci comunica tutta la povertà della gente in malarnese dell’epoca. Siamo nella prima metà dell’ottocento e il protagonista è un uomo di una certa età che arriva a ridursi sul lastrico più di quanto non sia, per garantire piccoli doni alla ragazza di cui è innamorato (confetti, stoffe e merletti, libriccini…).
Il loro è un rapporto platonico, fatto di rari incontri fugaci magari durante la messa e di lettere in cui si raccontano di loro stessi e si dimostrano grande affetto e premura. Lei orfana e ospite da una donna ricca che pare offrirle favori solo per raccontarlo nei salotti, ma senza nutrire per la ragazza il minimo affetto. Si leggono riflessioni sulla vita così intense da pungere come spilli e a tratti l’amarezza trasmessa dalle parole del protagonista ti lascia triste anche a libro chiuso. Io rimanevo preoccupata per la coppia infelice anche quando non avevo il libro sott’occhi..mi portavo nella mia giornata i loro problemi perché Dosto ha questa incredibile capacità. “Camminare sulle punte quando si è sul lastrico per non consumare i tacchi delle scarpe” è una delle azioni del protagonista che tenta di arrivare a fine giornata e di cavarsela tra creditori e astinenza da tabacco.
Credo sia da leggere.
 

SALLY

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Messo in wishlist...anche a me Dosto fa quell'effetto!
 

Minerva6

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I ricordi, dolci o amari che siano, sono sempre tormentosi: almeno così è per me; ma quel loro tormento è anche un balsamo.
E quando l’anima è oppressa, ferita, vinta dallo sconforto, allora i ricordi le sono vita e refrigerio, allo stesso modo che le gocce della rugiada nella tiepida sera che tiene dietro a un giorno canicolare, rinfrescano e ravvivano il povero fiorellino bruciato dai raggi ardenti del sole.


Il Dosto mi ha lasciata soddisfatta di nuovo :ad:.

Ripasso a breve per un commento
 
G

Gabriel

Guest
I ricordi, dolci o amari che siano, sono sempre tormentosi: almeno così è per me; ma quel loro tormento è anche un balsamo.
E quando l’anima è oppressa, ferita, vinta dallo sconforto, allora i ricordi le sono vita e refrigerio, allo stesso modo che le gocce della rugiada nella tiepida sera che tiene dietro a un giorno canicolare, rinfrescano e ravvivano il povero fiorellino bruciato dai raggi ardenti del sole.


Il Dosto mi ha lasciata soddisfatta di nuovo :ad:.

Ripasso a breve per un commento

come ti dicevo non ho mai letto "Povera gente", ma sul fatto che Dosto dia grandi soddisfazioni mi trovi pienamente d'accordo.

E' un autore di una modernità assoluta e sono convinto che anche fra 400 anni lo sarà, qualsiasi cosa dovesse combinare la razza umana.
 

