Rushdie, Salman - I figli della mezzanotte

juzz

New member
La storia è narrata in punto di morte da Saleem Sinai, uno dei mille straordinari bambini nati allo scoccare della mezzanotte del 15 agosto 1947, cioè nell'istante esatto in cui l'India guadagna la sua indipendenza dalla Gran Bretagna. E' un romanzo pieno di magia e di sapori indiani, mescolati nella memoria di Saleem che ci racconta tutta la sua straordinaria vita, legata strettamente a quella della sua patria e a quella degli altri Figli della mezzanotte.
 

Alfredo_Colitto

scrittore
Libro bellissimo. oserei dire da premio nobel. Magico e drammatico. Di rushdie mi piace tutto, eccetto i Versetti Satanici. quello mi è piaciuto molto per metà, poi ho avuto la sensazione che non sapesse più dove andare a parare e la storia si perde.
 
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elisa

Motherator
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Ho letto questo libro stupendomi della sua bellezza, grande capolavoro, peccato per tutto quello che è avvenuto dopo a Rushdie, chi non si sarebbe perso?
 

Palmaria

Summer Member
Questo libro, secondo me, è un'esperienza indimenticabile, struggente, ironico, misterioso, coinvolgente, l'epopea di una famiglia e di un'intera Nazione, l'India, con tutto il fascino e le contraddizioni che la caratterizzano.

Da non perdere assolutamente!:D
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
I libri di Rushdie sono magici e surreali, proprio il mio genere preferito, ho aggiunto anche questo in wishlist:D
 

Robby

New member
Mentre lo leggevo mi rendevo conto della sua grandezza, ma, ahimè, non sono riuscita ad apprezzarlo in pieno... In alcuni momenti, devo dire la verità, mi sono un po' persa per strada a causa degli incisi e delle continue divagazioni (che naturalmente rendono originale lo stile narrativo) e mi sono dovuta convincere a continuare...
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Difficilissimo descrivere questo libro...leggendolo, il desiderio di rallentare la lettura per restare il più possibile in sua compagnia si fonde alla sensazione opposta, ossia alla curiosità di proseguire. E' un romanzo sicuramente impegnativo - per via delle numerosissime divagazioni, peraltro, secondo me, necessarie per la sua completezza - ma magico e coinvolgente, tutt'altro che noioso o pesante.
Due storie in una: quella individuale di Saleem Sinai, primo figlio (ma è poi davvero così?) di una mezzanotte unica nella storia, ossia quella in cui l'India proclama la propria indipendenza, e quella collettiva di un Paese affascinante e ricco di contraddizioni.
Ciascuno dei figli della mezzanotte possiede poteri soprannaturali, ma solo Saleem ha il potere di leggere nella mente delle persone.
Circondato da personaggi eccezionali, reali e surreali allo stesso tempo, il protagonista cresce con uno spropositato senso di responsabilità (o di colpa?) legato alla sua nascita. Ho assistito, affascinata e impotente, alla sua crescita interiore oltre che ad uno sviluppo degli eventi straordinariamente fantasioso, nel bene e nel male; ho vissuto le atmosfere magiche e tragiche dell'India, apprendendo i fatti storici dell'epoca; ho sorriso ritrovando la colta e rassegnata ironia dell'autore, che ho ritrovato in tutti i suoi libri (quelli che ho letto, naturalmente!); mi sono emozionata leggendo, più o meno tra le righe, la descrizione delle più svariate sfumature di sentimento.
Il bene e il male, due facce della stessa medaglia; così l'amore e l'odio. L'idea che niente è come sembra e che non esiste un'unica verità. E quel modo così sottile e disarmante di far riflettere sul fatto che da un inganno, da un equivoco o, perchè no, da un avvenimento apparentemente insignificante può dipendere la vita di una persona. E la vita di un Paese. So che niente c'è di nuovo in questo, ma è originale, raffinato, toccante, quasi spietato il modo dell'autore di comunicarlo.
Un solo rimpianto: in un romanzo così ricco, chissà quante sfumature mi sono persa. Per me un libro veramente completo, un capolavoro.
 

isola74

Lonely member
Il primo approccio non è stato esaltante...mi sembrava troppo pieno di divagazioni, un po' surreale. Poi, a mano a mano che entravo nel cuore della storia, ho iniziato ad apprezzarlo: per la sua magia, per la sua drammaticità raccontata magistralmente, per la sua attualità spietata. Verso la fine del libro, quando Saleem parla con i bambini prigionieri come lui, ci sono un paio di pagine struggenti, stupende.
Come Alessandra, anche io ho il rammarico di aver perso chissà quante sfaccettature, considerando anche che adesso leggo solo la sera, quando già la stanchezza incombe:roll:..chissà, un giorno forse lo riprenderò perchè questo è davvero un libro che avrà sempre qualcosa da dire.
 

pigreco

Mathematician Member
Una piacevolissima sorpresa. In questo libro c'è tutto: il romanzo storico, la saga familiare, la componente magica, il romanzo d'introspezione.

La storia è avvincente e lo stile è assolutamente piacevole. Ho ritrovato in alcuni punti (forse troppi...) le stesse atmosfere di Cent'anni di solitudine, alcuni passi mi sembrava in qualche modo di averli già letti altrove. Ma questo non toglie nulla alla bellezza di un romanzo certamente di spessore, che ci racconta all'interno di una storia personale la storia di trent'anni di India, un po' come la Morante ha fatto relativamente all'Italia nel suo capolavoro, La Storia.

