Un romanzo preottocentesco che, se vogliamo è stato precursore dei romanzi d'amore inglesi della prima metà del XIX secolo, ma che li supera per tematiche affrontate e abilità narrativa. Bisogna considerare, infatti, che questo romanzo è stato scritto da un uomo, Samuel Richardson, che ha narrato le vicende di una giovanissima cameriera, Pamela, insidiata dal suo giovane padrone e l'ha fatto in prima persona, sottoforma di romanzo epistolare e di diario/carteggio. E' straordinario il modo in cui un narratore del Settecento si sia calato nella profondità di un animo femminile raccontando l'importanza che la giovane Pamela attribuisce alla sua virtù, le peripezie e le sofferenze che affronta per difendere il suo bene più prezioso, senza amici né confidenti di cui potersi fidare, e poi la gioia che ricompensa queste angherie.
Un romanzo la cui trama coinvolge e avvince, e che ci presenta un contesto culturale preromantico molto lontano dai canoni moderni, in cui non solo gli uomini, ma le stesse donne hanno un approccio e una considerazione di se stesse molto diversa. Richardson non ci porta a giudicare Pamela, non ci porta a chiederci se il suo contegno possa essere eccessivo, se la sua religiosità possa, in qualche caso, sfociare in bigottismo. Lui "si limita" a raccontarci i fatti e ad analizzare con profondità non comune i sentimenti di questa giovane donna coraggiosa.
A me questo romanzo è piaciuto, ne ho apprezzato la trama, il contesto culturale e, non da ultimo, il modo in cui è stato scritto. Agli amanti dei classici che non disdegnano un po' di romanticismo non posso che consigliarne la lettura.