Hawthorne, Nathaniel - La casa dai sette abbaini

bouvard

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Protagonista assoluta di questo libro, come dice il titolo stesso, è la casa dai sette abbaini, infatti fatta eccezione per poche pagine, tutto il libro si svolge al suo interno o nel suo giardino. D'altronde questa casa ha tutte le carte in regola per essere la protagonista di un libro, dal momento che sulla sua costruzione sembra pesare un fatto di sangue ed il suo destino è gravato da una maledizione. Non per niente, invece del prestigio che avrebbe dovuto dare alla famiglia Pyncheon, con il passare degli anni è diventata sempre più tetra, buia e cadente, degno specchio dei suoi ultimi abitatori: Hepzibah e Clifford Pyncheon.
La prima ha sempre condotto la sua vita isolata all'interno della casa, fuggendo quasi il contatto con le persone, aiutata in questo anche dal suo aspetto, infatti, appare agli altri sempre arrabbiata, con le sopracciglia accostate, ma in effetti la sua aria accigliata è dovuta solo alla sua miopia non a cattiveria d'animo. Clifford ha vissuto anche lui una vita segregata, per altre ragioni, ritrovandosi in vecchiaia a vivere in quella casa e con quella sorella che non allargano certo l'animo, ma per fortuna arriva, come una ventata di primavera, Phoebe ...
La scrittura di Hawthorne è lenta, densa. Come un grande e placido fiume, raccoglie e porta con sé tutto ciò che incontra lungo il cammino, senza però deviare dal suo corso, allo stesso modo Hawthorne, pur attardandosi in descrizioni ed osservazioni che, a prima vista, nulla sembrano a che vedere con la sua storia, non rallenta e appesantisce con queste la lettura, ma, al contrario, l'arricchisce e meglio chiarisce.
Due particolari mi sono piaciuti molto in questo libro. Innanzitutto il titolo di uno dei capitoli finali "La fuga dei due gufi" in cui - posso dirlo senza rovinare la lettura a nessuno, perché chi leggerà il libro già dal capitolo precedente avrà capito chi sono i due gufi - l'idea di paragonare i due vecchi solitari, taciturni Pyncheon a dei gufi è semplicemente perfetta. Nessuna descrizione avrebbe potuto essere più esplicativa di questo semplice paragone. Nei loro vestiti trasandati, fuori moda da decenni, che quasi gli cadono di dosso, talmente sbiaditi da essere grigi, nel loro non essere a proprio agio alla luce del sole e al contatto con la gente, i due vecchi sembrano davvero due gufi.
Geniale, poi, il capitolo successivo "Il Governatore Pyncheon" in cui il lettore ha già intuito cosa è successo, ma Hawthorne si ostina a non volerlo dire, dando tutta una serie di possibili spiegazioni e giustificazioni della scena, arrivando addirittura a tirar in ballo una spiegazione soprannaturale prima di arrendersi a quell'evidenza che il lettore conosce già.
Il finale potrebbe sembrare scontato e far storcere il naso, come d'altronde la coincidenza finale potrebbe sembrare di troppo, ma in effetti non lo è, il libro finisce nell'unico modo in cui poteva finire per non perdere il proprio significato.
 
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Grantenca

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“Come è abitudine per i ricchi quando mirano agli onori di una Repubblica egli si scusava, per così dire, con la gente, delle proprie ricchezze, prosperità e posizione elevata, usando modi disinvolti e cordiali verso i conoscenti, spogliandosi della dignità in debita proporzione all’umiltà dell’uomo che salutava, e così manifestando una superba consapevolezza dei suoi vantaggi in modo non meno inoppugnabile che se avesse camminato preceduto da una truppa di lacchè deputati a sgomberargli il cammino.” Questa (a mio avviso molto attuale) è una delle molte considerazioni contenute in questo libro di Nathaniel Hawtorne , autore del molto più (giustamente) famoso “La lettera scarlatta”. Qui l’argomento è molto più “leggero”. Si tratta in definitiva di una “saga familiare”, con un numero limitato di protagonisti e di accadimenti , un po’ fantasiosi quelli del passato molto più concreti quelli dell’attualità che comunque risentono degli influssi degli avvenimenti che li hanno preceduti. Lo stile di scrittura dell’autore si adatta perfettamente agli argomenti trattati. Una scrittura lieve, sottilmente ironica, direi perfetta per i temi affrontati i (ci sono delle “perle” come la descrizione dello stato d’animo, grottescamente drammatico, di una gentildonna al “primo” giorno di lavoro a sessant'anni!! causato da inderogabili necessità economiche) che mi hanno ancor di più convinto della grandezza di questo autore che merita certamente di essere letto. Certo è un libro del suo tempo, soprattutto basato sulla descrizione introspettiva del carattere e dello stato d’animo dei protagonisti, non adatto probabilmente a chi si aspetta avvenimenti eclatanti (tipo libri di Ken Follett) ma che, personalmente, ho molto apprezzato.
 
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