Beata ignoranza!

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
A volte mi trovo a riflettere su questa cosa:
non sarebbe meglio vivere in uno stato di "beata ignoranza" piuttosto che conoscere diverse nozioni in vari campi che però poi possono crearci dei veri problemi nell'affrontare la vita di tutti i giorni?
Mi spiego meglio con un esempio pratico:
a me che sono piuttosto ipocondriaca “conoscere” il nome,i sintomi e il decorso di varie gravi malattie crea spesso dei grossi problemi :paura:!
Voi direte che avrei potuto evitare di venirne a conoscenza,ma tra la scuola,il sentito dire,le notizie in tv e su internet,i parenti che (purtroppo) hanno avuto a che fare con alcune di loro,è stato inevitabile.

Voi in cosa avreste voluto restare dei "beati ignoranti”?

P.S. ovviamente la mia è più una provocazione.Si prega astenersi dal fare polemica sul valore della cultura (di cui conosco bene l'importanza) :wink:.
 
G

giovaneholden

Guest
Indubbiamente il mito del beato ignorante,per certi versi assimilabile al Bon Sauvage di Rousseau,ha una grossa presa,proprio per chi come noi conosce e apprezza la cultura e la conoscenza. Apparentemente l'ignorante prende tutto con leggerezza sconsiderata,mentre l'intellettuale o chi si perita di avere velleità culturali si arrovella in discussioni senza fine. A questo proposito il celebre esempio della vita circolare del cane Karenin,citato come ideale da Kundera nel suo capolavoro L'insostenibile leggerezza dell'essere ne è una brillante manifestazione. :mrgreen:
 

Apart

New member
Ma nel tuo caso Angela ciò che ti crea problemi non è il conoscere i sintomi della malattia, quanto piuttosto il tuo rapporto con quel tipo di conoscenza e con la malattia. Un medico ad esempio trarrebbe giovamento e soddisfazione nel conoscere tutte quelle cose.
Io in nulla di quel che ho fatto avrei voluto rimanere ignorante. Mi piace conoscere, soprattutto quando una cosa mi interessa. E' una tensione, più che una scelta, poichè non devo più interrogarmi se sia meglio conoscere o non conoscere. Son portato a conoscere.
Non credo siano l'ignoranza e la conoscenza a garantire all'uomo la felicità o la sofferenza.
:)
 

Dallolio

New member
Sai che spesso me lo sono chiesto anch'io? Sinceramente la mia risposta è che sicuramente l'ignoranza aiuta a vivere più sereni, anche solo perchè le domande più inquetanti che l'uomo si pone non vengono poste da chi è particolarmente ignorante... Leopardi nelle sue operette morali riprende continuamente questo concetto... Schopenauer affermava che una donna anziana estremamente ottuso aveva vissuto bene fino in tarda età perchè si preoccupava solo di tessere e non voleva sentire niente e nessuno, era chiusa a ogni stimolo...
 

SALLY

New member
Mah...Mine,non sò se è l'ignoranza che permette di vivere in una specie di limbo,forse è più l'insensibilità,la superficialità...le cose puoi anche saperle,ma se non ti toccano non hanno nessun effetto,ne' negativo ne' positivo...e campi 100 anni :mrgreen: :wink:
 

Yamanaka

Space's Skeleton
No, l'ignoranza è il vero inferno, perchè non cancella la sofferenza ma ne oscura le cause e quindi cancella la possibilità della liberazione.
La felicità e la serenità non stanno nella totale assenza della sofferenza, quanto nella sua comprensione.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Non so se queste considerazioni che faccio sono in tema, però l'intervento di Yamanaka mi ha ricordato una cosa su cui ho riflettuto spesso...

Si dice, in ambito psicologico, (o almeno io ho sempre sentito così) che il passo fondamentale nella "cura" dei propri "disturbi" è la consapevolezza dell'origine profonda che li determina. Se io riesco a capire da che cosa derivano certi miei comportamenti (laddove questi generano disagio o sofferenza), sembra che il gioco sia fatto... o, quanto meno, che il "grosso" sia fatto! Non che questa presa di coscienza sia facile... tutt'altro! Ma poniamo il caso di riuscirci...

Bè, la mia personalissima e modestissima esperienza mi insegna che questa equivalenza (che io qui ho volutamente banalizzato) non è sempre vera. La maggior parte delle volte in cui sto male per qualcosa, SO perfettamente il PERCHE' di questo dolore: so da cosa deriva, cosa l'ha provocato fuori di me e cosa gli ha permesso di mettere radici dentro di me! So cosa dovrei fare non per "estirparlo" (cosa che non farebbe altro che dargli altro potere), ma semplicemente per "dissolverlo" mostrando a me stessa il vero "valore" che ha e cioè... nessuno! Mi spiego?

