Rilke, Rainer Maria - Diario Fiorentino

bouvard

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Premetto subito che questo libro non è un romanzo, perciò non si fa leggere come o con i tempi di un romanzo. E' un libro di riflessioni e come tale impone al lettore delle pause nella lettura, leggerlo è come sorseggiare un bicchiere di buon vino, va gustato lentamente, a volte va tenuto semplicemente fra le mani, o messo da parte per qualche tempo in modo da assaporare, quando si sente di nuovo il bisogno di continuare la lettura, il piacere si ritrovarlo ancora lì ad aspettarci. E' un diario scritto da Rilke, durante un suo viaggio a Firenze, per la sua amata Lou-Salomè, in cui il Poeta riflette sull'arte, su chi sia un artista e cosa voglia dire creare un'opera d'arte.
Alcune delle considerazioni che Rilke fa, sono considerazioni che ognuno di noi, seppure in termini più semplici, ha fatto qualche volta osservando il modo sconsiderato che i turisti hanno di visitare l'Italia. Infatti quando un turista visita gli altri Paesi, li gira in lungo ed in largo, non trascurando di visitare alcun luogo e ammirandone quindi tutte le opere d'arte, persino quelle più piccole o nascoste. Quando, invece, lo stesso turista arriva in Italia perde questa sua "assennatezza" e passa "con gli occhi chiusi davanti a mille modeste bellezze, verso le attrazioni ufficiali". Con questo suo comportamento sconsiderato, non solo trascura di ammirare tanti piccoli capolavori, degli autentici gioielli dell'arte, di valore ben maggiore rispetto a tante opere che, invece, all'Estero si è fermato ad ammirare, ma contribuisce anche a ridurre un vastissimo patrimonio artistico, com'è appunto quello italiano, alle "solite poche note opere d'arte". Non bastasse, una volta giunto davanti alla Grande Opera d'arte, verso cui si è precipitato, resta comunque deluso, perché mentre all'Estero ammira e giudica le opere d'arte attraverso i propri sensi, ed il proprio giudizio, in Italia li ammira attraverso ciò che legge nelle guide turistiche, e con la mente già proiettata verso la successiva Opera d'arte da visitare non coglie né la bellezza, né la solennità di ciò che sta guardando.
Altro punto su cui Rilke riflette è il rapporto tra la gente del posto e le Opere d'arte. Tutti, trovandoci in vacanza a Roma, a Firenze (come in tante altre città italiane) ne abbiamo invidiato gli abitanti che ogni mattina svegliandosi possono ammirare il Campanile di Giotto o la cupola del Pantheon. Ma queste persone si rendono conto ed apprezzano questa fortuna? Rilke ci dice che sono come "quel tale che abitava accanto a Schubert o a Beethoven: dapprima la musica ininterrotta lo disturba, poi lo irrita e alla fine non la sente più". Triste davvero pensare che ci si possa "abituare" a simili capolavori al punto da non vederli più.
Ammetto di essermi persa sulle considerazioni circa una florida Primavera (il Rinascimento?) che preannunciava una compiuta Estate dell'arte che invece non c'è stata ancora. Ma a volte non capire tutto di un libro, non è un difetto, un limite del libro, ma solo un motivo in più per approfondire meglio.

" Il cammino che porta al valore autentico di tutte le opere passa attraverso la solitudine. Chiudersi per due o tre giorni con un libro, con un quadro, con un Lied, imparare a conoscere le loro abitudini, seguirli nella loro singolarità, avere fiducia in essi, meritarne la confidenza, fare insieme esperienze di qualche cosa: un dolore, un sogno, una nostalgia"
 
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