Jessamine

Well-known member
Non è facile parlare di certi grandi autori, perché quando si parla di determinati nomi si deve riconoscere che buona parte della discussione dovrebbe vertere su qualche cosa che vada oltre la semplice fruizione di un lettore qualsiasi, che in un libro cerca intrattenimento e magari anche qualche cosa di più, ma lo fa in maniera non sistematica, in maniera egoistica, “non professionale”. Ecco, io sono una lettrice di questo tipo, una lettrice piuttosto vorace, sotto certi aspetti esigente, ma solo in maniera semplice, autoreferenziale, dotata forse sì di qualche strumento per destreggiarmi nel mondo della letteratura, ma si tratta pur sempre di strumenti che mi son creata da me, e dunque valgono solo fin dove arriva l'interesse che qualcuno (un amico, un conoscente) può avere nei confronti di una mia opinione. Credo sia importante ribadirlo, perché voglio sentirmi completamente libera di poter affermare di non avere apprezzato questo racconto, senza per questo dover far rizzare i capelli in testa a qualsiasi critico letterario o grande esperto o chissà chi.
Accanto ad uno stile estremamente acuto e brillante, ironico forse, certamente grottesco, si stagliano due personaggi che non hanno saputo fare altro che irritarmi terribilmente. Più probabilmente la colpa non è loro, ma mia, che non sono stata in grado di empatizzare abbastanza con le loro - innegabili - sofferenze.
Il punto è che per descrivere la miseria e la povertà di certa parte del popolo russo il giovane Dostoevskij decide di affidarsi alle lettere fra una giovane orfana e un attempato impiegato, lettere che traboccano affetto e miele in maniera stucchevole, fine a sé stessa (e già, perché i due, nonostante abitino nello stesso complesso, nonostante lei lavori come cucitrice in casa, non si incontrano praticamente mai), senza che il loro sia un reale rapporto, ma quasi l'uno servisse all'altro semplicemente come contrappeso, come specchio, utile solo per sfogarsi delle proprie miserie e a nient'altro.
Ci sono momenti piuttosto alti, questo lo riconosco (la sola descrizione del funerale “dello studente” vale tutto il romanzo), lo stile è già, sotto diversi aspetti, quello del Dostoevskij che ho imparato ad amare con “Memorie dal sottosuolo” e “I fratelli Karamazov”, ma, ripensando a questo romanzo, non riesco a scrollarmi di dosso le spiacevolissime sensazioni che i due protagonisti mi hanno suscitato.
Varvara altro non è che una ragazzetta piuttosto furba, che sa quali tasti premere per ottenere ciò che è meglio per lei, uscendone però sempre come vittima innocente e infelice. Makar è invece un ometto piccolo piccolo, incapace di gestire il poco denaro che guadagna pur di fare regali inutili a Varvara (è risaputo che la cosa di cui più ha bisogno una persona indigente sono zuccherini e confetti), apparentemente senza un motivo, senza sperare nulla in cambio: lo so che probabilmente si tratta di una mia suggestione errata, e dunque dovrebbe essere del tutto irrilevante nel commento all'opera che ha mandato in brodo di giuggiole i critici letterari estasiati dalla scoperta del “nuovo Puskin o nuovo Gogol”, ma il suo modo di fare, la sua leziosità, il suo autocommiserarsi mi ha ricordato in molti momenti il nabokoviano Humbert Humbert.
Sono contenta di aver imparato a conoscere Dostoevskij da altri testi, perché se avessi cominciato con questo, pur non potendo negare gli innumerevoli aspetti più che positivi presenti nel romanzo, non credo avrei avuto molta voglia di proseguire nella scoperta di questo immenso autore.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Jess, anche se a me questo libro è piaciuto molto ho apprezzato lo stesso il tuo bel commento.
Mica siamo tutti uguali, se non si riesce ad entrare in empatia con i personaggi può succedere che anche la storia non riesca a prenderci, soprattutto in questo caso visto che si tratta in prevalenza di un rapporto epistolare che invece io ho trovato molto intenso e coinvolgente.
Sono riuscita ad identificarmi, come ha già scritto nitina, addirittura nei loro problemi. Meglio per te se non ci sei riuscita :wink:.
Però mi raccomando prosegui con la lettura di altre sue opere, magari prova con L'adolescente visto che sei giovane, anche se io -alla soglia dei 40 anni- mi sono identificata pure con lui (sono patologica lo so :mrgreen:)
 

velvet

Well-known member
Il protagonista di questa corrispondenza, Makar Devuskin, è un pover' uomo. Vive in miseria (non ha neanche una stanza in affitto, ma un angolo della cucina diviso da un paravento) e con i pochi soldi che ha cerca di aiutare Varvara, orfana in difficoltà, lontana parente di cui in realtà pare innamorato e per lei sperpera i pochi soldi che ha, in confetti e serate a teatro, per poi trovarsi in guai seri. Makar è povero ma è anche inetto, poco capace e per questo preso in giro da tutti.
Varvara invece è più sveglia, e mediamente istruita, si muove con maggiore senso pratico. E' riconoscente verso il suo benefattore e talvolta ne approfitta.
Quello che viene fuori da questa corrispondenza è principalmente il ritratto di una parte della società molto povera, ingabbiata nella sua miseria, senza possibilità di uscita nè riscatto; gente povera due volte, perchè non solo vive nella miseria economica ma diventa anche misera d'animo in quanto le condizioni in cui si trovano non permettono di avere sentimenti, di fare buone azioni, alla fine la ricerca della soddisfazione dei bisogni primari fa passare il resto in secondo piano e così i due protagonisti,per quanto si vogliano bene e abbiano le migliori intenzioni di aiutarsi a vicenda, alla fine devono pensare ciascuno alla propria sopravvivenza.in cui la soddisfazione dei bisogni primari fa passare il resto in secondo piano e così i due protagonisti,per quanto si vogliano bene e abbiano le migliori intenzioni di aiutarsi a vicenda, alla fine devono pensare ciascuno alla propria sopravvivenza.
Bellissime le discussioni sulla letteratura, in cui si nota la diversa sensibilità dei due: Varvara più colta e sensibile al bello apprezza Gogol e Puskin e Makar che apprezza la narrativa di bassa lega del suo coinquilino e si risente a leggere il cappotto Gogol, perchè si sente preso di mira. Consigliato.
 

Trillo

Active member
Povera gente, esordio letterario di Dostoevskij, è un breve romanzo epistolare che ha per protagonisti Makar, un uomo sulla cinquantina, solo, con un modesto livello di istruzione, funzionario ormai prossimo alla pensione, e Varvara, orfana, non ancora ventenne, debole, spesso malata, non in grado di svolgere un lavoro fisso, senza un vero titolo di studio ma comunque istruita.