Metafora banale ma efficace: nel momento in cui mi rendo conto che anzichè abbeverarmi a una sorgente d'acqua fresca, lo sto facendo presso una pozzanghera, non sarebbe logico che abbandonassi la pozzanghera per andare in cerca della sorgente? Perchè, di fatto, non è così?
Perchè, a volte, la conoscenza, anzi, la consapevolezza (che è di livello molto superiore alla semplice conoscenza) di noi stessi non basta a darci la serenità, a liberarci da certi meccanismi in cui ci sentiamo progionieri? Che altro serve allora se neanche questo è sufficiente?

Me lo sono chiesta tante e tante volte... Forse qualcuno di voi ha una risposta, o può dirmi quello che pensa a proposito... :)
 

HOTWIRELESS

d'ya think i'm stupid?
la prima considerazione che mi sorge è che non si tratti "banalmente" del possesso delle nozioni, ma del modo capacità di "assemblarle" in un tutt'uno coerente.
la conoscenza non ha certamente limiti per noi limitati esseri umani, ma le teorie che da questa scaturiscono sono qualcosa di davvero "infinito", tanto che la vera la sola l'ultima sembrerebbe appannaggio solo di dio (inventato proprio per tale bisogna).
qualunque fosse perciò la quantità di informazioni, il problema resta per me ciò che si poggia sopra tali fondamenta.
e qui la questione diventa davvero ostica, perchè subentrano sociologicamente ogni tipo di condizionamenti adattamenti alibi deviazioni plagi granchi clamorosi e chi più ne ha più ne metta.
il tutto calato in quella che è la realtà circoscritta di ciascun singolo, genetica ma influenzata da super-io personale ma anche ereditario.
insomma, sapere è irrinunciabile, ma sulla tua bici devi poi anche andarci ...
 

malafi

Well-known member
Io credo che la beata ignoranza aiuti a vivere più sereni.
E per beata ignoranza non intendo solo la ricerca della conoscenza, la curiosità per gli eventi, ecc...

Intendo per "beata ignoranza" in senso più ampio lo stato di chi vive senza porsi troppe domande, di chi (per carattere o per formazione scolastica/lavorativa) non ama spaccare il capello in 4 e spingere l'analisi sempre e comunque all'eccesso.

Credo che un tipo "leggerino" - se non sfocia nel qualunquista o troppo nell'approssimazione - viva più sereno: non ho detto meglio (perchè di certo perde 1000 possibilità ed opportunità), ma più sereno.

D'altronde spesso il curioso e l'analitico è anche uno che ama conoscere per avere le cose sotto controllo: dal momento che tutto sotto controllo non si può mai avere ... ecco che nasce l'ansia e si perde la serenità del "beato ignorante" che quel problema manco se l'era posto.

Firmato: uno curioso ed analitico, spesso poco sereno.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Io credo che la beata ignoranza aiuti a vivere più sereni.
E per beata ignoranza non intendo solo la ricerca della conoscenza, la curiosità per gli eventi, ecc...

Intendo per "beata ignoranza" in senso più ampio lo stato di chi vive senza porsi troppe domande, di chi (per carattere o per formazione scolastica/lavorativa) non ama spaccare il capello in 4 e spingere l'analisi sempre e comunque all'eccesso.

Credo che un tipo "leggerino" - se non sfocia nel qualunquista o troppo nell'approssimazione - viva più sereno: non ho detto meglio (perchè di certo perde 1000 possibilità ed opportunità), ma più sereno.

D'altronde spesso il curioso e l'analitico è anche uno che ama conoscere per avere le cose sotto controllo: dal momento che tutto sotto controllo non si può mai avere ... ecco che nasce l'ansia e si perde la serenità del "beato ignorante" che quel problema manco se l'era posto.

Firmato: uno curioso ed analitico, spesso poco sereno
.

Ti quoto in toto,soprattutto la parte in grassetto...mi hai perfettamente capito :wink:.

Fondiamo il club dei curiosi,analitici,ma spesso poco sereni :W :mrgreen:?
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Scusate se per ora ho risposto solo a malafi,ma mi sono troppo ritrovata in ciò che ha scritto.
Con calma risponderò anche agli altri e vi ringrazio per gli interventi...ognuno di voi ha scritto cose interessanti che vorrei commentare.
Datemi solo un po' di tempo e un po' di fresco...questo caldo mi annebbia il pensiero :mrgreen:.
 

Apart

New member
Non so se queste considerazioni che faccio sono in tema, però l'intervento di Yamanaka mi ha ricordato una cosa su cui ho riflettuto spesso...

