Schmitt, Eric Emmanuel - Ulisse da Baghdad

velmez

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Saad è un ragazzo onesto e beneducato, ha un padre colto e stravagante, una madre protettiva e tre amatissime sorelle, studia per laurearsi in giurisprudenza e vuole sposare Leila, la ragazza di cui è innamorato. Ma Saad ha un problema, è iracheno, e quello che in altri paesi è un percorso di vita normale in Iraq è semplicemente impensabile. La feroce dittatura di Saddam Hussein, la guerra, l'embargo e l'occupazione americana hanno messo il paese in ginocchio, Baghdad è una città sconvolta da attentati terroristici, non c'è cibo, non ci sono medicine e regnano l'odio e il sospetto. Come tanti altri, Saad decide quindi di andare a cercare miglior fortuna in Europa: Londra è la sua meta. Senza soldi, senza passaporto, inizia una rocambolesca odissea attraverso il Medio Oriente, il Mar Mediterraneo e l'intero continente europeo. E lui, Saad, l'Ulisse dei nostri giorni, l'uomo che racconta i pericoli che attendono chi cerca una nuova casa, un luogo dove vivere un'esistenza serena. È una favola piena di humour e di malinconia, di momenti dolci e di momenti decisamente aspri, ed è anche il pretesto per affrontare un problema scomodo, quello degli immigrati clandestini, che troppo spesso noi europei benestanti tendiamo a ignorare o a far finta di non vedere.

L'idea di paragonare un clandestino che scappa dall'Iraq a Ulisse che cerca di tornare a Itaca è carina, ma decisamente forzata. Storie di questo genere necessitano di un prologo che le definisce "tratte da una storia vera". Mi è sembrato di rileggere Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda... ma più romanzato e in cerca di pathos...
La prosa è molto scorrevole e la figura del padre deliziosa. Per il resto non mi ha convinto!
 
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qweedy

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Mi è piaciuto moltissimo questo libro, ed è balzato verso la vetta della mia personale classifica dei libri di E.E. Schmitt.
Il giovane iracheno Saad Saad è un novello Ulisse e Londra è la sua Itaca sognata. Siamo nella Baghdad di Saddam Hussein decimata dalla guerra e stremata dall’embargo americano. Il giovane Saad Saad, il cui nome significa speranza speranza in arabo e triste triste in inglese, assiste inerme alla morte dei suoi cari e sceglie la strada della clandestinità per raggiungere l'Inghilterra. E' accompagnato in questa odissea dalle apparizioni del padre defunto, che rappresenta la sua coscienza, attraverso una serie di dialoghi verbali commoventi e talvolta buffi.
A volte con tristezza, spesso con ironia e leggerezza, Schmitt descrive le vicissitudini che Saad affronta nel suo viaggio.

Consigliatissimo! Voto 5

"Nascere è una lotteria, e il numero estratto può essere buono o cattivo. Se esce l’America, o l’Europa, o il Giappone, uno si sistema e la cosa finisce lì: viene al mondo una volta per tutte, non ha bisogno di ricominciare. Ma se esce l’Africa o il Medio Oriente…"

"Vede, fintanto che le frontiere esistono bisogna rispettarle e farle rispettare. Ciò non toglie che abbiamo tutto il diritto di chiederci perchè esistono. Riteniamo che siano una buona soluzione ai problemi umani? Pensiamo che tracciare dei confini sia veramente l'unico modo perchè gli uomini possano vivere insieme?"

"L'Odissea, figlio, è il primo racconto di viaggio dell'umanità. Scritto da un cieco, Omero, il che dimostra come il potere descrittivo dell'immaginazione sia superiore a quello degli occhi."

"Esistono due categorie di emigranti: quelli che partono con troppo bagaglio e quelli che viaggiano leggeri. Quelli troppo carichi pensano che andando altrove sistemeranno tutto. Sono emigranti che si spostano ma non cambiano. E' inutile che vadano lontano, non si staccheranno mai. Sono i cattivi emigranti, quelli che si portano appresso tonnellate di passato sorvolando sui propri dilemmi, negando i propri difetti, camuffando le loro mancanze.
I buoni emigranti viaggiano leggeri perché sono pronti, agili, adattabili, perfettibili. E' gente che sa approfittare del cambiamento nel paesaggio."

«La storia umana è una storia di confini che si spostano. Cos'altro è il progresso se non frontiere che si diradano? Fino a poche migliaia di anni fa le frontiere si ergevano intorno ad ogni villaggio ed erano numerosissime, poi si sono allargate per comprendere tribù, etnie e popoli, facendosi sempre più rare ed elastiche e arrivando in seguito a includere più gruppi all'interno di una stessa nazione. Ultimamente hanno oltrepassato le nazioni: vuoi per il federalismo, come negli Stati Uniti, vuoi in base a trattati, come in Europa. A rigor di logica la tendenza dovrebbe continuare. I confini finiranno per sparire o circoscrivere territori sempre più estesi».
«Fino a che limite?».
«Il continente».
«Intende dire che resteranno solo i confini naturali, quelli tra mare e terra?».
«Esattamente».

"Il problema degli uomini è che riescono a capirsi tra loro solo se fanno lega contro altri uomini. È il nemico che li unisce. Apparentemente può sembrare che a cementare i membri di un gruppo sia una lingua comune, una cultura comune, una storia comune, dei valori condivisi, ma in realtà nessun legame positivo è forte abbastanza da renderli solidali, l'unica cosa che li avvicina davvero è un nemico comune. Pensi a quel che è successo qui: nell'Ottocento nascono le nazioni, e il nemico diventa la nazione straniera. Risultato: guerra tra le nazioni. Dopo varie guerre e milioni di morti, nel Novecento si decide di smetterla con le nazioni e viene creata l'Europa. Ma perché l'Unione Europea esista, perché ci si possa rendere conto che esiste, bisogna che altri non abbiano il diritto di metterci piede. È un gioco stupido ed è tutto qui: è necessario che ci siano degli esclusi».
 
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