Céline, Louis-Ferdinand - Morte a credito

darida

Well-known member
"Morte a credito", pubblicato nel 1936, è il secondo romanzo di Céline, che nelle sue pagine ritorna alla propria infanzia e adolescenza. Cresciuto in un'atmosfera soffocante e carica d'odio, illuminata solo dalle presenze della nonna Caroline e dello zio Eduard, il giovane Ferdinand racconta le proprie esperienze familiari, turistiche, scolastiche, erotiche e di lavoro."

primo blocco di impressioni:

Una prosa ostica,sincopata, un fiume di parole nel quale e' facile smarrirsi, come perdersi........................tra i puntini di sospensione.........

secondo blocco:

proseguendo con la lettura , non si tratta piu' di comprensione del testo, basta abituarsi alle storpiature grammaticali e ad una ortografia bizzarra. Fin troppo esplicito nei dettagli piu' rivoltanti, non manca altresi' di un chiaro e spietato quadro d'insieme. Ferdinand che arranca tentando di sopravvivere a quello che nell'immaginario comune e' il periodo piu' spensierato della vita, l'infanzia.
I concetti sono ribaditi, le situazioni si ripetono fino...alla nausea.
tuttavia,non discuterei il potere catalizzante:eek: lo abbandoni fin che sei in tempo per farlo, nelle prime deliranti pagine, o presumibilmente ti porti la tua bella croce fino alla fine.

in conclusione:

Impossibile non notare che il testo e' carente di un requisito fondamentale per uno scritto, la leggibilita'.
Piu' che una lettura una sfida. D'altro canto la consapevolezza di trovarmi di fronte a qualcosa di unico nel suo genere,fortemente innovativo per il periodo mi ha stimolato e affascinato, forse anche contro la mia stessa volonta' di lettrice

Lo lascio in sospeso, di consigliarne la lettura spensieratamente, direi che non me la sento :wink:

http://www.forumlibri.com/forum/gruppi-lettura/16058-70-minigruppo-morte-credito-di-celine.html

nel thread in questione troverete un work in progress molto interessante per una lettura che di banale non ha nulla, mai letto niente di simile :)
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
stesso commento finale postato nel minigruppo dedicato a questo libro:


Di questo libro ci sarebbero tantissime cose da dire ma di fatto mi lascia senza parole. Sembra un paradosso ma il libro stesso è un paradosso, Celine è così aderente alla realtà autobiografica che ha vissuto che usa un linguaggio "in diretta" per riproporla, non la racconta, ce la fa vivere e questo è la sua grande forza ma anche il suo grande limite. Di certo un'opera così non è mai stata scritta, talmente in presa diretta da apparire scritta di getto, senza filtri, ma forse non è proprio così. Celine vuole descriverci la più minuta e volgare realtà quotidiana, con un linguaggio forte, un'invettiva continua, si sente dentro la rabbia, la paura, l'odio, il dolore. Allora il linguaggio e le descrizioni sono sempre forzate, sarcastiche, paradossali, paroodistiche, quasi un circo, una corte dei miracoli, una realtà come la vive Celine. Prendere o lasciare, di certo un capolavoro, per forza ed intensità, ma circoscritto e limitante perché assolutamente e forzatamente delirante. L'opera di una persona non del tutto risolta e ai limiti della sociopatia. Come dicevano di Van Gogh: tutti vorrebbero un Van Gogh in casa, pochi vorrebbero Van Gogh in casa. Si potrebbe dire la stessa cosa di Celine.
 

Mizar

Alfaheimr
Grande libro di un colossale "rivoluzionario" della prosa.
Lo ricordiamo oggi e lo ricorderemo ancora.
Si capisce abbastanza bene già dalle prime 3 pagine perché Celine sia considerato dalla quasi totalità della critica letteraria contemporanea un prosatore immortale.
 

Jessamine

Well-known member
È un libro che ha lasciato senza parola anche a me. In libro che colpisce allo stomaco, che travolge e sconvolge, e non solo per lo stile, decisamente rivoluzionario e straniante. I contenuti sono fortissimi, è una realtà distorta, di cui sembra mostrato solo il lato peggiore, quello sporco di fango e sangue.
Di certo non un libro da leggere a cuore (e stomaco :mrgreen:) leggero, ma senza dubbio importantissimo.
"Bello" non è un termine che gli si adatta, è un viaggio nella parte più buia dell'anima dell'uomo (di Céline, ma anche del lettore).
 

Spilla

Well-known member
Riporto anche il mio commento dal Minigruppo. E' meno raffinato dei vostri, non ero proprio in vena ;) :
Questo libro mi è molto pesato, anche perché l'ho letto in un periodo in cui ero poco concentrata e avrei avuto bisogno di maggior leggerezza. Al tempo stesso sono contentissima di averlo "macinato", perché ho incontrato una galleria di personaggi surreali, visto ( e annusato, diciamo così) Parigi attraverso lo sguardo allucinato di Celine, macinato il suo linguaggio riplasmato e reinventato, a tratti geniale (onore al merito del traduttore!!!). Non so se quest'opera sia un capolavoro, mi pare che in alcuni tratti sia troppo prolissa e inconcludente per riuscire a considerarla tale, ma di sicuro è una pietra miliare della letteratura del '900.
Ancora un grazie alle ragazze del Mg, senza le quali di certo avrei mollato a pagina 30!
 

claki

New member
Libro che mi è piaciuto moltissimo e che consiglio a quelle persone elastiche mentalmente che non si fanno sconvolgere da un Po di sano cinismo e da un narratore e da un linguaggio al quanto inusuale, contorto,reale, crudo.
Mi sn divertita, e non mi trovo d accordo cn chi ha scritto che manca di leggibilità.
Ripeto è un libro non per tutti...
O lo si ama e lo si odia....
 

