bouvard
Well-known member
Questo libro mi è piaciuto solo in parte. Bella, ben riuscita la prima parte in cui Mauriac descrive in modo magistrale ed implacabile Brigida Pian (la farisea del titolo), una donna molto religiosa, che conosce a memoria ogni versetto delle Sacre Scritture, e che si erige a giudice attento del proprio e dell'altrui comportamento, mostrandosi altrettanto inflessibile nel condannarne ogni più piccola mancanza. Ma a ben guardare sotto questa fervente religiosità, ci si accorge che Brigida Pian è una di quelle persone bigotte, che proprio nella loro intransigenza, nella loro mancanza di pietà cristiana e di senso del perdono, hanno smarrito il vero senso della Fede. Per dirla con le parole che Mauriac mette in bocca all'abate Calou, Brigida Pian è "una di quelle persone che scelgono Dio, ma che Dio, da parte sua, può darsi che non sceglie affatto". In effetti Dio probabilmente non vorrebbe come "avvocato" della propria causa, una donna che con i suoi giudizi inflessibili con le sue condanne rovina la vita a chi gli sta vicino.
Ho trovato meno riuscita, invece, la descrizione dell'abate Calou, che dovrebbe rappresentare l'aspetto buono e positivo della religione, il vero aspetto della Fede. Invece io ho trovato questo religioso troppo passivo, troppo legato alle sue messe, ai suoi breviari, ai suoi silenzi, come se questo potesse bastare ad aiutare le persone negli affanni delle loro vite.
Tanto la prima parte del libro è accurata, precisa, tanto le ultime venti pagine sono approssimative, a volte si ha quasi l'impressione che Mauriac voglia arrivare in fretta alla parola fine. Molti fatti vengono, infatti, solo accennati o lasciati intendere, per altri si rimanda ad un futuro, ipotetico, libro che la voce narrante dovrebbe scrivere, molti rapporti, inoltre, vengono lasciati in sospeso o non risolti, nonostante nel libro abbiano avuto un peso non irrilevante.
Perciò direi bella la prima parte del libro che perde, forse un po' troppo, nelle ultime pagine, restando comunque una lettura valida ed interessante.
Ho trovato meno riuscita, invece, la descrizione dell'abate Calou, che dovrebbe rappresentare l'aspetto buono e positivo della religione, il vero aspetto della Fede. Invece io ho trovato questo religioso troppo passivo, troppo legato alle sue messe, ai suoi breviari, ai suoi silenzi, come se questo potesse bastare ad aiutare le persone negli affanni delle loro vite.
Tanto la prima parte del libro è accurata, precisa, tanto le ultime venti pagine sono approssimative, a volte si ha quasi l'impressione che Mauriac voglia arrivare in fretta alla parola fine. Molti fatti vengono, infatti, solo accennati o lasciati intendere, per altri si rimanda ad un futuro, ipotetico, libro che la voce narrante dovrebbe scrivere, molti rapporti, inoltre, vengono lasciati in sospeso o non risolti, nonostante nel libro abbiano avuto un peso non irrilevante.
Perciò direi bella la prima parte del libro che perde, forse un po' troppo, nelle ultime pagine, restando comunque una lettura valida ed interessante.
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