I pareri su Pian della Tortilla sono abbastanza discordi, se tanti lo considerano bellissimo, non sono però pochi quelli che ne sono rimasti delusi. Io faccio parte del primo gruppo, ma il mio è un giudizio poco obiettivo, perché io amo Steinbeck. Certo se ci si è innamorati dello Steinbeck di Furore e si vorrebbe che tutti gli altri suoi libri fossero scritti con gli stessi toni, lo stesso pathos, se insomma si vorrebbe che avesse scritto solo delle “repliche” di Furore allora la delusione di fronte a Pian della Tortilla ci sta tutta. E ci sta anche la delusione per questo Steinbeck. Ma chi ha letto altri libri di questo autore allora sa che ogni tanto viene fuori uno Steinbeck diverso, divertente e scanzonato, pur continuando a scrivere di povera gente. Io scoprì “quest’altro” Steinbeck leggendo L’inverno del nostro scontento e ne rimasi sorpresa, piacevolmente sorpresa. Per cui leggendo Pian della Tortilla non ho avuto alcuna sorpresa shoccante, si è trattato solo di una piacevole riscoperta.
Pian della Tortilla è, come dicono tanti, un libro “picaresco”, è la storia delle rocambolesche, tragicomiche avventure di un gruppo di amici, squattrinati, ubriaconi, nullafacenti, ma gaudenti e filosofi della vita e soprattutto interpreti del significato vero e profondo della parola “amicizia”. Pian della Tortilla è questo: un bel libro sull’amicizia. E pazienza se Danny e i suoi amici non sono proprio degli stinchi di santo, pazienza se bevono come spugne, e pazienza se sono ladri e bugiardi con le donne, perché non saprebbero mai esser ladri tra di loro, e per un amico sarebbero capaci di fare anche il sacrificio più grande e diffamante per loro: lavorare. Forse qualcuno lo troverà un libro troppo semplicistico, banale, un libro che suscita qualche risata e nulla più, e quindi si riterrà deluso perché da Steinbeck ci si aspetta ben altro. Al contrario io penso che Steinbeck sia un autore che spinga a riflessioni anche usando toni scanzonati o semplici. D’altronde non si riflette solo di fronte a toni tragici o gravi, anzi talvolta i toni scanzonati fanno riflettere anche di più, perché vanno a colpire corde che in genere teniamo ben protette.
Come in altri libri - I pascoli del cielo o Vicolo Cannery per citare alcuni di quelli che io ho letto – Steinbeck prende spunto da un luogo per parlarci della gente di quel luogo, e per descriverci un’umanità molto varia, persone con difetti e vizi, ma capaci al momento buono di trarre fuori anche qualche pregio.
Una lettura scorrevole, divertente e sicuramente piacevole. Consigliato.