Erdrich, Louise - La casa tonda

GermanoDalcielo

Scrittore & Vulca-Mod
Membro dello Staff
1988. La comunità di una riserva indiana nel North Dakota è scossa da un crimine di un’efferatezza inedita per quei luoghi. La moglie del giudice Coutts, Geraldine, che ha subìto l’aggressione, si è chiusa nel silenzio ed è caduta in una profonda depressione. Se è viva, lo deve alla propria presenza di spirito: ha approfittato di un momento di distrazione dell’assalitore ed è fuggita in automobile. Sembra che dopo averle usato violenza, l’uomo abbia tentato addirittura di bruciarla viva cospargendola di benzina. “Sembra”, perché la faccenda presenta molti lati oscuri e perché la vittima si rifiuta di parlarne.
Assistito dalle due polizie che operano all’interno della riserva, quella indiana e quella americana, Coutts inizia a indagare. Ma Coutts non è un giudice d’assalto, il suo lavoro si è sempre limitato a liti tra vicini, furtarelli, piccole truffe, ubriachezza, un po’ di droga. Toccherà al figlio tredicenne Joe intervenire per cercare di far luce sul mistero.
La casa tonda è un giallo veloce ed emozionante, un romanzo di formazione con un narratore protagonista memorabile che si muove sullo sfondo di efferati crimini a sfondo razziale. Tutti elementi che hanno convinto pienamente lettori, critici e scrittori del calibro di Philip Roth e che inseriscono a pieno merito La casa tonda nella più classica e migliore tradizione letteraria americana, quella de Il buio oltre la siepe di Harper Lee.


Esempio di romanzo in cui la storia e la sua pregnanza che riesce a sfondare le pagine, superano di una spanna la sua realizzazione. Mi spiego meglio: è un romanzo di formazione in cui il narratore-protagonista, un ragazzino indiano, si ritrova a crescere, a capire cos’è la vita prima del previsto a causa di un evento che purtroppo sconvolge la serenità della sua famiglia: sarà lui a dover prendere in mano le redini della situazione e farsi giustizia da solo. Ecco, la storia, la sua morale, sono indubbiamente apprezzabili e condivisibili, ma quello che non mi è piaciuto è lo stile dell’autrice, la realizzazione è piuttosto scadente. La Erdrich per descrivere un’azione lo fa prosaicamente, citando ogni singolo gesto; per descrivere una stanza, una scena, scende fino al dettaglio più insignificante. Dopo un po’ la cosa stufa e ho storto il naso più volte. A chi interessa quanti strati di sfoglia ha la lasagna che sta squagliandosi sul tavolo? A nessuno, immagino, e invece l’autrice ce li propina. Per non parlare di ogni singolo movimento dei personaggi. “Scese le scale, mise il piatto nel lavello, accese il fornello, lo tolse dal fuoco, si mise a sedere, ripose il piatto nel lavello”. Figlia mia, stringi la prossima volta. La noia è sovrana e dietro l'angolo.
Do 4 stelle per un altro motivo: il personaggio di Mushroom, l’indiano centenario, è memorabile, le storie che racconta sono fenomenali e indimenticabili. E l’amico del protagonista, Cappy, fa un gesto che dimostra quanto l’amicizia sia quanto di più vicino possa esserci all’abnegazione e al sacrificio per la persona che amiamo, nonostante le (terribili) conseguenze.
Da leggere, sì, ma non un capolavoro come grida Philip Roth ai 4 venti.
 

bouvard

Well-known member
Questo libro - che ha vinto il National Book Award nel 2012 - da alcuni critici è stato definito l’erede di Il buio oltre la siepe. Io non solo non sono una critica letteraria, ma ne capisco anche poco di critica letteraria, però sono una che ha amato tantissimo il libro di Harper Lee e facendomi forte solo di questo dico di non essere d’accordo con quest’affermazione.

Ci sono è vero alcuni aspetti comuni tra i due libri: entrambi sono libri di formazione con ragazzini costretti a crescere in fretta loro malgrado; in entrambi ci sono minoranze etniche (persone di colore in uno e indiani d’America nell’altro) costrette a subire violenze; in entrambi ci sono i pregiudizi sociali ecc. Ma il libro della Erdrich per quanto bello, non ha il pathos del libro della Lee.

Quello che ho letto nella postfazione mi ha lasciata allibita e fatto accapponare la pelle:

“una donna indiana su tre sarà violentata nel corso della sua vita (e questa cifra è sicuramente più alta perché spesso le donne indiane non denunciano gli stupri); l’86 per cento degli stupri e delle violenze sessuali su donne indiane sono perpetrati da non indiani; pochi di essi vengono perseguiti a termini di legge” (da un rapporto di Amnesty International del 2009).

Nel libro della Erdrich il colpevole di stupro non può essere perseguito perché la vittima non riesce a stabilire il luogo preciso in cui è stata violentata. Sembrerebbe un aspetto di poco conto, invece non lo è. Perché nel giro di pochi metri cambiano le competenze giuridiche. Su quale terreno è stato commesso il reato? Terra tribale? Terra dei bianchi? Terra dello Stato? A seconda della risposta è competente un organo diverso e si applica un diverso diritto.
Ecco io avrei preferito che la Erdrich si soffermasse di più su questi aspetti, dicendo e sottolineando ciò che agli Indiani è stato tolto e non mi riferisco alla loro terra. Il giudice Coutts purtroppo non è Atticus e questo spiega perché La casa tonda non è l’erede del Buio oltre la siepe. Resta un personaggio un po’ fiacco, come in alcuni punti lo è sua moglie Geraldine – la vittima. Non bastano personaggi indimenticabili come il piccolo Joe o il suo amico Cappy, il vecchio Mooshum e i suoi racconti “onirici” o l’esilarante nonna Ignazia con la sua fissazione sul sesso ad attenuare la mancanza di spessore di quei personaggi che avrebbero dovuto dare al libro ben altro spessore psicologico.

La casa tonda è un libro da leggere perché è un bel libro e soprattutto perché fa riflettere su problemi che noi spesso ignoriamo o dimentichiamo. Ma vi consiglio di leggerlo per le sue qualità e non perché avete letto da qualche parte che è l’erede del libro della Lee. Se lo leggerete per questo motivo sicuramente ne resterete delusi. Sono due libri diversi, uno è solo un bel libro, l’altro è un Capolavoro.

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