Lui fa di tutto pur di tenere legata a sé la ragazza: la prende a suo carico, mente sulle proprie condizioni economiche, le compra ogni cosa, anche al costo di finire sul lastrico; è sempre eccessivo in tutto, nei regali, nelle reazioni, nelle parole, passando da diminutivi e vezzeggiativi di ogni tipo e dai teneri appellativi che usa nel rivolgersi a lei, alle parole dure e forti quando invece lei sembra sfuggirgli. È così che Makar ci appare dolce, premuroso e affettuoso, ma a volte anche un arrogante che pensa di parlare ad una bimba ignorante che non dovrebbe far altro che obbedirgli, pensarla come lui e sottostare alle sue volontà. Varvara, d'altra parte, si mostra sempre grata, riconoscente, sottomessa, si lascia viziare opponendo solo una moderata resistenza, e non si risparmia mai nel chiedergli aiuto quando ne ha bisogno.

I due sarebbero legati da una lontana parentela, di cui però non ci vengono forniti ulteriori dettagli. Allo stesso modo, entrambi sembrerebbero nutrire l'uno per l'altra una qualche forma di sentimento d'amore, ma non si lascia mai intendere niente di più definito e di concreto, né si ha mai l'impressione che si tratti di un sentimento puro, ardente e disinteressato.

Questa sensazione di indefinitezza pervade in generale un po' tutto il romanzo. Non solo non sappiamo niente di preciso sul loro grado di parentela, ma non sappiamo neanche come i due si siano conosciuti né come abbia avuto inizio il loro particolare rapporto. Non sappiamo il passato di lui, e di quello di lei ne abbiamo solo un resoconto parziale. Inoltre, i due protagonisti a volte si incontrano, ma ciò che succede in questi casi non ci è mostrato, e talvolta se ne fa riferimento nelle lettere quasi come se noi ne fossimo a conoscenza, lasciandoci per un attimo spiazzati.
Sembra quasi che l'autore avesse voluto in questo modo trasmetterci la sensazione d'incertezza e di instabilità che vivono i protagonisti nelle loro condizioni di miseria, senza certezze né prospettive.

È interessante inoltre constatare la varietà di stili utilizzati in questo romanzo. Varvara nelle sue lettere è concisa, chiara e più legata agli aspetti quotidiani; Makar al contrario è prolisso, ripetitivo, lezioso, confusionario e, da quando comincia a porsi il problema di un suo stile di scrittura, si inoltra anche in pensieri più arditi, di giustizia sociale o di dignità umana, così come in riflessioni sui libri e in accurate descrizioni degli avvenimenti delle sue giornate.
Ad un certo punto, poi, lo stesso stile epistolare generale viene interrotto, lasciando temporaneamente spazio ad una parte più narrativa rappresentata dai quaderni di Varvara con le memorie dei suoi anni passati. Questa è in generale la parte che più mi ha coinvolto e che ho apprezzato maggiormente, insieme a qualche episodio descritto nelle lettere (come ad esempio il caso dell'improvviso e inaspettato colpo di scena perfettamente raccontato in una lettera di Makar).

In conclusione, ci sono parti di questo romanzo che mi sono piaciute molto, al punto da desiderare che fossero ulteriormente sviluppate e approfondite; altre invece che non mi hanno particolarmente colpito o che mi sono risultate più pesanti (legate soprattutto alle lettere di lui). Il finale l'ho trovato un po' troppo accelerato e frettoloso, me lo aspettavo diverso, ma risulta comunque efficace nel suo farci presagire il destino infelice di questa povera gente.
Facendo un bilancio, questo romanzo di Dostoevskij mi lascia complessivamente tiepido nelle sensazioni provate, pur avendolo trovato particolare e interessante. Essendo questo suo primo romanzo anche il primo che leggo di lui, sarà per me curioso vedere l'evoluzione di questo grande scrittore nelle opere successive.
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
È la prima opera dell'autore e l'ho trovata diversa, quasi come un racconto lungo piuttosto che un romanzo. Ma non è nemmeno un racconto volendo.

La storia è raccontata in forma di lettere che due persone si scambiano, più una sezione costituita da un breve diario.
La storia in sè non racconta molto, è come uno spaccato di vita piuttosto che una trama vera e propria. Ho fatto un po' fatica all'inizio a legare coi personaggi, che sono in tutto e per tutto in linea coi temi tipici dell'autore ma in alcune cose diversi. È come se qui si fosse concentrato più sull'aspetto storico che sul far emergere i suoi temi; temi che però non mancano, primo fra tutti la povertà, caratteristica di molti (o tutti?) dei personaggi di Dostoevskij.

Tutto sommato il romanzo mi è piaciuto. Il formato è un po' strano all'inizio ma ci si prende subito la mano. Solo in alcuni punti i personaggo sembrano un po' comici-ironici (o non so come dire) e sembrano poco realistici. Se lo siano nel contesto storico del romanzo non lo so.

Per concludere non è di certo l'opera migliore di Dostoevskij ma è la prima quindi ci sta benissimo che sia in qualche modo diversa.
 
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