L'Opera di Emile Zola

femina sapiens

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PERCHE' ESSERE ARTISTI?

Leggendo il romanzo "L'Opera" di Zola ho avuto modo di approfondire l'atmosfera artistica di Parigi fine ottocento. La lettura è estremamente interessante poiché lo scrittore non fa altro che raccontare nei minimi particolari ciò che vive tutti i giorni e soprattutto va in fondo ai pensieri degli artisti. Mi ha stupito non poco un passaggio nel quale si parla delle motivazioni dell'artista. Per spiegarmi meglio riporto alcune parti di una frase di un personaggio del romanzo, lo scrittore Sandoz.

"Ci consoliamo di essere insultati, negati, contiamo sull'equità dei secoli futuri .... nella ferma credenza di un'altra vita, dove ciascuno sarà trattato secondo i suoi meriti. ... e se le generazioni future si ingannassero come le contemporanee, preferissero alle opere forti le amabili sciocchezzuole! ... Ah che fregatura, eh? che vita da galera, inchiodati al lavoro, per una chimera! .. L'immortalità così sarebbe appannaggio della media borghesia, per quei nomi che ci ficcano violentemente in testa, quando non abbiamo ancora la forza di difenderci... "

Il protagonista, il pittore Claude, risponde:

"Bah! Che ti frega? non c'è niente ... Quando la terra schiatterà nello spazio come una noce secca, le nostre opere non aggiungeranno un atomo alla sua polvere"

Sandoz conclude:

"E' verissimo! A che scopo colmare il nulla? ... E dire che lo sappiamo, e che il nostro orgoglio si accanisce!"

Ma si fa arte per orgoglio o perché le idee che nascono incessanti nella mente vogliono trovare una vita al di fuori di noi? Eppure Zola descrive molto bene il tormento dell'artista, mai soddisfatto di ciò che esprime, alla continua ricerca della perfezione. Lo fa solo per orgoglio?

Per me l'arte è qualcosa di spontaneo che scaturisce dal nostro desiderio di liberarci dalle suggestioni di forme, colori, suoni, parole che ci fanno star male se non le esterniamo. Per quanto riguarda la gloria che si identifica col denaro sono convinta che sia più materia di chi si sa vendere bene che non dell'artista.

Misurare l'arte dalla quantità di denaro che produce è il compito dei mercanti, non degli artisti. Ed è possibile solo perché tante persone invece di fidarsi del proprio giudizio vanno appresso ai mercanti, trovando bello ciò che è molto caro e disprezzando ciò che non si vende. Colpa anche della mancanza di formazione del gusto e della nostra scarsa propensione all'autoanalisi e all'autostima.

Sono alle ultime pagine del libro, che non consiglio a chi è depresso. E' una continua angoscia e so già che finirà male. Lo consiglio vivamente a coloro che si interessano di arte poiché è veramente uno sguardo illuminante sulla Parigi artistica dell'Ottocento.

CECHOV E ZOLA

Le ultime pagine del romanzo "L'Opera" di Zola mi hanno riservato una sorpresa. Due artisti, un pittore e un romanziere, fanno una riflessione sul periodo che stanno vivendo, la fine dell'Ottocento. Sono amareggiati e delusi nelle loro aspettative create dalla scienza e dal progresso e si sentono intrappolati in situazioni senza sbocco.

Per essere più chiara voglio citare l'autore che fa dire a Sandoz, il romanziere:

"Era fatale, questo eccesso di attività, di orgoglio nel sapere doveva ributtarci nel dubbio; questo secolo, che pure ha fatto tanta luce, doveva chiudersi sotto la minaccia d'una nuova ondata di tenebre ... E' stato promesso troppo, sperato troppo, si è aspettato la conquista e la spiegazione di tutto ...

... E' il fallimento di un secolo, il pessimismo torce le viscere, il misticismo annebbia i cervelli; per quanto ci sforziamo di cacciare i fantasmi sotto i colpi illuminanti dell'analisi, il soprannaturale ha riaperto le ostilità, lo spirito delle leggende si ribella e ci vuole riconquistare, in questa sosta di stanchezza e di angoscia ...

... Noi non siamo una fine, ma una transizione, un inizio di qualche altra cosa ... Questo mi placa, mi fa star bene, credere che camminiamo verso la ragione e la solidità della scienza. A meno che la follia non ci catapulti nel buio e che non ce ne andiamo tutti, uccisi dall'ideale ..."

Ciò che mi ha colpito è stato l'accenno al ritorno del soprannaturale. Nel mio lavoro di ricerca sulle superstizioni ho riflettuto a lungo sul persistere ancora oggi di credenze decisamente irrazionali. Eppure ho capito che il bisogno dell'uomo di spiegarsi tutto ciò che accade è più forte della sua razionalità. E' la sua strategia per convivere con l'angoscia esistenziale.

Nella letteratura di fine Ottocento ricorre l'anelito ad una vita migliore. Cechov ne fa un motivo ricorrente delle sue opere teatrali e anche Zola ne fa un accenno alla fine del suo romanzo. Mi piace sentire come batte il loro cuore pensando al miglioramento delle condizioni di vita grazie alla tecnologia e alla scienza. Ma mentre Cechov è sicuro che un domani l'umanità vivrà meglio, Zola mostra dei dubbi.

Noi siamo quelli che dovevano avere un mondo migliore ma io penso che se Cechov e Zola tornassero in vita inorridirebbero. Loro non potevano immaginare quale prezzo si dovesse pagare per sostenere la tecnologia e la scienza. Forse, se avessimo rallentato un po', avremmo goduto maggiormente dei frutti di un progresso più sostenibile e magari più diffuso nel globo.

La ricerca sulle superstizioni si trova nel blogspot Superstzioni

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