Spilla

Well-known member
Mah, io non sarei così categorica. Non l'ho amato, ma sono felicissima di averlo letto e di essermi lasciata "colpire" dalla forza della rabbia di Ferdinand e dal suo sguardo deformante...
 

MonicaSo

Well-known member
L'ho letto... non l'ho amato. Non credo leggerò altro di Celine, troppo lontano da ciò che mi piace trovare nei libri che scelgo di leggere.
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Quando ho iniziato questo libro sapevo con chi avevo a che fare, per cui non posso dire di essere rimasta sconvolta dalla crudezza del linguaggio o dalla scabrosità degli argomenti. Ho letto Viaggio al termine della notte e mi è piaciuto, sono riuscita a riconoscerlo per il capolavoro che è.

D'altra parte non sono una che si scandalizza facilmente, perché credo che la bellezza letteraria passi anche attraverso l'arte dell'eccesso. Perciò i motivi per cui ho fatto fatica a entrare in sintonia con quest'opera sono altri e riguardano soprattutto la difficoltà a seguire lo aviluppo la storia: il linguaggio di Cèline non è solo "forte" (a tratti volgare, tanto che molti passaggi nelle edizioni precedenti sono stati censurati), ma anche delirante, e questo a volte rende difficile capire se il protagonista sta raccontando il suo presente o il suo passato, la realtà o la proiezione della sua coscienza malata. In tutto i casi, comunque, non c’è realismo in ciò che viene raccontato: da questo romanzo non dobbiamo aspettarci un’autobiografia in quanto tale, nè un diario, ma un ripercorrere in modo volutamente distorto le esperienze di un giovane che cerca faticosamente un proprio posto nel mondo.

C'è un altro aspetto che mi ha parecchio infastidito e ha reso ostica la lettura di almeno metà libro: ed è stata la monotonia. Fino a quando infatti il protagonista e narratore non è partito per l'Inghilterra, il racconto della sua infanzia non è stato altro che un succedersi di episodi di cui conosciamo già il finale: il giovane Ferdinand promette di mettere la testa a posto, ci prova, ma poi un intervento esterno (la malizia dei suoi avversari, il loro approfittarsi del suo buon cuore, a volte la semplice sfortuna) manda tutto a scatafascio e il giovane viene accusato dei peggiori crimini, dai quali fra l'altro non cerca di difendersi; i suoi genitori, che sembravano non attendersi altro, lo riempiono di rimproveri, fin quando il ciclo ricomincia. Bisogna anche dire che nei confronti della sua famiglia e in particolar modo di suo padre, i comportamenti del ragazzo sono ingiustificabili: non bastano a discolparlo i pregiudizi negativi che l’uomo nutre verso di lui. Se all'inizio potevo comprendere il rapporto difficile dovuto alla mancanza di fiducia di uno e all'orgoglio dell'altro, quando il figlio inizia a usare violenza, ho pensato che non si meritasse alcuna scusante.

Comunque sia, dicevo che il susseguirsi di episodi fallimentari, uno simile all'altro, senza alcuna "crescita" nè sviluppo, ha iniziato ad annoiarmi e a farmi chiedere dove l'autore volesse andare a parare.

Ma quando il protagonista parte per l'Inghilterra e, successivamente, va a lavorare presso Courtial, le cose cambiano. Già l'avventura oltremanica ha una consistenza diversa rispetto ai precedenti episodi: i personaggi sono meglio approfonditi, di Ferdinand scopriamo i lati migliori, una pietà verso il prossimo priva di retorica. Ma è l'ultima parte, da quando inizia a collaborare con Courtial fino alla fine, quella che mi è piaciuta di più e, finalmente, non mi ha fatto pentire di aver letto questo libro.

Courtial è il personaggio più affascinante dell'intero romanzo: un miscuglio di divulgatore scientifico, scienziato pazzo, delinquente. Indubbiamente un uomo carismatico che riesce laddove tutti hanno fallito: entrare nel cuore di Ferdinand. Lui chiaramente non ce lo dirà mai, perchè come non cerca giustificazioni per la sua cattiva condotta, così non si “abbassa” nel mostrarci la sua affezione nei confronti di qualcuno, ma basta vedere il suo comportamento per capirlo: il rapporto di lavoro si trasforma in una strana forma di amicizia, e più il giovane scopre le debolezze e i vizi del suo padrone, più sembra che gli diventi fedele. Ha trovato finalmente qualcuno che gli si mostra per ciò che ogni uomo realmente è, ovvero un insieme contraddittorio di vizi e virtù, di illusioni e frustrazioni? Certo è che gli resterà vicino fino alla fine, anche quando le cose rischiano di mettersi per il peggio.

È quindi nell’ultima parte del romanzo che il protagonista sembra finalmente crescere, diventare un uomo, sebbene sappiamo che saranno le esperienze successive della sua vita (quelle raccontate in Viaggio al termine della notte) che faranno di lui quello che è, nel bene e nel male.
 
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