D'Ingiullo, Roberto e Floris, Federico - Un calcio alla storia.

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Amelia Member
Dai giornalisti torinesi Roberto D'Ingiullo e Federico Floris, ecco una storia del Novecento rivista in alcuni suoi momenti importanti, tutti legati al mondo del pallone. "Un calcio alla storia. I calciatori e il Novecento" (Galassia Arte, 13 euro) é un viaggio nel tempo e nel mondo, compiuto da un'ideale squadra di calcio formata da undici giocatori, un arbitro e due allenatori, che, ognuno a suo modo, hanno contribuito a scrivere la storia del calcio mondiale. Spesso sacrificando la propria vita, per non farsi piegare dai regimi in cui erano costretti a vivere. Dagli anni 30 e dalla Germania di Matthias Sindelar, famoso come 'Cartavelina' per la leggerezza con cui si muoveva in campo, 'suicidato' dai nazisti perché non aveva voluto festeggiare uno dei suoi tanti gol con l'obbligatorio 'Heil Hitler!'; agli anni Duemila di un giocatore simbolo venuto dalla Nigeria, Kalapapa Ngeri detto Kalas, classe 90, costretto a 'dribblare' il deserto del Sahara per raggiungere il suo sogno, anche calcistico: l'Italia. È una squadra che ha molto del nostro paese: uno degli allenatori, innanzitutto, Vittorio Pozzo, che, con il grande brasiliano Joäo Saldanha, tiene le redini di questa originale formazione. Il torinese "Monsù Poss", come lo chiamava il grande Gianni Brera, ha guidato l'Italia alla vittoria nei mondiali del '34 e del '36, anno in cui la nostra nazionale si è aggiudicata anche la vittoria all'Olimpiade. Pozzo ha scritto la storia del nostro calcio anche quando, nel 1949, a carriera da tecnico terminata, é il solo ad assumersi la responsabilità del riconoscimento dei cadaveri dei giocatori morti il 4 maggio nella tragedia di Superga. Dal passato al presente: Mario Balotelli, inserito in squadra non solo perché "é il talento più cristallino del calcio italiano inizio anni Duemila", ma soprattutto perché SuperMario é il simbolo di una generazione nuova, fatta di ragazzi nati in Italia da genitori stranieri. La generazione Balotelli appunto. Questo libro é un'operazione culturale: ce lo dice il giornalista italo-brasiliano Darwin Pastorin, autore della prefazione. Una sorta di album di figurine, "da incollare sull'album della nostra giovinezza e del nostro rimpianto".
 
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