Grossman, David - Caduto fuori dal tempo

Spilla

Well-known member
Probabilmente posso
capire solo cose
che sono dentro il tempo. Persone,
per esempio, o pensieri, o dolore
o gioia, cavalli, cani,
parole, amore. Anche la mia nostalgia di te
è imprigionata nel tempo. Il dolore
si fa antico
con gli anni, ma ci sono giorni in cui è nuovo,
fresco.
Così anche la rabbia per tutto ciò di cui
sei stato privato. Ma tu
non ci sei più...non ci sei
più. Sei fuori dal tempo.
(...)
E tu sei così: sei caduto fuori dal tempo,
(...)


Difficile trovare parole per un libro così.
E' semplice come l'evidenza, terribile come l'assoluto. Poesia in gocce di fuoco. Ad ogni parola puoi solo pensare: "ecco, è così, questa è la verità".
Sembra scritto da sempre.
Un capolavoro assoluto

5/5
 

velmez

Active member
anch'io trovo difficile commentare questo libro, il mio giudizio è un secco 5/5, ma qualunque cosa io possa dire, risulterebbe banale...
 

Spilla

Well-known member
mmm... ultima possibilità che potrei dare al Grossman tanto amato da ragazzina? :? :)

Io non conosco gli altri suoi lavori (solo "Qualcun con cui correre", che è un romanzo delicato ma non un capolavoro assoluto), ma credo che qui siamo su un piano diverso. Grossman tratta dell'esperienza più atroce che possa capitare all'essere umano - e che lui ha vissuto sulla sua pelle.
Penso possa piacere come no, ma se ti prende lo leggi con i brividi addosso.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Provare a scrivere qualcosa su questo libro sembra quasi invadenza, intrusione nel dolore. Ci si chiede come sia possibile dar voce a un dolore così assurdo e innaturale, invece lo è. Grossman l'ha fatto in modo diverso, corale. Un susseguirsi di frasi, un misto di prosa e versi, più voci che sono una sola voce.
Atroce, terribile, ma non fa piangere, agghiaccia. Eppure è dolce e delicato. Ogni parola, ogni frase è quella giusta ed è espressa nel modo giusto, nel senso che nessun'altra parola, nessun'altra frase potrebbe creare quell'empatia tra scrittore e lettore, che viene colpito come se ricevesse una pugnalata, ma allo stesso tempo è lievemente rasserenato dal fatto che una sofferenza così immensa possa essere in qualche modo espressa, quasi esorcizzata con la forza delle parole.
Non esiste un termine che definisca un genitore che ha perso un figlio, come, che so, orfano, vedovo. Perché non è una cosa naturale.
L'eterna ricerca di un "laggiù", il punto di incontro tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Un ciclo che si chiude e allo stesso tempo resta sempre aperto.
 
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