In conclusione credo di poter dire che si tratta di un bellissimo romanzo, assolutamente consigliato. Sono fresco di lettura ed è bene che mi astenga dal dare dei giudizi definitivi, però credo di poter dire che è forse azzardato parlare di capolavoro, proprio per la sensazione che mi ha dato di essere troppo simile a qualcosa che già c'era.
 

velmez

Active member
io invece ho avuto diverse difficoltà a finire questo libro: non sono mai riuscita ad immedesimarmi completamente, ho sempre avuto la sensazione costante di troppa arroganza da parte dell'autore, il protagonista mi è risultato antipatico sin dall'inizio... gli unici aspetti positivi erano i ritagli di India che vi ho incontrato (anche se non sono stati così forti come in Shantaram o in Cuccette per signora)
inoltre, come per Pigreco, ho avuto la costante sensazione che ricalcasse altri libri, che fosse poco originale... ho trovato la stessa struttura autobiografica (anche se a parer mio meglio riuscita) in Middlesex di Eugenides (che sicuramente è stato scritto dopo...)
forse dovrei provare con qualcos'altro di questo autore, ma il mio primo giudizio è negativo...
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
No, decisamente questo libro non mi è piaciuto.
Ho avuto diverse riserve, fin da inizio lettura, ma la riserva più grande è stata la poca, pochissima voglia che avevo di andare avanti: nessun coinvolgimento, nessuna curiosità... una fatica immane arrivare alla fine.

Fin dalle prime battute mi è sorto spontaneo un paragone, ma non con il più volte citato (anche dai critici) Cent'anni di solitudine, bensì con Il tamburo di latta. Perché il paragone? Perché è evidente (e le pagine di Wikipedia mi hanno solo confermato un'impressione talmente forte da non poterla attribuire al caso) che Rushdie aveva ben presente il capolavoro di Grass quando ha scritto il suo romanzo, talmente presente - aggiungo io - che ha voluto usare la stessa formula in un contesto completamente diverso e mescolandola ad altri elementi, ognuno dei quali avrebbe meritato un suo spazio e che invece, così, finiscono mescolati in modo confuso: il realismo magico (da qui il riferimento a Marquez), l'ambientazione indiana.
Il tamburino Oskar e Saalem Sinai, il figlio prediletto della Mezzanotte: entrambi raccontano in prima persona le proprie mirabolanti avventure, in entrambi i casi misteriosamente connesse alle vicende storiche del proprio Paese... ma quale incolmabile abisso! L'eroe di Grass è un ribelle, non si autocelebra, il suo protagonismo è frutto di scelte coraggiose, a volte egoiste, comunque anticonvenzionali. Tutt'altra cosa "l'eroe" di Rushdie, che si trova sempre nel posto giusto al momento giusto (anche nella sfortuna), che deve "far colpo" a tutti i costi, che - in un vano e a mio avviso patetico tentativo di creare suspence attorno a sé stesso - farcisce i propri racconti di anticipazioni incomprensibili (che senso ha introdurre un personaggio senza che si abbia la minima idea di chi sia? dovrebbe per questo incuriosirmi a conoscerlo? :boh:), di frase lasciate a metà come "fino al momento in cui..." "sarebbe andata a finire che..." (sic!) per poi concludere "ma non posso anticipare nulla, dovete avere pazienza!".
Che rabbia questo misto di arroganza e condiscendenza nei confronti del lettore, che rabbia questo continuo auto-referenziarsi!

Lo spunto (un bambino nato il giorno dell'Indipendenza allo scoccare della Mezzanotte, e per questa ragione dotato di poteri straordinari, oltre a rappresentare lo "specchio" della nuova India) è buono, l'occasione di un capolavoro c'è... ma perché sprecarli? Perché uno stile così didascalico e autocelebrativo, perché i parallelismi fra la vita di Saalem e quella dell'India così banali, con l'aggravante di essere anche minuziosamente spiegati? A volte il simbolismo di Grass risulta fin troppo criptico (si intuisce che tutto ciò che leggiamo è "segno" di qualcos'altro, ma non sempre riusciamo a capire di cosa...), ma è nello sforzo di raggiungere il cuore del messaggio che è racchiusa la poesia! Invece l'estenuante sottolineare da parte di Rushdie/Saalem la propria straordinarietà, i propri sensazionali poteri, le proprie strabilianti avventure, non fa che togliere la magia, svelando il trucco. Fatto questo, l'inverosimiglianza su cui si regge tutto il racconto non è più giustificabile. La bellezza, per essere tale, specie quando è ammantata di mistero, va evocata, non svenduta.

Alcuni passaggi interessanti (così come l'idea di partenza) ci sono: il suggerire in alcuni punti che questo continuo lodarsi altro non è che il tentativo di un bambino di superare la paura di essere rifiutato, trovando un suo posto nel mondo, nella Storia (questo sì, avrebbe un senso!); o il celebre passaggio "chi sono io? la risposta: sono la somma di tutto ciò che è accaduto prima di me, di tutto ciò che mi si è visto fare, di tutto ciò che mi è stato fatto... ecc ecc"... ma per quanto validi non bastano, da soli, a salvarlo.

2,5 (e sono stata buona)
 
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