Lagerkvist, Pär - Barabba

risus

New member
Tutti sanno come egli venne appeso là, su quella croce, e conoscono quelli che stavano raccolti intorno a lui: Maria sua madre
e Maria di Mágdala, Veronica e Simone da Cirene, che ha portato la croce, e Giuseppe d'Arimatea, che poi lo ravvolse nel lenzuolo.
Ma, un tratto più in giù, sul pendio, un po' in disparte, stava un uomo, che guardava continuamente colui che era appeso lassù e moriva,
e ne seguì l'agonia dal principio fino alla fine.
Il suo nome era Barabba.
Di lui tratta questo libro.
(Pär Lagerkvist, Barabba)

Da questo libro è stato tratto l’omonimo film con un indimenticabile Anthony Quinn nei panni
del protagonista. Probabilmente molti lo hanno visto, molti lo ricordano…
Leggerla, la storia, è però diverso… ed io invito a farlo perché ne vale la pena
nonostante possa sembrare a volte frettolosa, addirittura scontata e banale.
Ma va sicuramente apprezzato il tentativo di Lagerkvist di immaginare e poi rappresentare la vita di quest’uomo subito dopo la sua liberazione,
un uomo che stava per morire ed invece vive ancora…
Il romanzo scorre via veloce, suscita qualche perplessità, qualche domanda, qualche dubbio,
forse anche qualche intima riflessione, di sicuro ci pone accanto a Barabba “per davvero” dal momento della crocifissione del Nazareno
e con lui ci fa andare fino all’ultima pagina…
 

bouvard

Well-known member
Chi era Barabba? Il ladrone salvato dalla crocifissione al posto di Gesù. Questo è tutto quello che di lui ci viene insegnato al catechismo. Ma a parte questo chi era Barabba? Non lo sappiamo, per noi è solo un nome o poco più.
E’ come uno di quei personaggi secondari di un film che entrano in scena quando già buona parte della trama si è svolta, dicono una sola battuta e poi non ricompaiono più sulla scena. Ma a volte quell’unica apparizione lascia un segno indelebile. Così è stato per Barabba.
Lagerkvist in un certo senso ha voluto con questo libro dargli una “vita”. Ne ha fatto quindi il simbolo dell’uomo che cerca affannosamente di capire come sia possibile credere incondizionatamente in un Dio morto come un uomo sulla croce. E ce lo ha rappresentato come un uomo sfuggente, silenzioso e tormentato.
Tormentato esattamente come lo è ogni uomo che si interroga su Dio. Le pagine in cui Lagerkvist è riuscito a far trasparire tutto il peso della solitudine di chi cerca Dio le ho trovate semplicemente stupende. Non c’è infatti uno schema, non ci sono regole da seguire per trovare la Fede. Ognuno la cerca a modo suo e soprattutto ognuno la trova a modo suo. E si può anche non trovarla. E’ un processo intimo, solitario, tormentato, fatto anche di errori, fraintendimenti, rinunce e sconfitte.
E’ difficile da spiegare, ma leggendo questo libro spesso avevo la sensazione di avere fra le mani non un libro, ma un quadro. Sarà forse perché Lagerkvist ha scritto anche per il teatro perciò le sue pagine sembrano quasi delle scene teatrali. O sarà per il suo linguaggio stringato, essenziale che non concede ai personaggi nessun particolare superfluo. Tanto che sembrano quasi tagliati con un’accetta come se fossero solo sbozzati, invece poi ci si rende conto che sono perfettamente finiti e non hanno bisogno di altre aggiunte.
Questo è uno di quei libri in cui il finale non era affatto facile. Si poteva facilmente scadere nello scontato, nello sdolcinato o peggio ancora nel banale e invece - secondo me - l’ultima solitaria pagina è bellissima. Non sarà originale nell’idea, ma è scritta in maniera superba. Basterebbe già solo quell’ultima pagina ad esprimere il senso di tutto il libro e di quella “solitudine” che accompagna ognuno di noi.
Non so se Lagerkvist sia un autore da Nobel, ma è sicuramente un autore molto, molto interessante.
 
Alto