Laugier, Pascal - Martyrs

Lin89

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TRAMA

Lucie è ormai scomparsa da un anno, quando viene ritrovata mentre cammina lungo una strada, in stato catatonico, incapace di ricordare cosa le sia successo. La polizia scopre il luogo dove la ragazza è stata rinchiusa, un vecchio mattatoio abbandonato. Tuttavia Lucie non presenta alcun segno di abuso sessuale o di violenza. Quindici anni dopo, si trova in una casa in mezzo alla foresta, ha un fucile in mano. E uccide un uomo. (Filmtv.it)

E’ uno di quei film fatti bene, estremamente bene, così bene che non si può rimanere indifferenti a ciò che riesce a trasmetterti, perché ci riesce per forza di cose, inevitabilmente. E’ capace di mostrare come un corpo umano reagisce e, in pochissimi casi, sopporta la sofferenza fisica e morale. Riesce a far immedesimare lo spettatore in ciò che vede, riesce a farlo stare male, procurargli nausea, a colpirlo violentemente con le immagini, ad angosciarlo a diversi livelli di profondità. Perché se nella prima ora si è martellati con immagini angoscianti di sofferenza e violenza ripetute l’una dietro l’altra, con pochissimi momenti per riprendere fiato, quasi come se qualcuno stesse ripetutamente colpendo lo spettatore, negli ultimi quaranta minuti tutto si fa più calmo, ma il livello di angoscia si approfondisce, arriva di più nell’animo e nella mente. Si inizia a capire del perché di tutta questa sofferenza mostrata e si inizia l’ultima fase della scalata verso il martirio. In fatti, il film, a mio avviso, racconta sé stesso anche nel modo in cui è stato concepito e realizzato. Si arriva alla fine che anche lo spettatore ha uno stato mentale che ricorda molto da vicino quello di un martire. A sopportare un così alto livello di angoscia, ci riesce solo chi è pronto a sopportare, anche solo vedendola, così tanta sofferenza.

Pochi dialoghi, tutti essenziali e necessaria; in fin dei conti si soffre di più quando si sta in silenzio…

Da vedere, perché per una volta si mostra ciò che succede dopo aver subito l’orrore, oltre l’orrore stesso. Come si affronta l’orrore sia dal punto di vista di chi lo subisce, sia dal punto di vista di chi ama quella persona e vuole aiutarla, rischiando tutta sé stessa, perfino rischiando di diventare lei vittima dell’orrore, perfino rischiando di diventare martire.

SPOILER!!!

Unica pecca è che si concentra forse troppo sul lato sofferente del martirio, senza prendere in considerazione il fatto che nella maggior parte dei casi di martirio, c’è una causa dietro, di solito religiosa, che spinge a sopportare la sofferenza. Il film si giustifica portando esempi di persone atee, ma nonostante questo mi ha comunque un po’ perplesso. Il cervello è una macchina complicata, ma che sopporti la sofferenza così lucidamente, così tanto per la sofferenza, non credo che neanche l’istinto di sopravvivenza sia così forte da riuscirci. Per il resto, ho adorato il finale, che non poteva essere nient’altro che quello di non venire a scoprire la verità sull’aldilà (la tipa che viene a saperlo tramite Anna si suicida proprio perché non ha subito il martirio) che solo chi è martire (bellissima la scena sul finale in cui si spiega il vero significato della parola martire, ovvero testimone) può conoscere. Come a dimostrazione che la sofferenza non finirà con la morte, anzi…

Mi è piaciuta molto Anna, una ragazza che fa tutto ciò che fa e che sopporta tutto ciò che subisce, semplicemente per amore, in fin dei conti, della vita.
 
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