Attenzione spoiler
Mi rendo conto che scrivere la recensione di questo romanzo dopo quella de "I fratelli Karamazov" di Dosto non può che giocare a sfavore del povero Green, che non può reggere il confronto nemmeno con un'unghia del russo, ma tant'è, ho terminato entrambi lo stesso giorno ed è una serata in cui ho voglia di scrivere, quindi eccomi qui.
Premetto che avevo questo romanzo su uno scaffale da circa un anno, regalo di una persona che evidentemente non conosce molto i miei gusti, ma insomma, a furia di essere bombardata di cartelloni pubblicitari, amici che ne parlano, citazioni e compagnia, mi sono decisa ad aprirlo. Lo ammetto, ero decisamente scettica, non mi ispirava per nulla, temevo non mi sarebbe piaciuto per niente, ma del resto speravo fosse un nuovo caso di "Memorie di una geisha"(best seller che io avevo snobbato per poi scoprire essere decisamente di mio gradimento).
Ecco, proprio no, non ci siamo andati nemmeno lontanamente vicini.
L'unica cosa che credo di aver apprezzato di questo romanzo è il fatto di essere scritto in maniera talmente semplice da farsi leggere in un paio di giorni. Avessi dovuto impiegarci qualche ora in più, l'avrei abbandonato senza il minimo rimpianto.
Innanzitutto, partiamo col dire che, prima ancora di inizare a leggere, non riuscivo a trattenermi dal pensare che la scelta di scrivere di due ragazzini malati di cancro fosse una grandissima furbata: perché la gente è morbosa, perché saresti un mostro a non leggere un libro che parla d'amore fra ragazzini malati, perché saresti un mostro ancora più grande a parlare male di un romanzo che parla di ragazzini malati. Certo, è molto probabile che sia io a vedere del marcio dove non c'è, nulla da dire su questo, non posso né voglio dimostrare la mia "sensazione", ma resta il fatto che tendo a prendere le distanze da opere che parlano così platealmente e apertamente di disgrazie con cui un minimo di delicatezza e rispetto sabbero dovuti.
Ma a prescindere da tutto questo, ho trovato questo romanzo scritto veramente male. D'accordo, è un libro per ragazzi. D'accordo, è narrato in prima persona da una sedicenne, ma diamine, mi auguro che non tutti i sedicenni di questo mondo scrivano in questo modo. Uno stile piatto, scarno, senza la minima sostanza, un'infinita ripetizione di un lessico vuoto. E poi ci sono quelle frasi, quelle che hanno intasato ogni social network (e le granate, e gente che si innamora come si addormenta, e questi benedetti infiniti...) che, se già leggerle sotto la foto di ragazzine in costume da bagno non parevano nulla di così sensazionale e profondo, nel loro contesto perdono ancora di più forza, perché non hanno senso lì dove sono: sembrano gridare "hei ragazzina, guardami, non ti sembro una bella frase? Non credi che ti farei sembrare terribilmente **** se mi ricopiassi su ogni social network?". Ecco. È un romanzo che punta al successo in tutti i modi. E ci riesce, ahimè.
Ma volendo tralasciare l'aspetto stilistico (non che in un romanzo sia poi così secondario, ma insomma, nonostante abbia iniziato a leggere con qualche pregiudizio non volevo stroncarlo proprio definitivamente in tutto e per tutto) e concentrandosi solo sulla trama, la situazione non fa che peggiorare: Hazel, cancro alla tiroide e ai polmoni in stadio terminale, grazie a un non meglio identificato farmaco sperimentale (di cui non si dice nulla di più, ovviamente, ma del resto questo vuole essere un romanzo realistico, no?) sopravvive per ben tre anni. Hazel è una ragazzina piuttosto insignificante, non poi così bella, non appariscente, eppure non appena Augustus, bellissimo e affascinante (hot, per usare il poetico, nonché il solo, aggettivo utilizzato dal buon Green) ex giocatore di baseball in recessione da un osteosarcoma che lo ha portato a perdere una gamba la vede, si invaghisce perdutamente di lei, senza motivo. Insomma, la storia d'amore fra i due segue il copione più banale che si possa pensare (anche la conclusione è ovvia: dalle prime pagine, l'unica cosa che ci si domanda è se a morire sarà lei, lui o entrambi). Ma Green non si accontenta di questo, no, pensa bene di inserire una improbabile, insensata e inutile avventura che porterà i due ad Amsterdam, a conoscere un fantomatico, assurdo e per nulla stereotipato (sono sarcastica, ovviamente) scrittore alcolizzato, per cercare di cavargli qualche informazione sul futuro dei personaggi dei loro libri preferiti. E qui assistiamo ad una chicca di buon gusto e tatto: i due non solo si baciano per la prima volta nella casa di Anna Frank, ma i turisti che li circondano si fermano per applaudire. Credo che il romanzo abbia toccato il fondo proprio in questo momento.
Senza parlare poi di pre-funerali, scambi di elogi funebri che fanno il giro del mondo, personaggi secondari inutili e terribilmente stereotipati.
Questo romanzo schizza in vetta alla classifica dei libri più brutti che abbia letto, con anche tanta amarezza legata al fatto che, una volta arrivata all'ultima pagina, non ho potuto fare altro che convincermi ancora di più che Green abbia usato una malattia devastante per essere certo di fare un bell'incasso.