Lin89
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TRAMA
Durante la Repubblica di Salò, quattro fascisti – il Duca, il Monsignore, l’Eccellenza e il Presidente – sequestrano in una villa numerosi giovani di entrambi i sessi e li sottopongono, seguendo uno spietato rituale di morte, a terribili torture e sevizie eccitati dai racconti due narratrici. (cit.)
Ispirato all’opera del marchese De Sade, in questo film Pasolini si concentra sulla tematica sociale, che nel romanzo è solo accennata per lasciare spazio a ben altro, e la esaspera, cercando di colpire chi guarda con scene crude, quasi schiette, velate ma senza possibilità di ambiguità (e in questo il romanzo ispiratore non manca di materiale), mantenendo comunque un simbolismo che descrive le dinamiche sociali al tempo della guerra, ma tranquillamente adattabili ai nostri giorni. Un film che col tempo non perde di efficacia comunicativa e forza evocativa.
Film che parte quasi con ironia, con scene che potrebbero provocare quasi un sorriso, per poi crescere in violenza e rabbia. Non adatto agli occhi di tutti, ma che tutti dovrebbero vedere per aprire gli occhi sulle lotte di classe economiche e sociali. La violenza bruta con cui il più forte cerca di sopprimere il più debole per elevare se stesso e i propri interessi viene dipinta in maniera così cruda da non lasciare spazio a nessuna forma di speranza risolutiva. E’ magnifico come questo film riesca anche a cogliere alcune piccole sfumature nelle dinamiche sociali, mettendo in mostra come sempre il più forte riesca a mettere zizzania fra il popolo comune, creando situazioni che costringono il più debole a dover tradire il proprio gruppo di appartenenza per salvare la propria vita.
E’ da sottolineare come la nostra razza sia stata capace di creare una classe che sottostà al potere e che lo aiuta e gode insieme a esso delle disgrazie della propria gente, l’esercito. In quest’opera viene mostrato come accecato da un potere illusorio, che in realtà non ha, ma che gli viene solo prestato dal potere vero, rappresentato dai quattro Signori, tra cui c’è anche un rappresentante religioso, ulteriore critica a una istituzione da sempre oscurata dall’avidità e dal potere. La cosa che più colpisce è come la cultura, varie citazioni intellettuali e rimandi letterari non frenino questi Signori dal compiere le loro azioni riprovevoli, ma siano usati come vanto e giustificazione per ciò che fanno. A dimostrazione che la cultura è come un coltello, può essere usato per mangiare o per uccidere, dipende da come e chi lo usa.
Il sesso è l’altro grande protagonista sia del romanzo che del film. Usato qui come mezzo per simboleggiare l’abuso che il corpo deve subire, la sua trasformazione in oggetto ormai solo da sfruttare per raggiungere il proprio godimento. E’ un corpo mercificato, senza più quasi valore se non in termini di guadagno che se ne ricava. E’ un corpo che deve essere usato solo per soddisfare le devianze e le perversioni del padrone, che non è più colui che nel corpo abita e vive, ma chi si sente in diritto e ha il potere economico di sfruttare quel corpo.
E’ un film che descrive la completa perdita di valori di qualsiasi tipo del nostro tempo. Non siamo più padroni di noi stessi, ma assoggettati per sopravvivere a pochi e selezionati individui dalla dubbia morale che ci useranno fino a quando, per divertimento o per esaurimento risorse, non dovranno eliminarci (rimando alle dinamiche lavorative e a come non ci sia più rispetto per i lavoratori).
In conclusione, anche se ci sarebbe tanto altro da dire, Pasolini è riuscito degnamente a rappresentare un romanzo controverso come Le 120 Giornate di Sodoma e allo stesso tempo a dargli un’impronta personale e una visione critica del suo e del nostro tempo.
Da vedere, se si riesce a sopportare la visione di una coprofagia simbolica, ma anche letterale di una società ormai in balia di se stessa.