Prendere consapevolezza dei propri problemi non basta. Bisogna anche affrontarli. Ci sono persone che hanno consapevolezza dei propri problemi eppure non li hanno mai risolti. Non c'è una ricetta valida per tutti per risolvere i problemi. Però importante è già prenderne consapevolezza. Poi affrontarli, anche cedere ai propri problemi. Lasciarsi andare, farsi vincere da questi. Hai voglia di piangere? Piangi. Te la fai sotto dalla paura? Fattela sotto. Avere sempre la consapevolezza che in quel momento tu stai vivendo un problema. Non negarlo, ma nemmeno sfidarlo a muso duro con autoimposizioni. Non essere mai come ubriachi, come in trans quando si ha un problema. Essere sempre vigili, sapere sempre cosa ti sta succedendo, avere una reazione e accettarla così com'è. Prima o poi saprai affrontarla. Quando non lo so. Ma hai possibilità di vincerla come di non vincerla. Hai intenzione ancora di giocare?
Che male c'è ad avere un problema? Nessuno.
Questo che ti ho scritto è un mio consiglio generale e appassionato. :)
 

Yamanaka

Space's Skeleton
Prendere consapevolezza dei propri problemi non basta. Bisogna anche affrontarli. Ci sono persone che hanno consapevolezza dei propri problemi eppure non li hanno mai risolti. Non c'è una ricetta valida per tutti per risolvere i problemi. Però importante è già prenderne consapevolezza. Poi affrontarli, anche cedere ai propri problemi. Lasciarsi andare, farsi vincere da questi. Hai voglia di piangere? Piangi. Te la fai sotto dalla paura? Fattela sotto. Avere sempre la consapevolezza che in quel momento tu stai vivendo un problema. Non negarlo, ma nemmeno sfidarlo a muso duro con autoimposizioni. Non essere mai come ubriachi, come in trans quando si ha un problema. Essere sempre vigili, sapere sempre cosa ti sta succedendo, avere una reazione e accettarla così com'è. Prima o poi saprai affrontarla. Quando non lo so. Ma hai possibilità di vincerla come di non vincerla. Hai intenzione ancora di giocare?
Che male c'è ad avere un problema? Nessuno.
Questo che ti ho scritto è un mio consiglio generale e appassionato. :)

Questo è molto esatto. Infatti prendere coscienza dei propri problemi significa anche prendere coscienza dei limiti che abbiamo e, con molta pazienza, sfidarli. O almeno farli fruttare in qualche qualità o qualcosa di bello. E' molto difficile, ma è l'unica per vivere una vita piena, a mio parere.
Spesso si confonde consapevolezza con razionalizzazione. La consapevolezza è qualcosa di più pervasivo del semplice pensiero (che resta comunque un passo fondamentale della consapevolezza), è un qualcosa di più vivo.
La semplice coscienza intellettuale non esclude la possibilità di scappare dai problemi, vuoi con bislacche contorsioni, vuoi con visione distorte ad hoc.
La mente sa essere terribile.

La consapevolezza della finitezza di ogni cosa mi impedisce di vivere con ignoranza. Il tempo non torna indietro e ogni istante sprecato è perso per sempre.
Forse una volta era possibile vivere in uno stato di beata ignoranza, magari in comunione con la natura e i suoi ritmi: penso ai contadini nel medioevo o qualche figura del genere. Non a caso nel medioevo questo tipo di vita non era condannata, era vista per certi versi come un privilegio: se non ricordo male dei monaci chiamavano questa beata ignoranza "stare sulle ginocchia di Dio". Una vita del genere ha sicuramente molte sofferenze terrene, ma meno contrasto interiore...ma anche meno ricchezza, per molti aspetti.
Oggi tuttavia non credo sia possibile vivere in questa maniera totalmente serenamente. Siamo tutti chiamati, in un modo o nell'altro, a fare qualcosa di questa esistenza o quantomeno prenderci la briga di valutarne il problema.
L'umanità non ha più bambini che possano stare sulle ginocchia di Dio, ma solo uomini che faticosamente sono sperduti su questa terra.
 

zanblue

Active member
"L'ignoranza può essere beata,solo per le persone che non ne hanno la consapevolezza",come ha scritto in un post il nostro Hotwireless.:D
L'ignoranza la paragonerei all'oscurità,e nell'oscurità,puoi fare davvero poco.Tutti abbiamo delle lacune,quindi tutti ignoriamo molte cose,ma c'è chi vive benissimo
senza conoscenza, e c'è invece, chi ne ha un bisogno assoluto.Non amo essere all'oscuro di qualcosa,e passo molto tempo a fare ricerche su argomenti che mi interessano.E' una mia esigenza,e questa mia sete di sapere, è anche uno delle cause per cui io sono felice nella vita.Imparare qualcosa di nuovo ogni giorno,mi
dà soddisfazione,mi fa sentire viva e mai "arrivata",quindi sempre in cammino,verso dove non si sa,ma non ha nessuna importanza.
 

apeschi

Well-known member
Solo ignoranza, intesa come non conoscere le cose, o anche incoscienza vera e propria?

