Brera, Gianni - Il mestiere del calciatore

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Amelia Member
Sono sue creazioni termini del gergo calcistico come goleador, centrocampista, libero, contropiede, ora d'uso comune, a suo tempo neologismi. Questo ci dà subito l'idea del peso che Gianni Brera, giornalista e scrittore pavese, direttore de "la Gazzetta dello Sport" dal 1949, ha avuto nel mondo dello sport e del calcio italiano. Scomparso ormai vent'anni fa, ha scritto per La Repubblica, il Guerin Sportivo, Il Giorno; e non smette ancora ai nostri giorni di influenzare la critica sportiva del nostro paese. Questo suo libro ("Il mestiere del calciatore", Book Time, 9 euro) è del 1972, ma è stato, saggiamente, ripubblicato qualche mese fa. È un manuale per chi volesse avvicinarsi al mondo del pallone, al "gioco più bello del mondo", definizione che lo stesso Brera ha rivendicato come sua. Con il suo stile unico, innovativo per la sua epoca, curatissimo nelle scelte linguistiche e spesso aulico, Brera ci porta dentro la storia del calcio: dal primo dopoguerra, quando nella nostra città era giocato dagli universitari, agli anni 50 del Padova allenato da Nereo Rocco. E poi su, fino agli anni 70 appunto, raccontandoci il suo punto di vista sui ruoli e facendo una carrellata epica sui calciatori più significativi che li hanno ricoperti. Fra i citati, alcuni calciatori veneti che hanno fatto la storia del calcio in bianco e nero: i portieri Aldo Olivieri e Giuseppe Moro, il difensore Aldo Ballarin, l'attaccante padovano Gino Cappello. Introdotto dalle parole del giornalista Gigi Bignotti, che definisce Brera "l'uomo che ha inventato la letteratura sportiva, dando alle cronache sportive una dignità che prima non avevano", questo libro, per amanti del calcio ma non solo, sembra essere perfetto per chi voglia disintossicarsi dalle problematiche che il pallone sta attraversando in questi ultimi anni, riassaporando attraverso queste pagine un sapore antico, di uno sport che un tempo, che ora pare molto lontano, era davvero genuino. La postfazione, affidata a Paolo, economista e giornalista, figlio di Brera, offre la giusta chiosa: "Ha cantato un argomento che risvegliava le passioni di moltissimi. La sua strabocchevole creatività linguistica fa di lui uno dei grandi del secolo XX".
 
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