Durante la Repubblica di Salò, quattro fascisti – il Duca, il Monsignore, l’Eccellenza e il Presidente – sequestrano in una villa numerosi giovani di entrambi i sessi e li sottopongono, seguendo uno spietato rituale di morte, a terribili torture e sevizie eccitati dai racconti due narratrici. (cit.)
Ispirato all’opera del marchese De Sade, in questo film Pasolini si concentra sulla tematica sociale, che nel romanzo è solo accennata per lasciare spazio a ben altro, e la esaspera, cercando di colpire chi guarda con scene crude, quasi schiette, velate ma senza possibilità di ambiguità (e in questo il romanzo ispiratore non manca di materiale), mantenendo comunque un simbolismo che descrive le dinamiche sociali al tempo della guerra, ma tranquillamente adattabili ai nostri giorni. Un film che col tempo non perde di efficacia comunicativa e forza evocativa.
Film che parte quasi con ironia, con scene che potrebbero provocare quasi un sorriso, per poi crescere in violenza e rabbia. Non adatto agli occhi di tutti, ma che tutti dovrebbero vedere per aprire gli occhi sulle lotte di classe economiche e sociali. La violenza bruta con cui il più forte cerca di sopprimere il più debole per elevare se stesso e i propri interessi viene dipinta in maniera così cruda da non lasciare spazio a nessuna forma di speranza risolutiva. E’ magnifico come questo film riesca anche a cogliere alcune piccole sfumature nelle dinamiche sociali, mettendo in mostra come sempre il più forte riesca a mettere zizzania fra il popolo comune, creando situazioni che costringono il più debole a dover tradire il proprio gruppo di appartenenza per salvare la propria vita.
E’ da sottolineare come la nostra razza sia stata capace di creare una classe che sottostà al potere e che lo aiuta e gode insieme a esso delle disgrazie della propria gente, l’esercito. In quest’opera viene mostrato come accecato da un potere illusorio, che in realtà non ha, ma che gli viene solo prestato dal potere vero, rappresentato dai quattro Signori, tra cui c’è anche un rappresentante religioso, ulteriore critica a una istituzione da sempre oscurata dall’avidità e dal potere. La cosa che più colpisce è come la cultura, varie citazioni intellettuali e rimandi letterari non frenino questi Signori dal compiere le loro azioni riprovevoli, ma siano usati come vanto e giustificazione per ciò che fanno. A dimostrazione che la cultura è come un coltello, può essere usato per mangiare o per uccidere, dipende da come e chi lo usa.
Il sesso è l’altro grande protagonista sia del romanzo che del film. Usato qui come mezzo per simboleggiare l’abuso che il corpo deve subire, la sua trasformazione in oggetto ormai solo da sfruttare per raggiungere il proprio godimento. E’ un corpo mercificato, senza più quasi valore se non in termini di guadagno che se ne ricava. E’ un corpo che deve essere usato solo per soddisfare le devianze e le perversioni del padrone, che non è più colui che nel corpo abita e vive, ma chi si sente in diritto e ha il potere economico di sfruttare quel corpo.
E’ un film che descrive la completa perdita di valori di qualsiasi tipo del nostro tempo. Non siamo più padroni di noi stessi, ma assoggettati per sopravvivere a pochi e selezionati individui dalla dubbia morale che ci useranno fino a quando, per divertimento o per esaurimento risorse, non dovranno eliminarci (rimando alle dinamiche lavorative e a come non ci sia più rispetto per i lavoratori).
In conclusione, anche se ci sarebbe tanto altro da dire, Pasolini è riuscito degnamente a rappresentare un romanzo controverso come Le 120 Giornate di Sodoma e allo stesso tempo a dargli un’impronta personale e una visione critica del suo e del nostro tempo.
Da vedere, se si riesce a sopportare la visione di una coprofagia simbolica, ma anche letterale di una società ormai in balia di se stessa.