L'ignoranza la vedo come qualcosa di molto negativo, l'incoscienza assoluta e' invece qualcosa di diverso.

Io ho una mia teoria (diciamo biblica visto che se ne parla).
(NB: Quanto sto per scrivere non ha assolutamente nulla di religioso o non religioso, e' una pura considerazione che devo aver letto da qualche parte e che in parte condivido).

Quando l'uomo ha perso il 'paradiso terrestre' ? la bibbia ci dice quando ha mangiato il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male (cosi' dice la bibbia), e per questo e' stato cacciato dal 'paradiso terrestre'.

Cosa significa? (secondo me e non solo secondo me).

Ad un certo punto dell'evoluzione, da scimmia e' diventato uomo. Ad un certo punto dell'evoluzione ha quindi iniziato a capire di essere uomo, ha avuto coscienza di se', di esistere, ha iniziato a porsi domande, dubbi, a pensare razionalmente.
Ha capito di non essere immortale, ha iniziato un percorso evolutivo che l'ha separato dal resto degli animali.
Avendo acquisito la 'conoscenza', la capacita' di capire cosa fosse il bene o il male ha cambiato radicalmente il proprio modo di vivere, ha iniziato a pensare alla morte.
Da questo punto in poi e' uscito dal 'paradiso terrestre', cioe' da quello stato pre-evolutivo in cui dormiva, mangiava, faceva sesso, si riproduceva, non aveva pensieri, non aveva consapevolezza della morte.
Uno stato in cui sono ancora gli animali.
Un cane, un gatto, una scimmia non sa che morira', non sa che e' ammalato (sente di non essere in forma, soffre fisicamente, ma non si pone problemi), nasce vive e muore.

E' questo secondo me che ci 'frega'.
Una volta che siamo diventati consapevoli di noi stessi, a questo punto meglio combattere l'ignoranza (oppure regredire allo stato animale) ?
 

Minerva6

Monkey *MOD*
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Indubbiamente il mito del beato ignorante,per certi versi assimilabile al Bon Sauvage di Rousseau,ha una grossa presa,proprio per chi come noi conosce e apprezza la cultura e la conoscenza. Apparentemente l'ignorante prende tutto con leggerezza sconsiderata,mentre l'intellettuale o chi si perita di avere velleità culturali si arrovella in discussioni senza fine. A questo proposito il celebre esempio della vita circolare del cane Karenin,citato come ideale da Kundera nel suo capolavoro L'insostenibile leggerezza dell'essere ne è una brillante manifestazione. :mrgreen:

Il punto su cui volevo porre l'accento infatti era proprio la leggerezza!
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Ma nel tuo caso Angela ciò che ti crea problemi non è il conoscere i sintomi della malattia, quanto piuttosto il tuo rapporto con quel tipo di conoscenza e con la malattia. Un medico ad esempio trarrebbe giovamento e soddisfazione nel conoscere tutte quelle cose.
Io in nulla di quel che ho fatto avrei voluto rimanere ignorante. Mi piace conoscere, soprattutto quando una cosa mi interessa. E' una tensione, più che una scelta, poichè non devo più interrogarmi se sia meglio conoscere o non conoscere. Son portato a conoscere.
Non credo siano l'ignoranza e la conoscenza a garantire all'uomo la felicità o la sofferenza.
:)

Certo,è il rapporto con quel tipo di conoscenza...però se non conoscessi nulla sull'argomento,vivrei molto più serena :wink:.
Anche a me piace conoscere le cose e approfondirle,ma a volte me ne pento perchè ponendomi troppe domande,poi le risposte mi creano disagio e paura.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Sai che spesso me lo sono chiesto anch'io? Sinceramente la mia risposta è che sicuramente l'ignoranza aiuta a vivere più sereni, anche solo perchè le domande più inquetanti che l'uomo si pone non vengono poste da chi è particolarmente ignorante... Leopardi nelle sue operette morali riprende continuamente questo concetto... Schopenauer affermava che una donna anziana estremamente ottuso aveva vissuto bene fino in tarda età perchè si preoccupava solo di tessere e non voleva sentire niente e nessuno, era chiusa a ogni stimolo...

Ecco,la serenità è quella che mi manca e non dico che derivi solo dal "conoscere" troppe cose che mi creano disagio,ma questo a volte mi porta ancora più lontano da essa :W.
Tanto di cappello al poeta (il mio preferito) e al filosofo da te citati :ad:.
 
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